Violenti attacchi di vertigine accompagnati da nausea, vomito e riduzione dell’udito: si manifesta così la sindrome di Ménière, una patologia da cui purtroppo non si può guarire ma che può essere tenuta sotto controllo con terapie adeguate, per ridurre i disturbi e salvaguardare il più possibile il benessere di chi ne soffre. In questo articolo spiegheremo di cosa si tratta e quali sono i sintomi di questa malattia e le possibili cause scatenanti. Approfondiremo, poi, come si cura la sindrome di Ménière e illustreremo i trattamenti disponibili per migliorare la qualità della vita dei malati.
Cos’è la sindrome di Ménière?
La sindrome di Ménière è una malattia caratterizzata da crisi vertiginose ricorrenti, associate a nausea, vomito, acufene (fischio all’orecchio), sensazione di orecchio ovattato e abbassamento dell’udito. Questo disturbo, la cui origine esatta è ancora incerta, tende a colpire prevalentemente le donne, in genere tra i 40 e i 60 anni di età, ed è altamente invalidante, specie quando le vertigini non sono episodiche ma molto frequenti. Non esiste una cura definitiva contro la sindrome di Ménière, ma terapie mirate, dai farmaci alla dieta, dalla chirurgia alla riabilitazione uditiva e vestibolare, consentono di alleviare i sintomi.
I sintomi della malattia di Ménière
Come accennato, la manifestazione clinica distintiva di questa patologia è la vertigine, di durata variabile da pochi minuti (in genere almeno 20) a diverse ore e accompagnata da fenomeni neurovegetativi come nausea e vomito. Le crisi vertiginose hanno natura rotatoria, cioè danno la sensazione che l’ambiente circostante stia girando, e possono essere episodiche, ovvero verificarsi poche volte all’anno, oppure ricorrenti, ossia presentarsi anche più volte al mese. Tipicamente la vertigine si associa ad acufeni, calo dell’udito e ovattamento, che per lo più interessano un solo orecchio (sindrome monolaterale), ma che più raramente possono colpire anche l’altro (sindrome bilaterale), talvolta anche a distanza di molti anni dall’insorgenza dei disturbi nel primo.
In genere, all’esordio della sindrome di Ménière la sordità è fluttuante, cioè gli acufeni e la sensazione di orecchio ovattato sono più intensi in alcuni giorni e meno marcati in altri, ma con l’avanzare della malattia i disturbi tendono a diventare stabili e sempre più fastidiosi per i pazienti e i problemi uditivi peggiorano fino a sfociare in una vera e propria ipoacusia, cioè in una riduzione della capacità di sentire. In alcuni casi possono presentarsi anche sudorazione fredda e cali di pressione. L’impatto severo che la malattia di Ménière ha sulla qualità della vita, inoltre, può portare allo sviluppo di ansia, depressione e altri disturbi psichici.
Le cause
L’origine della sindrome di Ménière è legata a un aumento di pressione dei liquidi nell’orecchio interno, ovvero nella parte più profonda dell’orecchio, composta da coclea, labirinto e sistema vestibolare: questi fluidi, chiamati endolinfa, non vengono correttamente riassorbiti e tendono ad accumularsi. A differenza della labirintite, un’altra condizione che ha come sintomo principale le vertigini e i disturbi dell’equilibrio ed è di origine infiammatoria, alla base della sindrome di Ménière ci sono quindi modifiche strutturali che interessano il volume e la pressione del fluido nell’orecchio interno. All’origine di questa anomalia, che prende il nome di idrope endolinfatica, possono esserci diversi fattori, come malattie autoimmuni, allergie, una predisposizione genetica, problematiche cardiovascolari o ormonali, anche se la causa esatta dell’insorgenza della sindrome di Ménière resta sconosciuta.
Come si cura la malattia di Ménière
Come anticipato, non esiste una cura definitiva per guarire dalla sindrome di Ménière. Dopo che, nel corso della visita otorinolaringoiatrica, lo specialista ha confermato la diagnosi sulla base della valutazione dei sintomi e dell’esame audiometrico per la misurazione della capacità uditiva, il trattamento mira ad attenuare i disturbi per migliorare la qualità della vita dei malati. La terapia è essenzialmente medica, ma anche la dieta e la riabilitazione uditiva giocano un ruolo importante, mentre se queste soluzioni non sono efficaci si può fare ricorso alla chirurgia.
La terapia medica
Le terapie mediche sono riservate principalmente alle fasi di crisi vertiginosa acuta e hanno l’obiettivo di contenerne la durata e di alleviarne i sintomi, in particolare la nausea e il vomito. A questo scopo si utilizzano farmaci antiemetici, procinetici, cortisonici o benzodiazepine con effetti sedativi sul sistema nervoso centrale, per aiutare il paziente a superare gli attacchi di vertigine. Attualmente il medicinale più usato è la Betaistina, principio attivo che ha la capacità di migliorare il flusso sanguigno dell’orecchio interno e di ridurre, di conseguenza, l’aumento di pressione. In associazione ai farmaci, il trattamento può prevedere anche la somministrazione di diuretici, che puntano a ristabilire una condizione di normalità, in termini di quantità e di composizione, dei fluidi nell’orecchio interno. L’intento è quello di contenere la ritenzione idrica e di favorire il riassorbimento dei liquidi, contrastando così l’idrope.
Nell’80% dei casi la terapia con queste classi di farmaci consente un buon controllo dei sintomi. Quando non risulta efficace, si può ricorrere a iniezioni intratimpaniche di gentamicina, un antibiotico dotato di un certo grado di tossicità vestibolare che può aiutare a diminuire gli episodi di vertigine. Nel caso in cui la sintomatologia della malattia di Ménière risulti particolarmente gravosa per il paziente e abbia ripercussioni psichiche, causando per esempio stati depressivi e d’ansia o attacchi di panico, il trattamento potrà prevedere anche una terapia psicologica mirata.
Il ruolo della dieta nella sindrome di Ménière
Anche l’alimentazione può contribuire a ripristinare l’equilibrio dei liquidi a livello del sistema vestibolare, contrastandone l’accumulo e riducendo gli episodi di vertigine. La principale raccomandazione per chi soffre della sindrome di Ménière è seguire una dieta povera di sale, sia limitando il consumo di cibi che ne sono ricchi, sia facendo attenzione a non eccedere con il sale aggiunto a tavola e durante la preparazione e la cottura dei piatti.
I principali alimenti che è bene mangiare con moderazione includono:
- le carni lavorate, come salumi e insaccati;
- il pesce conservato, per esempio tonno e sgombro in scatola e salmone affumicato;
- i formaggi stagionati, come pecorino, parmigiano, grana padano, taleggio;
- condimenti e insaporitori come salsa di soia, dado da brodo, ketchup, senape;
- cibi da fast food e snack come hamburger, patatine fritte, arachidi salate;
- verdure e legumi conservati, per esempio sott’olio e in salamoia.
Anche le sostanze nervine, cioè in grado di eccitare il sistema nervoso, come la caffeina e la teobromina dovrebbero essere assunte con moderazione perché potrebbero peggiorare i sintomi: è quindi consigliabile non eccedere con il consumo di caffè, cacao, cioccolato ed energy drink se si soffre della sindrome di Ménière.
Oltre a dosare correttamente il sale, è importante anche prestare attenzione ad assicurarsi la giusta assunzione di potassio, sale minerale che, insieme al sodio, gioca un ruolo nel mantenimento dell’equilibrio elettrolitico e nella salvaguardia della funzionalità dell’orecchio interno. Infine, anche una buona idratazione è fondamentale per il corretto bilancio idrico dell’organismo. Si tratta, naturalmente, di principi dietetici generali da personalizzare sulla base delle necessità del paziente, quindi è bene chiedere consiglio al medico o allo specialista e attenersi alle sue raccomandazioni alimentari.
La riabilitazione uditiva e vestibolare
Una soluzione utile per aiutare chi soffre della sindrome di Ménière, soprattutto tra un episodio critico e l’altro, è rappresentata dalla riabilitazione uditiva e vestibolare, che consente una migliore gestione dei sintomi. L’approccio riabilitativo si basa su una serie di esercizi e tecniche, come la terapia del suono, in grado di rieducare e abituare gradualmente il sistema vestibolare a condizioni come le vertigini e gli acufeni, in modo da favorire una migliore convivenza con la malattia.
Per quanto riguarda i deficit uditivi, l’uso dell’amplificazione è una nuova frontiera che si sta facendo strada nella rosa delle terapie possibili. Se in passato, infatti, questa metodica veniva esclusa perché nella sindrome di Ménière l’ipoacusia è fluttuante, oggi – grazie al progresso tecnologico e ai passi avanti nella progettazione di protesi acustiche sempre più mirate e personalizzabili – può essere proposta ai pazienti con problemi di udito.
Quando fare ricorso alla chirurgia
Se gli episodi di vertigine si verificano in modo molto frequente, i sintomi sono intensi e fortemente invalidanti e le terapie non sono in grado di controllarli, può essere consigliabile il ricorso alla chirurgia. Le principali tecniche che possono essere impiegate sono la neurectomia vestibolare, ovvero la sezione del nervo dell’equilibrio, e la DASD (Duct and Sac Decompression), cioè la decompressione del dotto e del sacco endolinfatico: entrambe queste metodologie permettono di ottenere un significativo miglioramento della sintomatologia, in particolare un buon controllo delle vertigini, senza ripercussioni sulla capacità uditiva. Un’altra strada è rappresentata dalla labirintectomia chirurgica, ossia dall’asportazione parziale o completa degli elementi sensoriali del labirinto, che in genere è indicata in caso di ipoacusia preesistente e profonda. Lo specialista, sulla base del quadro clinico della persona, raccomanderà l’approccio terapeutico migliore. Come abbiamo visto, la sindrome di Ménière è una malattia dalla quale non è possibile guarire in via definitiva: tuttavia, il giusto mix di trattamenti può consentire di alleviare i sintomi più invalidanti e di assicurare al paziente una convivenza più serena con questa patologia.
Fonti:
ammi-italia.it/
Immagine in evidenza di: damircudic/gettyimages.it
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