Quanti tipi di parto esistono e come si differenziano

 

Quello della nascita è sicuramente il momento più atteso – e, allo stesso tempo, più temuto –, di una gravidanza. Accanto ai sintomi più comuni, come insonnia o bruciore di stomaco, man mano che si avvicina la data presunta del parto crescono anche le paure e le preoccupazioni su come andrà, se il bambino starà bene e sul tipo di parto che dovrà affrontare la puerpera.
In questo articolo approfondiremo i vari tipi di parto scoprendo quanti sono, come si differenziano e in cosa consistono.

Quali sono le fasi del parto e cosa prevedono

In letteratura, il parto viene suddiviso in 4 momenti specifici:

  • fase prodromica (1): è lo stadio preparatorio in cui il corpo della futura mamma si prepara alla nascita. È spesso caratterizzato da manifestazioni specifiche come contrazioni e perdita del tappo mucoso, che protegge la cavità uterina da batteri o funghi che potrebbero causare infezioni al feto;
  • fase dilatante (2) e fase espulsiva (3): sono le due fasi del travaglio in cui le contrazioni diventano più frequenti e regolari (si verificano ogni 5 minuti e durano circa 4-5-minuti) e il bambino percorre il canale del parto per venire alla luce;
  • fase di secondamento (4), ovvero lo step in cui si recide il cordone ombelicale (clampaggio) e si espelle la placenta (appunto, secondamento), che avviene in un arco temporale di 15-20 minuti.

Queste fasi sono comuni a tutti i tipi di parto, anche se con i dovuti distinguo – possono ad esempio variare nel caso di un cesareo. Ecco quali sono i diversi tipi di parto e come differiscono.

Tipi di parto: tutto quello che c’è da sapere

Ogni futura mamma ha un’aspettativa sul proprio parto. Naturalmente il primo pensiero è che tutto vada per il meglio e che il bimbo sia sano ma tra i desideri della puerpera c’è sicuramente anche un parto senza complicazioni. 

Vediamo nel dettaglio i possibili tipi di parto e cosa aspettarsi da ognuno.

Parto naturale (o eutocito)

Iniziamo dal cosiddetto parto naturale. È fisiologico, spontaneo, e avviene per via vaginale senza bisogno di ricorrere a particolari tecnologie o mezzi, come ad esempio la ventosa ostetrica (una coppetta aspirante che aderisce alla testa del bambino e ne facilita l’uscita dal canale del parto). In generale, si parla di parto naturale per indicare quello che avviene senza ricorso a cesareo o induzione, di cui parleremo nel dettaglio più avanti. 

Spesso si pensa che il parto naturale sia meno doloroso rispetto ad altri tipi di parto, ma è un’idea senza alcun fondamento scientifico. Sebbene possiamo affermare che quello del parto sia tra i più intensi che si possano mai provare, il dolore è infatti molto soggettivo, e varia da persona a persona. Per fortuna, al giorno d’oggi è possibile migliorare significativamente l’esperienza del parto grazie all’epidurale che elimina quasi completamente la sofferenza legata alla contrazioni uterine, al contempo lasciando la puerpera lucida e cosciente, permettendole di vivere al meglio questo momento così importante. 

Hand holding newborn baby’s hand

Parto indotto

Quando il travaglio stenta a partire e le contrazioni non si verificano, è possibile che sia necessario dover ricorrere all’induzione. Il parto indotto è necessario quando:

  • le ecografie al termine della gravidanza evidenziano una quantità ridotta di liquido amniotico;
  • la futura madre è affetta da malattie che possono compromettere la salute della placenta, come ipertensione e malattie renali;
  • la gravidanza dura più delle canoniche 40 settimane;
  • il parto non prende il via nonostante la rottura del sacco amniotico dal 24-48 ore.

Esistono due modi per indurre il parto:

  • applicazione di un gel a base di prostaglandine, un metodo completamente indolore che non nuoce né alla madre né al bambino. Si introduce in vagina tramite una siringa senza ago e, se il parto non avviene entro 6-8 ore, l’operazione si ripete;
  • un’altra modalità prevede di utilizzare ossitocina sintetica. L’ossitocina è l’ormone che, prodotto dall’ipofisi durante il travaglio, dà il via alle contrazioni uterine. Questo metodo si utilizza in genere quando il gel a base di prostaglandine non ha dato effetti. 

Il parto indotto potrebbe sembrare molto lungo rispetto, magari, a un parto naturale: il motivo è perché l’utero impiega più tempo a dilatarsi (in alcuni casi anche fino a 24 ore), ma il parto vero e proprio ha una durata molto simile.

Tipi di parto: il parto distocico

Si parla di parto distocico quando sia la mamma (distocia dinamica) che il bambino (distocia meccanica e fetale) presentano delle difficoltà.

Il primo caso si verifica quando l’utero non si contrae in maniera fisiologica; nel secondo caso il bambino, per diverse ragioni, non si presenta in posizione cefalica – ossia con il viso e il corpo girati su un lato e il collo flesso, in modo da entrare agevolmente nel canale del parto. 

L’intervento in caso di parto distocico può essere sia di tipo ostetrico, quando si utilizzano strumenti come la ventosa di cui abbiamo già parlato, sia di tipo chirurgico, quando è necessario un cesareo.

Le più comuni posizioni di malposizionamento in distocia meccanica sono:

  • posizione occipitale posteriore, quando il bambino si trova con la testa rivolta al canale del parto ma è supino, con il corpo rivolto all’addome della madre;
  • posizione podalica: in questo caso a essere rivolti verso l’utero sono i piedi o i glutei del bimbo. In genere, se questo tipo di complicazione viene individuato prima dell’inizio del travaglio, le complicanze saranno meno frequenti;
  • trasversale quando, pur essendo nella posizione corretta, la spalla del bambino è bloccata dall’osso publico della madre.

kupicoo/gettyimages.it

Parto cesareo

Il cesareo è un vero e proprio intervento chirurgico che si svolge in anestesia e consiste in un’incisione sull’addome e sull’utero della mamma. In genere, la scelta del taglio cesareo avviene per due ragioni:

  • problematiche del bambino come sofferenza fetale, posizione podalica o troppo grande rispetto al bacino della mamma, problemi al cordone ombelicale;
  • problemi della madre: tagli cesarei precedenti, diabete gestazionale o altri fattori come ad esempio la placenta previa – che si verifica quando la placenta non si impianta nell’utero in una delle posizioni fisiologiche, cioè sul fondo dell’utero stesso o lateralmente, ma blocca (parzialmente o completamente) l’apertura della cervice.

Soprattutto negli ultimi anni, l’incidenza di questo tipo di parto è aumentata. Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2020 il 31,12% delle nascite è avvenuta con un taglio cesareo.

A questo proposito, le linee guida redatte da Istituto Superiore di Sanità e dallo stesso Ministero della Salute possono dare un quadro più completo di quando è preferibile praticare il taglio cesareo.

Si parla di parto cesareo programmato quando, intorno alla 38° settimana di gestazione, gli esami di routine mostrano anomalie nel feto o nella madre, motivo per cui la nascita viene fissata per un determinato giorno, cosa che accade spesso anche per i parti gemellari. 

Il parto cesareo d’urgenza, invece, si effettua quando durante il travaglio sorgono problemi, sia per la madre che per il bimbo, tali da rendere impossibile un parto naturale. 

Parto prematuro

Il parto prematuro si verifica quando il travaglio inizia più di 3 settimane prima della data presunta del parto. In questa fase il corpo della donna non è ancora pronto per la nascita del bimbo, né il bimbo ha tempo sufficiente per svilupparsi completamente nell’utero.

Le cause di un parto pretermine possono essere diverse, e vanno da ipertensione, preeclampsia, diabete o disturbi della coagulazione del sangue a problemi di salute o malformazioni nel nascituro. In genere, i sintomi di un travaglio prematuro si riconoscono, tra gli altri, da perdite vaginali, contrazioni (come se fosse davvero iniziata la fase prodromica), o crampi nel basso ventre. 

Oltre a cercare di ridurre lo stress ed evitare comportamenti a rischio come fumo o alcool, sottoporsi con attenzione alle visite ed esami di routine permette di individuare per tempo eventuali fattori di rischio.

Parto VBAC (parto naturale dopo un cesareo) 

È possibile, dopo una gravidanza terminata con un taglio cesareo, avere un parto naturale? 

Secondo le linee guida del Ministero della Sanità e dell’ISS di cui abbiamo parlato in precedenza, la possibilità di partorire naturalmente deve essere offerta a tutte le donne, anche dopo un cesareo precedente. 

In questo caso si parla di VBAC, ovvero Vaginal Birth After Cesarean (parto vaginale dopo cesareo): gli esperti concordano però sul fatto che questo tipo di parto sia anzitutto un tentativo che può non andare e buon fine. Per questo motivo si parla di travaglio di prova o TOL (trial of labor), che potrebbe concludersi sia con parto naturale che con un nuovo cesareo. Secondo alcuni studi, la percentuale di donne che sono riuscite ad avere un parto eutocico dopo un taglio cesareo oscilla tra il 60% e l’80%. 

I ginecologi però concordano sul fatto che debba passare almeno un anno dal cesareo prima di provare la via del parto naturale. Il rischio, infatti, è la rottura della cicatrice del precedente parto sull’utero, oltre a una probabilità più elevata di placenta previa. 

Anche in questo tipo di parto, come per tutti gli altri, è indispensabile fare riferimento al proprio ginecologo di fiducia e sottoporsi a tutti i controlli del caso.

Vasyl Dolmatov/gettyimages.it

Parto in acqua

Metodo efficace per alleviare i dolori e contribuire a donare una sensazione di rilassamento è il parto in acqua, servizio presente in diversi ospedali italiani. 

Moltissimi studi infatti confermano come, durante il travaglio, immergersi in una vasca eserciti un effetto distensivo sul corpo della futura mamma e diminuisca la richiesta di anestesia epidurale. Naturalmente per poter partorire in acqua è necessario che: 

  • sia la madre che il bambino siano sani;
  • il travaglio proceda nella norma;
  • la gravidanza sia al suo termine naturale e senza rischi;
  • il bambino si presenti in posizione cefalica.

La vasca che ospiterà la puerpera è alta all’incirca 70 cm ed è colma di acqua calda alla temperatura di circa 36° nella fase prodromica, che aumentano a 37° man mano che si avvicina la fase espulsiva. Uno degli innegabili vantaggi del parto in acqua è sicuramente la possibilità per la futura mamma di sentirsi a proprio agio e muoversi a piacimento sia all’interno della vasca che all’esterno, in un ambiente già di per sé rilassante.   

Parto in casa

Il parto in casa è un’alternativa al parto in ospedale che sta guadagnando popolarità negli ultimi anni. Si tratta di una scelta che, come per il parto in acqua, può essere fatta solo a determinate condizioni, ma che molti genitori preferiscono sia per una maggiore comodità e privacy, sia perché ritengono che sia un’esperienza più naturale e meno invasiva del parto in ospedale. 

Per una donna, tra gli innegabili vantaggi del parto in casa c’è la libertà di scelta sulla posizione più comoda da prendere per partorire, e la possibilità di farlo in un ambiente familiare e confortevole, circondata dalle proprie cose e dalle persone a lei care 

L’assistenza di un’ostetrica esperta è ovviamente indispensabile per fornire supporto continuo durante tutte le fasi del parto, per valutare la salute della madre e del feto e per intervenire in caso di emergenza. 

In generale, il parto in casa è una scelta che richiede una buona dose di preparazione e pianificazione. I genitori devono infatti essere consapevoli dei rischi e dei benefici di questa opzione ed essere disposti a farsene carico. Tuttavia, per molte famiglie, il parto in casa può rappresentare un’esperienza unica e indimenticabile che li unisce ancora di più nella loro nuova vita di genitori.

Parto con luce biodinamica

Tecnica innovativa piuttosto recente, il parto con luce biodinamica è così chiamato perché utilizza la luce come strumento per aiutare la puerpera a superare le fasi più difficili del parto. Questo metodo si basa infatti sugli effetti positivi della luce sulla fisiologia umana e sull’idea che la luce, in particolare quella rossa soffusa, possa aumentare la produzione di ossitocina, l’ormone responsabile delle contrazioni uterine.

Durante il parto, l’ostetrica o il medico utilizzano una fonte di luce regolabile per illuminare l’area intorno alla madre. Grazie alla cromoterapia, l’umore della mamma migliora e la percezione del dolore diminuisce, mentre aumenta la concentrazione. Spesso la luce biodinamica viene utilizzata in combinazione con altre tecniche di sollievo dal dolore, come piscine oppure olii essenziali, per creare un ambiente più rilassato e confortevole.

Anche in questo caso è fondamentale sapere che il parto con luce biodinamica può non essere adatto a tutte le donne. Come per i casi già visti, potrebbe essere necessario utilizzare altre tecniche o intervenire chirurgicamente per garantire la sicurezza della madre e del bambino. 

Abbiamo visto come, a prescindere dalla tipologia di parto, sia fondamentale prestare la massima attenzione a tutte le fasi della gravidanza, soprattutto quando si avvia al termine. La polizza UniSalute Mamma, dedicata proprio alle future mamme, permette di usufruire gratuitamente di una serie di prestazioni diagnostiche come visite ginecologiche ed esami di laboratorio per monitorare la salute della puerpera e del nascituro.  

Conoscevate tutti i modi in cui è possibile partorire?

 

Fonti:

BC Women Hospital

Ministero della Salute

johnsonmemorial.org

clevelandclinic.org


Immagine in evidenza di AleksandarNakic/gettyimages.it

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