Questi sono solo alcuni dei dati emersi dalla ricerca realizzata dall’Osservatorio Salute e Prevenzione Nomisma per UniSalute i cui risultati sono stati presentati oggi a Milano. Abbiamo intervistato la dottoressa Silvia Zucconi, responsabile market intelligence di Nomisma che ci aiuterà a conoscere ed interpretare le informazioni più interessanti tra quelle raccolte, oltre ad evidenziare quali sono le azioni che la sanità, pubblica e integrativa, dovrebbero mettere in atto per estendere ulteriormente la cultura della prevenzione in Italia.
Prevenzione tumori femminili: i dati della ricerca Nomisma
La maggior parte delle donne coinvolte nell’indagine realizzata dall’Osservatorio Salute e Prevenzione Nomisma per UniSalute – ben l’87% tra i 30 e 65 anni – si è sottoposta, negli ultimi 3 anni, ad almeno un esame di prevenzione oncologica. Un dato che suggerisce una sempre più diffusa sensibilità al tema e il successo dei programmi di screening. Quali sono i fattori che determinano l’adesione e la partecipazione a questo tipo di esami e accertamenti?
Silvia Zucconi: “Questi sono certamente i risultati positivi dei programmi di screening: sempre più donne tra la popolazione target sono invitate a partecipare e aderiscono alle campagne di prevenzione. In logica sinergica agiscono però molti altri fattori, comprese, per esempio, le campagne informative e di sensibilizzazione dei medici di base e degli specialisti.
L’Osservatorio Salute, promosso da UniSalute, porta però un nuovo contributo alla riflessione in termini di profilo socio-demografico, ma non solo: residenza nelle regioni del Centro-Nord, titolo di studio elevato, abilità relazionali spiccate e stile di vita salutare incidono in modo significativo sulla probabilità di sottoporsi ad esami di prevenzione oncologica. Sul fronte opposto, nel gruppo di donne con titolo di studio basso (non più della media inferiore), la quota di chi non ha effettuato alcun esame di prevenzione negli ultimi 3 anni è quasi doppia rispetto alla popolazione in generale (23% vs. 13%). Segnale che la direzione è giusta ma occorre proseguire, lavorando in modo sinergico con tutti gli strumenti di sensibilizzazione e informazione, poiché l’unica strada per aumentare accesso e inclusione è la consapevolezza dell’importanza della prevenzione oncologica.”
L’Osservatorio Prevenzione e Salute Nomisma ha proposto una nuova chiave di analisi ed elaborato due indici differenti, il Wellness Index Nomisma e il Life Skill Index, per poter misurare in maniera puntuale le relazioni tra lo stile di vita e una corretta prevenzione oncologica. Quali sono gli elementi che vengono presi in esame e che differenze hanno consentito di individuare?
S.Z.: “Il primo indicatore – Wellness Index Nomisma – è uno strumento in grado di restituire una valutazione sintetica sull’adozione di corretti stili di vita nei differenti ambiti della vita quotidiana (pratica di sport, consumo di frutta e verdura, peso ponderale, attenzione alla dieta, fumo). Sulla base del Wellness Index vengono identificati 3 cluster, caratterizzati da differente intensità di benessere e stili di vita salutari (basso, medio, alto).
Le donne con stile di vita maggiormente orientato al benessere (Wellness Index Nomisma Alto), mostrano un maggior ricorso ad esami specialistici di prevenzione oncologica, con percentuali significativamente più alte per ogni test specialistico (mammografia, pap test, ecografia al seno, test HPV). Un esempio su tutti è il ricorso alla mammografia: nel cluster con Indice di Benessere alto è effettuato – in almeno un’occasione in relazione agli ultimi 3 anni – dal 90% delle donne a fronte di una quota del 70% nel gruppo delle donne con indice basso. Dinamica che si riflette anche nel generale ricorso a visite non necessariamente legate alla prevenzione oncologica. La conferma arriva anche dal fronte dell’auto-palpazione al seno, praticata dal 39% delle donne con uno stile di vita sano contro il 29% del cluster con indice basso.
Il secondo indicatore – Life Skills Index Nomisma – misura le abilità cognitive, emotive e relazionali che consentono di operare con competenza sul piano individuale e sociale, ed è costruito grazie ad un set di domande che aiutano a comprendere l’orientamento delle donne in termini di orientamento al problem solving, senso critico, comunicazione, autocoscienza e gestione dello stress. Le donne con Life skills Index Alto mostrano una maggiore attitudine alla prevenzione oncologica: negli ultimi 3 anni il 90% ha eseguito almeno un esame specialistico (quota che si ferma al 76% nel gruppo con Life Skills Index Basso). Le competenze di vita sono quindi strumenti di protezione che consentono di agire consapevolmente nelle sfide della vita quotidiana che sempre più espongono a fattori di rischio.”
Nonostante la buona percentuale di donne che hanno dichiarato di essersi sottoposte ad esami di prevenzione oncologica permangono alcuni blocchi, soprattutto nelle fasce di età più sensibili. Per esempio, il 18% delle donne tra i 30 e i 39 anni non ha mai svolto un pap test, mentre il 20% nella fascia di età 44-55 non ha mai fatto una mammografia. Quali sono le principali ragioni, secondo quanto emerso dall’indagine dell’Osservatorio, per cui le donne italiane rinunciano all’attività di prevenzione?
S.Z.: “Sebbene la strategia di screening messa in atto dalla Sanità Pubblica sia efficace, permane un’area di lavoro importante sull’inclusione di chi ancora oggi non ha mai svolto esami di prevenzione oncologica (13% della popolazione tra i 30 e i 65 anni).
L’Osservatorio Salute & Prevenzione mette in chiaro le ragioni principali per cui le donne italiane rinunciano all’attività di prevenzione: sono motivazioni per lo più di natura psicologica e personale, senza sostanziali differenze per classi di età:
- paura dei risultati dell’esame (34%),
- pigrizia (31%), imbarazzo (24%),
- convinzione di non averne bisogno (21%),
- difficoltà a prendere contatti con l’ASL (9%),
- sede/data/orario proposti dal Servizio Sanitario non fruibili (7%).
Ancora una volta ci vengono in aiuto nell’interpretazione le life skills; infatti donne con bassi valori del Life Skills Index segnalano come ostacoli delle motivazioni legate a difficoltà nella sfera personale e relazionale, quali la paura dei risultati e l’imbarazzo, che invece raccolgono percentuali nettamente più basse nel gruppo di donne con Life Skills Index alto, le quali, all’opposto, segnalano piuttosto la pigrizia, la percezione di non averne bisogno e l’aver già effettuato esami preventivi in un passato recente.”
L’Osservatorio indaga, inoltre, anche come cambia la vita delle donne dopo una diagnosi tumorale. Quali sono le principali difficoltà per le pazienti oncologiche?
S.Z.: “Gli aspetti più critici durante il percorso di cure post diagnosi per le pazienti oncologiche si identificano in tempi di attesa elevati, rapporto medico-paziente non ottimale, costi elevati, supporto psicologico, cambiamento nell’organizzazione familiare e nei rapporti interpersonali. Nello specifico, l’86% delle pazienti oncologiche ritiene che i tempi di attesa siano un aspetto da migliorare, al quale si unisce la segnalazione relativa al rapporto medico e paziente poiché il 61% segnala tale ambito come punto debole durante la fase di cura. Le spese durante il percorso dopo la diagnosi sono state percepite come troppo elevate dal 48% delle donne a cui è stata diagnosticata una patologia tumorale, inoltre, un aspetto rilevante è anche dato dal supporto psicologico, ritenuto migliorabile dal 65% delle pazienti. La necessità e l’importanza di quest’ultimo è riscontrabile anche dal fatto che il 76% delle malate oncologiche dichiara che la malattia ha portato dei cambiamenti nell’organizzazione familiare e il 66% nei propri rapporti interpersonali, entrambi fattori che possono avere un impatto importante nella vita di una persona e necessitano di un aiuto tangibile.”
Nel complesso, da quanto emerso nello studio dell’Osservatorio, che opinione hanno le donne della propria salute e del loro approccio alla prevenzione? I dati confermano una corrispondenza tra la percezione di sé e come effettivamente ci si comporta rispetto a questi temi?
S.Z.: “Chi si sente bene fa prevenzione. È questa la relazione positiva che emerge dall’Osservatorio Prevenzione e Salute di UniSalute, curato da Nomisma. Le donne di età compresa tra i 30 e i 65 anni dimostrano una percezione positiva della propria salute: più della metà afferma di “stare bene” e almeno 1 donna su 4 reputa il suo stato di salute ottimale. Non solo: il 25% delle donne che hanno un’opinione eccellente della propria condizione fa generalmente più prevenzione, un dato che emerge in modo chiaro soprattutto per quel che riguarda alcuni esami di prevenzione oncologica. Basti pensare che è stato l’80% delle donne che reputano la loro salute eccellente a svolgere il pap test negli ultimi 2-3 anni, l’8% in più di chi dichiarava uno stato passabile o pessimo.
Anche l’accesso alla mammografia e al test per il Papilloma Virus risente positivamente della percezione del proprio stato di salute: la prima effettuata dal 78% di chi sta molto bene e dal 74% di chi ha una visione più negativa della sua situazione clinica, il secondo svolto dal 34% di chi si sente ottimamente a fronte di un più timido 28% di chi ha un’opinione opposta sul suo stato di salute. La dinamica appena descritta ha invece un cambio di rotta rispetto a ricerca di sangue occulto nelle feci e colonscopia/rettosigmoidoscopia, analisi effettuate in modo preminente da chi si sente “peggio”.
Nonostante cresca la consapevolezza sul ruolo fondamentale della prevenzione, dalla ricerca emerge un bisogno di ulteriore informazione da parte delle donne italiane. Quali sono gli aspetti percepiti come più urgenti dal campione intervistato e quali sono le modalità attraverso le quali vorrebbe essere aggiornato?
S.Z.: “Esattamente, l’87% di donne che hanno effettuato almeno un esame di prevenzione oncologica negli ultimi 2-3 anni non ci deve far dimenticare di quel 13% di donne in età target che, al contrario, non ha avuto accesso a questi programmi per le ragioni che abbiamo già evidenziato. È importante intervenire con efficaci campagne di comunicazione mirate a far conoscere importanza degli esami e calendari della prevenzione affinché la copertura degli screening si allarghi ancora di più, andando ad intercettare anche chi ad oggi non ha mai effettuato questo tipo di esami.
Con quali modalità? Lo abbiamo chiesto direttamente a loro, a quel 13% di donne che negli ultimi 3 anni non ha fatto esami di prevenzione. La metà di queste (48%) vorrebbe essere informata sui calendari della prevenzione tramite lettera a casa dal Servizio Sanitario Pubblico (percentuale inferiore rispetto a chi ha invece effettuato almeno 1 esame, 64%). Importante anche la quota di chi individua nel proprio medico curante il canale di informazione preferito (24%). Quel che stupisce – o forse non più di tanto – è il ruolo ricoperto da internet, intermediario prediletto dal 12% di chi non ha effettuato gli esami previsti dallo screening di prevenzione nazionale.”
L’informazione, dunque, anche online è chiamata a promuovere uno stile di vita sano che includa l’attività motoria, ma anche un’alimentazione salutare. Avete già letto i consigli di Marco Bianchi a proposito di prevenzione al femminile a tavola?
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