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Fake news sui vaccini contro il Covid-19: le risposte alle domande più diffuse

La campagna vaccinale contro il Coronavirus, cominciata a fine dicembre 2020, prosegue in tutte le regioni italiane e sul sito del Ministero è possibile monitorare in tempo reale i dati relativi al nostro Paese. A pari passo con l’andamento, però, in rete sono circolate – a continuano a circolare – numerose fake news sui vaccini per il Covid-19: ne abbiamo analizzate alcune per sfatare paure e dubbi molto diffusi insieme al dottor Fausto Francia, epidemiologo, specialista in igiene e medicina preventiva, Direttore sanitario del Centro Diagnostico Chirurgico Dyadea.

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AntonioGuillem/gettyimages.it

I vaccini sono stati approvati troppo velocemente per essere sicuri?

Uno dei primi dubbi sollevati in merito al vaccino anti Covid-19 riguarda le tempistiche della sua messa in commercio. Avevamo già parlato dell’iter di sviluppo in un’intervista al dottor Francia, precisando che, per quanto riguarda il Coronavirus, sarebbe stato necessario abbreviarli per cominciare la somministrazione il prima possibile. Questo non vuol dire, tuttavia, che sia stata tralasciata la sicurezza: i primi test effettuati su un nuovo vaccino, infatti, servono proprio a escludere che ci siano controindicazioni. Si tratta della condizione più importante per immettere un nuovo vaccino sul mercato.

Se sulla sicurezza non possono esserci dubbi, è vero però che un vaccino prodotto in poco tempo, come quello contro il Covid-19, potrebbe avere un’efficacia minore, ovvero garantire una protezione dalla malattia soltanto entro una certa percentuale. Nel caso dei vaccini che sono ora in commercio, parliamo di un massimo del 95%.

Riguardo alla durata della sua copertura, invece, i dati a disposizione sono meno numerosi poiché il tempo per i test è minore: “questo vuol dire che ancora non conosciamo con certezza la copertura del vaccino, ma gli ultimi dati sembrano essere buoni: gli anticorpi sviluppati dall’organismo dovrebbero proteggerci per almeno 8-9 mesi”, sottolinea l’intervistato.

Il vaccino RNA è pericoloso perché modifica il codice genetico?

Una delle fake news che si è diffusa riguardo al vaccino contro il Covid-19 è relativa a quelli maggiormente utilizzati nel nostro Paese, ovvero a RNA messaggero. La questione sollevata in rete è la possibilità che il vaccino modifichi il codice genetico della persona che lo riceve. Si tratta, naturalmente, “di una bufala clamorosa”, come precisa il dottor Francia. “Una volta che l’RNA messaggero è introdotto nel corpo dell’uomo, entra nelle cellule, raggiunge i ribosomi, induce la produzione di proteina spike e poi si autodistrugge. Non ha assolutamente interazioni con il nucleo delle cellule entro il quale è conservato il nostro DNA”.

FatCamera/gettyimages.it

Chi ha fatto il vaccino non prende il Covid-19 e non è contagioso?

L’efficacia del vaccino nella protezione contro la malattia da Coronavirus non è totale, come è stato già chiarito. “Quelli migliori dichiarano una copertura del 95%. Poi bisogna sempre considerare che esistono possibili inconvenienti legati al processo vaccinale”, precisa l’intervistato. “È stata mantenuta in maniera adeguata la catena del freddo, o i vaccini per superficialità sono stati esposti a temperature non consone? Chi diluisce il vaccino al momento della inoculazione ha sbagliato i rapporti? Chi viene vaccinato non ha assunto in contemporanea farmaci che interferiscono con la risposta immunitaria? Oppure è affetto da una patologia che gli provoca una immunodeficienza? Ciò premesso, le ricerche in corso mostrano che è possibile rinvenire il virus tramite tampone nei soggetti vaccinati che abbiano avuto contatti con soggetti malati, ma che la protezione generata dal vaccino li rende immuni dal manifestarsi dei sintomi e molto probabilmente non in grado di trasmettere il contagio”.

Chi è vaccinato non deve più indossare la mascherina perché immune?

Riguardo all’ultima questione, l’epidemiologo afferma che se ne sta ancora discutendo. “L’orientamento dei centri di riferimento è che occorre essere cauti. Per cui chi è vaccinato potrà, a mio parere, non indossare la mascherina nei luoghi all’aperto, mentre sarà consigliabile indossarla al chiuso, soprattutto in una situazione di compresenza di altri soggetti non conviventi fino a quando non avremo raggiunto livelli di copertura superiori all’80% della popolazione. Recentemente gli USA hanno consentito di non indossare la mascherina anche al chiuso, per le persone vaccinate con due dosi. Entrando però nel dettaglio, rimane anche negli Stati Uniti l’obbligo di averla quando ci si trova su treni, aerei, metropolitane, autobus e nelle situazioni di affollamento”.

I vaccini sono efficaci contro le varianti?

Sul nostro blog, abbiamo dedicato un approfondimento alle varianti del Covid-19, realizzato sempre in collaborazione con il dottor Francia. L’epidemiologo ha ricordato infatti che sulle varianti il vaccino può non avere la stessa efficacia, nel senso che la protezione potrebbe essere solo dalle conseguenze gravi della malattia e non dall’infezione in sé. Tuttavia, i vaccini impiegati sembrano funzionare contro la variante inglese e inoltre, ricorda l’intervistato, nel caso dei vaccini a RNA è facile apportare dei cambiamenti per ottenerne un altro che offra copertura anche contro il virus mutato.

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I vaccini anti-Covid aumentano il rischio di trombosi?

“Si sono osservate correlazioni tra la somministrazione dei vaccini anti Covid-19 e l’insorgenza di trombosi” afferma il dottor Francia. “In particolare con il vaccino AstraZeneca, ma anche con altri. Sembrano essere colpite in maniera prevalente le donne al di sotto dei 50 anni, tanto che si è ipotizzato un potenziamento dell’effetto trombotico già insito nel normale utilizzo della pillola anticoncezionale. Si tratta però di eventi rarissimi, circa quattro casi su un milione di vaccini somministrati. Vorrei quindi ricordare il rischio alternativo: un paziente su 6/7, quando si ammala di Covid-19, va incontro a complicanze trombotiche di vario genere. Per cui, ogni milione di casi di malattia, abbiamo oltre 160.000 eventi trombotici: 4 contro 160.000”.

Alla luce di questi dati, in un comunicato la stessa Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET), in condivisione di quanto espresso dall’International Society on Thrombosis and Hemostasis (ISTH), raccomanda quindi che tutti i soggetti eleggibili si sottopongano a vaccinazione anti Covid-19 secondo i piani vaccinali predisposti dalle Autorità nazionale e regionali. Ritiene infatti che “con i dati attualmente disponibili i benefici della vaccinazione superino nettamente i potenziali rischi” perché l’esiguo numero di eventi trombotici, in rapporto ai milioni di somministrazioni di vaccini Covid-19 effettuati, non suggerisce un collegamento diretto.

I vaccini possono causare l’infezione da Covid-19?

Infine, un altro grande dubbio sui vaccini riguarda il fatto che si possa sviluppare la malattia a seguito della vaccinazione. Di questo aspetto ne avevamo già parlato sul blog in un’altra intervista al dottor Francia, ma riprendiamo l’argomento approfondendo la composizione e il funzionamento dei singoli vaccini.

Vaccini a RNA messaggero: Pfizer e Moderna

“I vaccini anti Covid-19 sono stati prodotti seguendo varie tecniche, di cui quella a RNA messaggero rappresenta sicuramente la più innovativa. Pfizer e Moderna sono i prototipi di questi farmaci. Tra le poche ricadute positive della pandemia, c’è sicuramente la nascita della collaborazione tra due filoni di ricerca prima non comunicanti, quello dei vaccini e quello delle terapie geniche”, spiega l’intervistato.

Il meccanismo di azione è il seguente: il materiale genico iniettato induce il nostro organismo a generare una proteina identica a quella Spike del virus – che serve al coronavirus per penetrare all’interno delle cellule umane – nei confronti della quale produciamo anticorpi, in maniera tale che, se incontriamo in seguito la vera proteina virale, siamo già “armati” nei suoi confronti. Con questi vaccini, quindi, non viene somministrato alcun virus, né vivo né attenuato, e la sola proteina Spike non può causare infezione o malattia, come riporta anche l’Istituto Superiore di Sanità.

Vaccini a vettore virale: AstraZeneca, Johnson & Johnson e Sputnik 5

“Altri vaccini hanno seguito strade differenti: AstraZeneca sfrutta un approccio diverso per indurre la risposta immunitaria dell’organismo verso la proteina Spike. In particolare, si tratta di un vaccino a vettore virale che utilizza una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé, non più in grado di replicarsi, come vettore per fornire le istruzioni per sintetizzare la proteina Spike di SARS-CoV-2”, spiega il dottor Francia. Una volta che la proteina è prodotta dall’organismo, può stimolare una risposta immunitaria specifica, sia anticorpale che cellulare. “La tecnologia è la stessa alla base del primo vaccino approvato per Ebola alla fine del 2019”.

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Anche il COVID-19 Vaccine Janssen (Johnson & Johnson) è un vaccino a vettore virale, “basato su adenovirus umano di tipo 26 non in grado di replicarsi, opportunamente modificato per contenere il gene che codifica per la sequenza completa della proteina Spike (S) del virus SARS-CoV-2.” Dopo la somministrazione del vaccino, le cellule utilizzano il gene per produrre la proteina Spike, che viene espressa in maniera transitoria, stimolando sia anticorpi anti-S neutralizzanti che altri anticorpi specifici anti-S funzionali, così come risposte immunitarie cellulari dirette contro l’antigene S, che possono contribuire a proteggere contro Covid-19. “Qualora, in un momento successivo, la persona vaccinata dovesse entrare in contatto con il SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà la proteina Spike del virus e sarà pronto a difendere l’organismo. L’adenovirus presente nel vaccino non è in grado di replicarsi né di provocare la malattia. A differenza dei vaccini approvati finora, prevede una singola dose”.

Il celebre vaccino russo Sputnik 5 è ugualmente costruito su un vettore virale, basato su adenovirus umano inattivo che è stato fuso con il peplomero di SARS-CoV-2 al fine di stimolare una risposta immunitaria.

Concludendo, come riporta anche l’ISS su questi altri vaccini, “una eventuale malattia Covid-19 successiva alla vaccinazione, può essere quindi causata solo da una infezione naturale del virus, contratta indipendentemente dal vaccino”.

Altri vaccini contro il Covid-19

Nel mondo sono in uso anche altri vaccini: “quelli cinesi, che hanno avuto problemi legati a una presunta scarsa efficacia, sono basati sull’introduzione di virus inattivati, vale a dire il ‘cadavere’ del nemico, che diventa comunque oggetto di una risposta immunitaria, che tornerà pronta in caso di infezione reale”, spiega l’epidemiologo.

“Alcuni invece introducono frammenti proteici del Covid-19, in grado però di generare una risposta anticorpale. Infine, esistono vaccini a DNA, che trasmettono alle cellule dell’ospite i geni che contengono le informazioni necessarie per produrre antigeni della proteina Spike del SARS-CoV-2, che provocherà una risposta immunitaria specifica con anticorpi diretti contro la stessa proteina. I geni vengono inseriti in laboratorio in un virus innocuo per l’uomo (il cosiddetto vettore) che, una volta iniettato, porta i geni fino alla cellula”.

Come proteggersi dalle fake news?

In conclusione, abbiamo visto come, in caso di dubbi o paure e per proteggersi dalla fake news che possono circolare sul web, sia fondamentale affidarsi alle fonti ufficiali e autorevoli, come il Ministero della Salute o l’Istituto Superiore di Sanità, le cui informazioni sono verificate da esperti e basate su evidenze scientifiche, normative, documentazioni nazionali e internazionali disponibili alla data di pubblicazione di ogni notizia.

Invece, per quanto riguarda i comportamenti da adottare, con le progressive riaperture e la bella stagione, è ancora più importante continuare a comportarsi responsabile e sottoporsi a controlli qualora ci si esponesse a situazioni di rischio, anche nei luoghi di lavoro. Proprio perché i test per individuare la positività al virus sono così importanti, sono molte le realtà che garantiscono la possibilità di effettuarli a prezzi agevolati. Attraverso la sua divisione servizi SiSalute, per esempio, UniSalute ha proposto la Card Test Covid per tamponi e test sierologici, che può essere utilizzata su tutto il territorio nazionale.

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