La comunità scientifica internazionale raccomanda, quando possibile, difavorire il parto vaginale spontaneo. È comunque importante sapere che l’utilizzo della ventosa ostetrica, se davvero necessaria a garantire un parto sano, può essere una valido aiuto, e quindi è bene essere correttamente informati sull’esistenza del POV. Proprio per questo, oggi approfondiamo insieme il parto con ventosa ostetrica, per comprendere in quali casi questo dispositivo sia davvero una scelta indicata, quale sia il suo utilizzo e quali le possibili complicanze.
Cos’è la ventosa ostetrica e come si usa?
Come accennato, la ventosa ostetrica permette di estrarre la testa del bambino durante la fase espulsiva – ovvero la fase finale – del parto, qualora si presenti una evidente necessità, ad esempio uno scorretto posizionamento del feto o una condizione medica materna che impedisce le spinte.
La ventosa è costituita da un aspiratore che viene impugnato dal medico o dall’ostetrica e da una vera e propria ventosa di gomma che aderisce alla testa del bambino mediante aspirazione: in questo modo il piccolo, già incanalato, può essere estratto con più facilità, favorendo il movimento rotatorio che dovrebbe effettuare per uscire dal canale vaginale materno.
Ad oggi vengono utilizzati diversi modelli di ventosa ostetrica: il più diffuso in Italia è l’Omnicup, la cui coppetta di gomma monouso aderisce alla testa del bimbo in modo più delicato rispetto, per esempio, ai dispositivi con coppetta metallica.
Come accennato, il Parto Operativo può essere la scelta giusta nei casi in cui si presentano le condizioni mediche necessarie, e intervenire in questo modo è la scelta giusta per proteggere la salute di mamma e bambino.
Approfondiamo ora questo argomento, per comprendere al meglio in quali casi è davvero necessario procedere con un POV.
Ventosa ostetrica: in quali casi si utilizza e quando è sconsigliata?
L’Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) ha stilato un documento che contiene le Raccomandazioni per il Parto Operativo Vaginale, dove viene chiaramente spiegato che, per il benessere materno e fetale, devono essere innanzitutto messi in atto interventi che prevengano l’utilizzo della ventosa, tra cui:
- assistere la donna durante tutto il periodo del travaglio
- utilizzare l’ossitocina solo qualora si presenti reale bisogno
- permettere libertà di movimento durante il periodo espulsivo del parto, favorendo per esempio la posizione eretta o sul fianco, se preferite dalla donna
- condurre la mamma a ritardare le spinte attive fino a che l’istinto a spingere non è irrefrenabile
- ruotare manualmente la testa del piccolo nella posizione che permette una corretta discesa.
Può presentarsi comunque la necessità di utilizzare il dispositivo: vediamo ora in quali casi la ventosa è indicata come scelta favorevole, e in quali altri invece è sconsigliata.
Condizioni che rendono possibile l’utilizzo della ventosa
Le linee guida AOGOI dichiarano chiaramente che “nessuna indicazione è assoluta ed è necessario il giudizio clinico in tutte le situazioni”. Questo ci fa comprendere che ogni caso è a sé, e l’utilizzo di questo dispositivo è sempre da considerare tenendo conto del quadro di salute generale di mamma e bambino.
Sono state comunque individuate alcune casistiche in cui la ventosa può essere la procedura da applicare:
- se l’esame CTG (detto anche “tracciato”) del bambino è alterato, e quindi si rischia sofferenza fetale;
- se le forze materne esauriscono, e la donna, pur essendo correttamente assistita e accompagnata sia da personale ostetrico che dalle persone di riferimento, non riesce più a spingere;
- se il bambino non avanza correttamente nel canale del parto;
- quando si presenta la reale necessità di manovre integrative come la manovra di Valsalva – che tramite la respirazione materna favorisce la fuoriuscita del bambino – ma ci sono indicazioni mediche che sconsigliano la pratica;
- se è appurata la presenza di un disturbo nella donna che sconsiglia spinte vigorose, per esempio problematiche al cuore o al cervello.
È inoltre importante sapere che ci sono condizioni, come la somministrazione dell’analgesia epidurale, in cui aumenta di una volta e mezzo la probabilità che il travaglio termini con un POV.
Secondo i dati riportati dal Policlinico Sant’Orsola di Bologna nel documento informativo per l’applicazione dell’epiduralesi evidenzia come la ventosa sia utilizzata nel 3,5% dei parti senza epidurale e nel5% dei parti con epidurale: questo perché gli anestetici influenzano il riflesso della spinta materna e la forza espulsiva.
Controindicazioni alla pratica della ventosa ostetrica
Così come sono presenti indicazioni all’utilizzo della ventosa, ci sono anche controindicazioni:
- epoca gestazionale minore di 32 settimane: il bambino è considerato prematuro, e c’è il rischio di emorragie e traumi al cranio. Si sottolinea che lo strumento deve comunque essere usato con la massima cautela anche tra le 32 e le 36 settimane di gestazione;
- dilatazione non completa della cervice;
- bambino posizionato podalico;
- patologie fetali, sia conosciute che sospettate, che possono indurre un maggior rischio di fratture craniche (come osteogenesi imperfetta) o di emorragie (come la trombocitopenia).
Parto con ventosa ostetrica: quali le possibili conseguenze su mamma e bambino?
Pur essendo una pratica che, nel caso in cui sia realmente necessaria, permette al bambino una nascita più sicura, l’utilizzo della ventosa ostetrica ha alcune – rare, ma possibili – conseguenze. Proprio per questo, prima dell’intervento, viene chiesto alla madre di firmare un consenso informato.
I principali rischi correlati agli utilizzi possono essere:
- ematomi sul cranio del bambino
- sanguinamento degli occhi (emorragia retinica) del piccolo
- aumento del rischio di distocia della spalla – ovvero, la spalla del piccolo resta bloccata nel pube – specialmente se il bimbo è di grandi dimensioni
- aumento del rischio di ittero neonatale, correlato alla presenza di ematomi che provocano aumento della bilirubina nel sangue.
Inoltre, è di fondamentale importanza sapere che qualora l’utilizzo della ventosa fallisca, sarà necessario procedere con un parto cesareo.
In generale, ciò su cui la comunità ostetrico-ginecologica chiede di porre particolare attenzione, è una corretta informazione della mamma sia sull’utilizzo di pratiche come il POV, sia in generale sulla corretta assistenza durante la gravidanza, il travaglio e il parto, affinché l’esperienza complessiva consapevole, sana e positiva.
Per un genitore, accedere a possibilità che aumentano il benessere proprio e del proprio bambini è molto importante, in fase prenatale ma anche successivamente: perché ciò avvenga, è essenziale essere in contatto con professionisti qualificati. E se, prima che il piccolo nasca, è fondamentale poter contare su ostetriche e ginecologi di fiducia, nei primi anni di vita del bambino il pediatra diventa una figura di riferimento, che una mamma e un papà possono contattare sia per risolvere problematiche di diverso tipo che per accompagnare il bambino nella crescita. Ecco perché è utile sapere che esistono assicurazioni sanitarie come Protezione Famiglia Ragazzi di UniSalute che mette a disposizione benefit come “Il pediatra risponde”, un filo diretto con un medico disponibile a rispondere rapidamente a richieste, dubbi e necessità, oltre che convenzioni con strutture mediche e programmi di prevenzione per la salute dei nostri piccoli.
E voi, avete mai valutato una possibilità di questo tipo per voi e la vostra famiglia?
Altre fonti:
aogoi.it
aosp.bo.it
msdmanuals.com
nice.org.uk
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