È diffusa inoltre nella Cina meridionale e nel Sud est asiatico, in Iran e in Africa. Si calcola che nel nostro Paese ci siano circa 7.000 casi e almeno 3 milioni di portatori sani.
Oggi approfondiamo insieme questo argomento, per capire come si manifesta questa malattia e quali terapie esistono.
Cos’è l’anemia mediterranea e come si classifica?
L’anemia mediterranea – o eritroblastica – è una malattia ereditaria del sangue. Chi ne è affetto possiede una minor quantità di globuli rossi ed emoglobina rispetto al normale: ciò causa una carenza di ossigeno nell’organismo.
L’entità del disturbo, i sintomi e le conseguenze sono variabili: nei casi più gravi è necessario ricorrere a periodiche trasfusioni, mentre nelle forme più lievi – e per fortuna anche più diffuse – è meno invalidante. Un tempo l’anemia mediterranea era una malattia mortale: oggi, per fortuna, grazie ai progressi della ricerca e alle terapie non è più così.
La beta-talassemia viene diagnosticata tramite esami del sangue, con il riscontro di globuli rossi di dimensioni irregolari, più scarsi e più piccoli della norma.
Le 3 forme di beta-talassemia
Esistono 3 diverse forme di anemia mediterranea, classificate in base alla gravità del disturbo:
- talassemia major (o morbo di Cooley), che compare generalmente entro i 2 anni di età. Il bambino ha uno sviluppo lento e presenta le ossa del cranio ingrossate, soprattutto gli zigomi. Ciò accade perché il midollo osseo si espande, cercando di produrre più globuli rossi per ovviare alla carenza di emoglobina. Richiede periodiche trasfusioni di sangue per tutto il corso della vita per sopravvivere, oltre all’uso di farmaci.
- Talassemia intermedia, una forma meno grave, che può rimanere latente, oppure manifestarsi in modo simile a quella major e necessitare di occasionali trasfusioni per migliorare la qualità della vita. Per questo motivo, poiché ogni caso è differente, è importante una attenta valutazione da parte di esperti.
- Talassemia minor, generalmente asintomatica, non richiede particolari trattamenti, ma solo controlli dei livelli ematici. È bene sottolineare, tuttavia, che questa condizione non deve essere sottovalutata poiché, sebbene non abbia ripercussioni particolari sulla vita di chi ne è affetto, è trasmissibile geneticamente qualora anche il partner dovesse soffrire di una forma di anemia mediterranea, come vedremo più avanti parlando delle cause di questa malattia.
I sintomi dell’anemia mediterranea: a cosa prestare attenzione?
L’emoglobina che si trova all’interno dei globuli rossi ha il compito di portare l’ossigeno alle varie parti del corpo e in un adulto sano non dovrebbe scendere sotto i 12 o 13 gr/dl circa (a seconda del sesso). La sua riduzione, dovuta a quella dei globuli rossi nel sangue, comporta sintomi che caratterizzano l’anemia mediterranea, ma che tuttavia variano molto in base alla forma del disturbo e che sono gravi soprattutto in quella major.
Pertanto, i soggetti che soffrono di questa malattia avvertono alcuni disturbi che possono, qualora non siano già stati effettuati test genetici mirati, far pensare di essere in presenza di anemia mediterranea. Le sintomatologie a cui prestare attenzione sono:
- pallore
- stanchezza
- debolezza
- sviluppo lento e ittero nel bambino
- milza e addome ingrossati
- deformità delle ossa.
Quali sono le cause dell’anemia mediterranea?
Se in presenza di anemia mediterranea non sempre è facile riconoscere i sintomi, più chiaro è il quadro sulle cause che determinano la malattia, che sono di carattere genetico. In particolare, la beta-talassemia è dovuta alla mutazione del gene HBB, responsabile della formazione della proteina beta-globina e indispensabile per quella dell’emoglobina adulta.
Esistono individui che, pur avendo tale problema genetico, sono portatori sani e conducono una vita normale. Tuttavia, anche tale condizione comporta dei rischi, poiché se anche il partner è portatore sano (o malato) potrebbero nascere figli a loro volta affetti dalla malattia:
- vi è circa un 25% di possibilità che il bambino contragga una forma grave;
- un altro 25% che non sia malato;
- un restante 50% che sviluppi una forma leggera della patologia.
Vediamo ora più nel dettaglio cosa succede quando un paziente è affetto da questa malattia, come cambia la sua qualità della vita e cosa può accadere in caso di gravidanza.
Vivere con l’anemia mediterranea: quali conseguenze sulla salute?
I talassemici sono più soggetti a sviluppare diverse patologie, a causa delle minori difese immunitarie. Oltre a ciò, le frequenti trasfusioni di sangue che l’anemia mediterranea in forma grave comporta creano un accumulo di ferro, con il rischio di una tossicosi che può danneggiare gli organi, come il fegato e il cuore.
Inoltre, uno dei siti di produzione dei globuli rossi è il midollo osseo il quale, per compensare la carenza, si sforzerà per produrne di più. Questa pressione tenderà a formare ossa più lunghe e fragili, con conseguente rischio di osteoporosi. Una condizione simile riguarda la milza, altro sito di produzione dei globuli rossi, che andrà incontro allo stesso sforzo, con conseguente ingrandimento dell’organo, che viene in questo modo “distratto” da altre sue funzioni, ovvero proteggere l’organismo dalle infezioni.
Tra le conseguenze della beta talassemia nelle forme più gravi, oltre all’abbassamento delle difese immunitarie e al rischio di osteoporosi, possiamo trovare anche:
- problemi di tiroide
- disturbi cardiaci
- squilibri ormonali
- patologie epatiche
- riduzione della fertilità
- diabete.
Al contempo, le persone affette da anemia mediterranea, risultano maggiormente protette verso la malaria. Questo accade poiché i globuli rossi sono piccoli e scarsi, quindi il parassita plasmodio trova un sistema ematico non efficiente e non riesce a sfruttarlo a suo vantaggio.
Anemia mediterranea e gravidanza, come comportarsi?
È importante sapere che l’anemia mediterranea può provocare disturbi della fertilità, sia negli uomini che nelle donne. Negli ultimi anni tuttavia, grazie all’avanzare della ricerca, molte donne affette da questo disturbo riescono comunque a concepire e portare a termine una gravidanza senza rischi.
Sarebbe comunque indicato, se possibile, discutere con il proprio medico prima di una gravidanza, per sottoporsi a un controllo completo delle proprie condizioni generali.
Quando la paziente rimane incinta, è necessario prendere fin da subito alcune precauzioni:
- le trasfusioni dovranno essere più frequenti, ma verranno trasfusi quantitativi minori, per tenere l’emoglobina a livelli soddisfacenti;
- è necessario monitorare regolarmente le funzioni cardiache e controllare l’eventuale insorgenza di patologie endocrine;
- se la futura mamma è in cura con desferroxamina, uno dei medicinali necessari per contrastare l’accumulo di ferro che può colpire chi soffre di anemia mediterranea in forma grave – per esempio a causa di numerose trasfusioni, come abbiamo visto – questo farmaco deve essere sospeso. Qualora il quadro clinico della madre necessiti del farmaco, ne vengono somministrati bassi dosaggi negli ultimi mesi di gravidanza.
Prevedere l’anemia mediterranea nel neonato
Come abbiamo visto, questa malattia si trasmette geneticamente: è quindi importante sottoporsi a esami specifici nel corso dei nove mesi, se uno dei due genitori – o entrambi – soffrono di talassemia o ne sono portatori sani.
Durante la gravidanza, attraverso test molecolari si può verificare se il bambino nascerà con anemia mediterranea. In questo caso i test prenatali da effettuare sono l’amniocentesi, tra la sedicesima e la diciottesima settimana di gravidanza, e la villocentesi, che deve essere eseguita, invece, tra l’undicesima e la tredicesima settimana.
Quali terapie per l’anemia mediterranea?
Se i livelli di ferro sono troppo alti si può ricorrere a terapia chelante, che consiste in una microinfusione con un farmaco in grado di ripulire l’organismo da metalli e tossine in eccesso. Tuttavia, si tratta di una cura che risulta pesante per il paziente, per cui è consigliata solo in casi di estrema necessità, che potranno essere valutati da uno specialista. Generalmente, l’anemia mediterranea major (e a volte anche intermedia) prevede un trattamento con trasfusioni di sangue, da ripetere anche 8 volte all’anno nei casi più gravi, mentre nella forma intermedia sono sufficienti alcuni cicli quando l’emoglobina risulta troppo bassa.
Si può poi ricorrere al trapianto di midollo osseo, l’unica terapia “definitiva”. Questo avviene tramite cellule staminali di un donatore compatibile, nella maggior parte dei casi un familiare. Tuttavia, le probabilità di trovarlo sono inferiori al 30%, senza considerare le controindicazioni e i rischi di questo tipo di trapianto, tra cui il rigetto da parte dell’organismo. Per tali motivi questa procedura è riservata solitamente a casi rari, in presenza di persone affette da una forma molto grave di talassemia e con fratelli disponibili alla donazione.
Di recente, infine, è stata approvata dall’EMA (Agenzia Europea per il farmaco) una terapia genica di nuova generazione per il trattamento dei casi più gravi di talassemia. Finora è stata sperimentata su una cinquantina di pazienti, che hanno assunto i farmaci e sono stati monitorati dopo la fine della cura: in 56 mesi nessuno di loro ha più avuto bisogno di trasfusioni. I dati sono stati presentati a fine 2018 durante il Congresso di Ematologia negli Stati Uniti e rappresentano un considerevole passo avanti che potrebbe fare la differenza per chi soffre di anemia mediterranea.
L’importanza di dieta e attività fisica per chi soffre di talassemia
Le persone affette da beta-talassemia dovrebbero condurre una vita regolare, a partire da una dieta equilibrata. Questi gli accorgimenti da tenere a mente:
- consumare alimenti ricchi di calcio e vitamina D, per il rischio osteoporosi;
- limitare gli alimenti ricchi di ferro animale (come frattaglie o cozze);
- accompagnare i pasti con il tè, capace di diminuire l’assorbimento del ferro (vale anche per caffè e succo di arancia);
- assumere integratori di acido folico (per aumentare la produzione di globuli rossi).
Naturalmente, ogni accorgimento va adottato sotto consiglio medico e in base alla propria condizione.
Altro aspetto che si è rivelato molto utile nel migliorare le condizioni di vita e la salute dei talassemici è praticare regolare attività fisica, in particolare sezioni di esercizi ad hoc da svolgere con un fisioterapista.
A tal proposito nei casi più gravi, in cui la malattia richiede terapie periodiche continue, può essere utile valutare una polizza assicurativa come i Piani Individuali di UniSalute, pensati per andare incontro alle diverse esigenze di chi vuole tutelare la propria salute e avere a disposizione un team di esperti qualificati.
L’anemia mediterranea può essere una malattia grave, tuttavia nella maggior parte delle casistiche, si presenta in forma leggera, per cui la giusta attenzione al movimento e all’alimentazione, insieme alla terapia più idonea, possono migliorare significativamente la qualità della vita delle persone che ne sono affette.
Avete altre curiosità a riguardo?
Articolo scritto in collaborazione con Elena Rizzo Nervo e Silvia Bernardi
Fonti
humanitas.it
anemiamediterranea.it
ashclinicalnews.org
osservatoriomalattierare.it
1 commento
Nel suo articolo nel caso di sintomi major parla di trasfusioni in caso gravi di 8 l’anno, premesso che alla (non sono io…grazie a) è stato prognosticato l’anemia a sette mesi dalle nascita ha fatto delle stafusioni ogni mese addirittura degli ultimi anni igni 15 giorni, è un processo normale?
Premetto che attualmente si trova ricoverato in ospedale per omocromatosi, è stato un ecesso di trasfusioni o il contenuto delle trasusioni
grazie