È una malattia con caratteristiche epidemiologiche a elevato impatto sociale e con prevalenza negli ultraottantenni. Se ne distinguono due forme primarie, una post-menopausale, nelle donne, e una senile associata al normale invecchiamento, comune in entrambi i sessi. Esistono poi forme secondarie causate da numerose patologie o dall’uso di farmaci.
Per approfondire il tema dell’osteoporosi, i sintomi e la diagnosi, ma anche la cura e la prevenzione, abbiamo intervistato il Prof. Francesco Sardanelli, Responsabile del Servizio di Diagnostica per Immagini all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano, Professore ordinario di Radiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Radiodiagnostica dell’Università degli Studi di Milano.
Quali fattori influenzano l’insorgenza dell’osteoporosi
Lo sviluppo dell’osteoporosi tiene conto di una combinazione di fattori che influenzano la resistenza ossea: l’età, in primo luogo, ma anche predisposizioni genetico-familiari. “Episodi multipli di fratture nei membri della famiglia possono rappresentare una spia”, spiega Sardanelli. È importante, inoltre, tenere conto delle terapie farmacologiche pregresse e in atto, tipicamente quelle a base di cortisonici.
Perché l’osteoporosi colpisce maggiormente le donne?
È risaputo ormai che l’osteoporosi coinvolga anche gli uomini, tra i quali si verifica il 20% di tutte le fratture femorali su base osteoporotica. La maggior parte delle persone che soffrono di questa patologia, però, anche come abbiamo visto dai precedenti dati, è di sesso femminile.
“Per comprendere il perché della più alta prevalenza tra le donne, bisogna partire dal concetto di ‘picco di massa ossea’. La densità minerale ossea di ogni individuo raggiunge un picco all’apice dello sviluppo corporeo (intorno ai 30 anni), dopo il quale avviene, fisiologicamente, una progressiva riduzione pari a circa 0.5-1% su base annua. Nelle donne, la perdita di massa minerale è maggiore in corrispondenza dei mutamenti ormonali legati alla menopausa, cui consegue la maggiore incidenza e la precocità della malattia nel sesso femminile”.
La menopausa è quindi un periodo particolarmente delicato per l’osso. “Nella fase che la precede e che dura all’incirca 5 anni, nelle donne si riduce progressivamente l’effetto protettivo che gli estrogeni esercitano sul tessuto osseo. Questo comporta un tasso di perdita della massa ossea accelerato, che può raggiungere anche l’1-2% all’anno”, continua l’intervistato. “Ciò può portare all’insorgenza di osteoporosi soprattutto nei casi in cui, in giovane età, non sia stato raggiunto un adeguato picco di massa”.
Osteoporosi: i sintomi e la diagnosi di questa malattia
L’osteoporosi è una malattia silente, asintomatica. “La perdita di massa ossea è lenta e graduale, e non viene percepita dall’organismo. Non ci sono, purtroppo, campanelli di allarme”, precisa il professore. Tuttavia, la fragilità ossea potrebbe causare dolori alla schiena, perdita di altezza e postura incurvata.
“La malattia si manifesta improvvisamente con una frattura, tipicamente a livello della colonna vertebrale, del femore, dell’omero prossimale, del polso. Le fratture del femore sono la complicanza più temibile, perché portano inevitabilmente all’ospedalizzazione”. I tempi di recupero, in questi casi, possono essere lunghi, e in genere i pazienti potrebbero aver bisogno di assistenza domiciliare per diverso tempo. In alcuni casi, inoltre, soprattutto quando la persona è molto avanti negli anni, c’è il rischio che non torni a camminare a seguito di questo infortunio. “Anche le fratture vertebrali sono pericolose”, sottolinea l’intervistato, “sebbene a volte diano pochi sintomi o nessuno. Possono però avviare la ‘cascata fratturativa’, ovvero essere il primo episodio di una serie di fratture, con conseguenze molto gravi per il paziente”.
Quando il medico sospetta che una persona soffra di osteoporosi, prescriverà alcuni esami necessari alla diagnosi, che approfondiremo nei prossimi paragrafi.
La diagnosi di osteoporosi
La diagnosi dell’osteoporosi si avvale sia di indagini strumentali, sia di esami del sangue. “Questi ultimi sono detti di ‘primo livello’: vanno ad analizzare la concentrazione di calcio e fosforo nel sangue o della quantità di calcio che viene espulso con le urine”, spiega Sardanelli. “Se i valori sono nella norma, si possono escludere la maggior parte delle osteoporosi secondarie, causate da patologie sottostanti e non dal semplice invecchiamento o dalla menopausa”.
Per approfondire la situazione, è necessario ricorrere a esami di ‘secondo livello’, ovvero “indagini strumentali che consentono di stimare la massa ossea, come la mineralometria ossea computerizzata (MOC), o di diagnosticare le fratture. In quest’ultimo caso, i tradizionali esami radiologici permettono, ad esempio, di identificare le fratture vertebrali, anche quelle asintomatiche”.
Osteoporosi: la MOC e le sue applicazioni
La MOC, spiega il professor Sardanelli, è la tecnica migliore per valutare la densità minerale ossea, in virtù dei numerosi vantaggi:
- elevata accuratezza;
- ottima tolleranza da parte dei pazienti;
- basso costo;
- dose di radiazioni irrisoria.
“La MOC è un esame che si esegue in pochi minuti, tuttavia non bisogna considerarlo ‘semplice’. Per ottenere risultati affidabili, infatti, le regole devono essere rispettate in modo rigoroso sia in fase di esecuzione, sia in fase di post-processing. È tipicamente eseguita a livello dell’anca e della colonna lombare. Non ci sono controindicazioni ad eccezione della gravidanza, data l’esposizione seppur esigua ai raggi X”.
La MOC non è considerata un test di screening di popolazione. È infatti il medico, insieme al paziente, a decidere se è opportuno che la persona si sottoponga all’esame, sulla base della presenza di fattori di rischio e delle condizioni cliniche pregresse e attuali.
Quali sono i rischi per chi soffre di osteoporosi?
Il rischio maggiore dell’osteoporosi è, come abbiamo visto, l’insorgenza di fratture e delle loro complicanze. Quando la rottura riguarda una o più vertebre, può causare progressive deformità della colonna, “come la cifosi toracica, che nei casi più gravi può comportare anche patologie respiratorie oltre che una ridotta mobilità. Le fratture del femore comportano, in un quinto dei casi, una riduzione del livello di autosufficienza, sconvolgendo la vita dei soggetti affetti e dei loro familiari, con il rischio di istituzionalizzazione a lungo termine. Drammaticamente, a un anno da una frattura di femore, il tasso di mortalità è intorno al 15%”, precisa Sardanelli. “Il paragone è triste, ma potremmo dire che la sopravvivenza media a breve termine (1–5 anni) dopo frattura del femore è inferiore a quella dopo diagnosi precoce e trattamento di tumore mammario”.
L’osteoporosi può colpire anche persone giovani: in quali casi?
Seppur con frequenza nettamente minore rispetto agli anziani, l’osteoporosi può manifestarsi anche nei giovani. “In questi casi, si tratta di forme secondarie legate a particolari condizioni patologiche, come le malattie da malassorbimento intestinale (ad esempio, la celiachia), l’uso eccessivo di farmaci demineralizzati (per esempio i cortisonici), o condizioni genetiche particolari che causano una incorretta mineralizzazione dell’osso, come l’osteogenesi imperfetta”.
Alcuni farmaci chemioterapici possono indurre “stati di menopausa farmacologica che influiscono negativamente sull’osso, al pari della menopausa fisiologica. Inoltre, i pazienti oncologici sono spesso sottoposti a trattamenti combinati che influiscono sullo stato ormonale, spesso con un effetto ‘osteopenizzante’, che riduce la densità dell’osso”.
Prevenzione e cura dell’osteoporosi
Per prevenire l’osteoporosi occorre impedire o rallentare la comparsa della patologia, sia attraverso una dieta che garantisca un adeguato apporto di calcio e vitamina D, sia grazie all’attività fisica, uno stimolo importante per mantenere in salute le ossa. Sarà utile, inoltre, eliminare fattori di rischio come il fumo e l’abuso di alcol, fermo restando che l’insorgenza dell’osteoporosi è legata anche agli effetti dell’invecchiamento e, nelle donne, della menopausa.
Quando la malattia è già in corso, è molto importante intervenire per ridurre il rischio di caduta, mentre si procede a rinforzare l’osso. “Esistono varie categorie di farmaci in grado di agire sui processi di rimodellamento osseo, stimolando la sintesi o inibendo il riassorbimento, a seconda del quadro clinico”, commenta il professore. “I farmaci di prima linea più comunemente utilizzati sono i bisfosfonati, che agiscono limitando l’attività degli osteoclasti”.
Che stile di vita è consigliato a chi soffre di osteoporosi?
Dopo la diagnosi di osteoporosi, uno stile di vita sano è il presupposto fondamentale per convivere con la malattia. “Particolarmente importante è l’attività fisica, che consiste soprattutto in esercizi di rinforzo muscolare e attività di carico, come la camminata o altri sport per anziani: in questo modo, si riduce la perdita di massa ossea e l’eventualità di una frattura. La dieta è un altro punto fondamentale: un adeguato apporto di vitamina D sostiene l’apparato scheletrico e le proteine prevengono la sarcopenia, ossia la progressiva perdita di massa muscolare, contrasta il rischio di complicanze anche dopo una frattura osteoporotica”, conclude Sardanelli.
L’osteoporosi è una patologia che può restare a lungo non diagnosticata, poiché non presenta sintomi precoci, ma quasi sempre si manifesta attraverso la rottura del femore o di una vertebra, dovuta alla diminuzione della densità ossea. Si tratta di un evento che può avere conseguenze gravi, in particolare quando riguarda persone anziane, che possono avere più difficoltà a riprendersi e tornare a una vita autonoma. Per questo, la prevenzione insieme a un corretto stile di vita sono come sempre determinanti.
Conoscevate l’iter diagnostico per l’osteoporosi?
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