Per chiarire in quali casi la mascherina è obbligatoria, come indossarla perché sia realmente efficace per proteggerci dal coronavirus e quali tipologie sono disponibili oggi sul mercato, abbiamo dedicato a questo tema un approfondimento.
Quando è obbligatoria la mascherina?
Per prima cosa, è utile ricordare che, secondo il DCPM del 26 aprile, è obbligatorio indossare una mascherina in tutti gli spazi confinati o all’aperto, qualora non fosse possibile garantire il rispetto del distanziamento fisico (1 metro). Un obbligo a cui i più piccoli possono sottrarsi: i bambini al di sotto dei sei anni, infatti, non devono necessariamente indossarla.
A queste indicazioni generali, si sommano gli specifici provvedimenti adottati dalle singole regioni, per questo vi consigliamo di tenervi aggiornati, consultando i canali ufficiali di quella in cui vivete. Va inoltre ricordato che alcuni degli esercizi commerciali a cui è stata concessa l’apertura hanno già da tempo deciso di far entrare i clienti uno per volta, per ridurre ulteriormente la possibilità di contatti fisici e quindi di contagio.
Quali mascherine si possono utilizzare?
Come vedremo più avanti, esistono diverse tipologie di mascherine sul mercato, con caratteristiche e funzioni diverse. Alcune, ad esempio, sono destinate all’utilizzo da parte del personale medico e sanitario.
Il DPCM del 26 aprile dà però delle precise indicazioni sulle tipologie che devono essere utilizzate dai cittadini: si tratta di “mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire un’adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”.
È opportuno chiarire quale differenza ci sia tra le mascherine chirurgiche e quelle denominate “di comunità”: le prime, certificate in base alla capacità di filtraggio, devono rispettare uno standard di sicurezza (UNI EN ISO 14683-2019) e sono ideate per l’utilizzo negli ambienti sanitari.
Le mascherine di comunità, invece, costituiscono una misura igienica: non sono dispositivi medici né dispositivi di protezione individuale (chiariremo più avanti cosa si intende esattamente con questi termini) e non sono soggette a certificazioni. Oltre ad esse è possibile, naturalmente, utilizzare anche le mascherine chirurgiche.
Se compaiono i sintomi di un’infezione respiratoria, è invece necessario utilizzare le mascherine che rientrano nella categoria dei dispositivi medici.
Le mascherine di comunità
Questo tipo di protezione costituisce una barriera per naso e bocca, garantendo al contempo la respirazione; per essere efficace, deve aderire al volto e coprire sia il naso che il mento. Il materiale deve essere multistrato, atossico, anallergico e non infiammabile. Alcune sono monouso, mentre altre sono realizzate in tessuto lavabile, che resiste a temperature oltre i 60 gradi: in questo caso, dopo l’utilizzo, potete riporle in un sacchetto apposito e tenerle in borsa o con voi, per poi lavarle. Evitate di metterle in tasca o di farle venire a contatto con indumenti e oggetti. Sul sito del Ministero, troverete ulteriori indicazioni sull’utilizzo delle mascherine di comunità.
I Dispositivi di Protezione Individuale
I DPI, dispositivi di protezione individuale, sono stati validati dall’INAIL a seguito del Decreto Cura Italia del 17 marzo: si tratta di “occhiali, visiere, semi maschere, indumenti di protezione, guanti e calzari” che vengono utilizzati da tutti coloro che si trovano a diretto contatto con i malati, come il personale sanitario. La lista è riportata sul sito dell’INAIL e viene aggiornata di continuo, a seguito di nuove validazioni. Come leggiamo sul portale, “le semi maschere filtranti FFP2 e FFP3, in particolare, devono garantire i requisiti tecnici prescritti dalle norme in vigore (UNI EN 149:2009 o standard internazionali equipollenti), con particolare riferimento a capacità filtrante, perdita di tenuta e resistenza respiratoria […]. Non rientrano in questa tipologia le mascherine chirurgiche o assimilabili, per la cui validazione è competente l’Istituto superiore di sanità, né mascherine destinate a usi differenti dalla protezione dei lavoratori”. In questa situazione straordinaria, l’ISS può valutare e autorizzare il commercio di mascherine prive della marcatura CE, che garantisce il rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge.
I diversi tipi di mascherine
La Fondazione Umberto Veronesi ha realizzato un contributo video informativo sull’uso di mascherine e guanti in cui Agnese Collino, supervisore scientifico della Fondazione, fornisce indicazioni su come utilizzarli al meglio.
Ma quali sono le caratteristiche delle varie tipologie di protezioni che si possono trovare in commercio?
Mascherine chirurgiche
In genere vengono utilizzate da medici, infermieri, dentisti, in ogni situazione in cui sia opportuno proteggere le persone con cui si ha a che fare. Sono formate da tre strati sovrapposti di tessuto-non-tessuto (TNT) e hanno lacci o elastici per fissarle dietro la testa o alle orecchie. Nascono come oggetti monouso, ma in una situazione straordinaria in cui le risorse sono poche possono essere riutilizzate, dopo averle tenute per qualche ora appese.
La loro struttura impedisce a buona parte del droplet (le goccioline che produciamo naturalmente quando respiriamo, parliamo, tossiamo o starnutiamo) di diffondersi nell’ambiente. Per questo motivo, come è stato più volte ricordato da molti esperti, se vengono indossate da tutti in un ambiente chiuso, contribuiscono alla protezione di chiunque si trovi al suo interno. Il Ministero della Sanità ha sottolineato che, insieme alle altre misure igieniche consigliate, l’uso della mascherina aiuta a contrastare la diffusione del virus, tuttavia non bisogna dimenticare l’eventualità che “possa addirittura aumentare il rischio di infezione a causa di un falso senso di sicurezza e di un maggiore contatto tra mani, bocca e occhi». Ha inoltre ribadito che non bisogna indossare più mascherine sovrapposte.
Mascherine FFP1, 2 e 3 con e senza valvola
Le mascherine FFP (Filtering Face Piece) vengono classificate in 3 categorie, a seconda della loro qualità:
- gruppo 1, capacità filtrante delle particelle sospese nell’aria dell’80%, non sono DPI;
- gruppo 2 (capacità filtrante del 94%);
- gruppo 3 (capacità filtrante del 99%); possono avere una valvola, che permette all’aria espirata di uscire più facilmente, il che le rende particolarmente adatte all’utilizzo su tempi lunghi (non bisognerebbe però superare le 10 ore). Sono DPI e proteggono chi le indossa da patogeni a trasmissione aerea, ma se hanno la valvola sono meno efficaci verso l’esterno. In un video diventato virale nelle scorse settimane, Alessandro Gasbarrini, direttore della Chirurgia vertebrale a indirizzo oncologico e degenerativo dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna le ha definite mascherine “egoiste”, in riferimento al fatto che, indossandole, gli infetti potrebbero comunque contagiare le persone che hanno a che fare con loro. Il loro utilizzo da parte dei cittadini è stato più volte sconsigliato, per questo motivo, e anche per evitare di assottigliare ulteriormente le scorte disponibili per medici e personale sanitario. Le mascherine FFP 2 e 3 senza valvola, sebbene meno confortevoli delle altre, proteggono invece sia chi le indossa che le persone all’esterno, ma il loro utilizzo è comunque consigliato solo in contesti particolari, e andrebbe evitato nelle situazioni quotidiane come fare la spesa o passeggiare al parco.
Quando usare i guanti?
L’ISS ha diffuso delle linee guida riguardo all’uso dei guanti, che sono utili e anzi indispensabili in alcune situazioni, ma non sempre. Sono obbligatori in contesti ospedalieri o di assistenza a malati, anche a domicilio; inoltre devono essere utilizzati dagli addetti alle pulizie, dal personale che lavora nella ristorazione, dai commercianti di articoli alimentari e da chi si reca al supermercato. In molte regioni, inoltre, bisogna indossare guanti usa e getta quando si utilizzano i mezzi pubblici.
Come le mascherine, devono essere utilizzati correttamente, perché in caso contrario possono diventare un mezzo di contagio. Indossare guanti monouso, infatti, non è una misura sostitutiva dell’igiene delle mani, che resta un punto cardine nella prevenzione del Coronavirus. Inoltre:
- non devono venire a contatto con bocca, naso e occhi;
- non devono essere riutilizzati;
- devono essere sostituiti quando si sporcano. Non bisogna igienizzarli con il gel o lavarli, vanno gettati subito;
- vanno eliminati (e correttamente smaltiti) dopo ogni utilizzo.
Dove gettare guanti e mascherine usati?
Guanti e mascherine usa e getta sono utili a proteggerci, ma rischiano di generare un grave problema ambientale. Purtroppo, già nelle settimane passate, sono state molte le segnalazioni da parte di testate giornalistiche e di privati cittadini: soprattutto nelle città, entrambi i dispositivi monouso vengono spesso gettati a terra dopo il loro utilizzo. Oltre a essere estremamente pericoloso per l’ambiente, questo gesto mette in pericolo anche le persone, perché, come abbiamo ricordato poco fa, se indossati da un infetto possono essere entrambi veicolo di contagio.
Per questi motivi, la raccomandazione è di mettere mascherine e guanti (in lattice e nitrile) usati in un apposito sacchetto chiuso, da gettare nella raccolta indifferenziata. I guanti in vinile, invece, vanno gettati nella plastica, sempre con le dovute accortezze. È sempre necessario, inoltre, lavare bene le mani e ogni superficie con la quale questi oggetti possono essere entrati in contatto.
Per approfondire l’argomento, sul nostro blog trovate una rubrica dedicata. Ecco alcuni dei contenuti più recenti:
- Fase 2: l’allentamento delle misure potrebbe far rialzare la curva dei contagi?
- Quale sarà l’impatto psicologico della quarantena
- Coronavirus nei bambini: come si manifesta e cosa fare
- I test sierologici possono aiutare a ridurre il contagio?
Fonti:
ISS
Fondazione Veronesi
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