In questo articolo vi spieghiamo quali sono i fattori di rischio, i sintomi, come si cura e vi diamo alcune indicazioni sul regime alimentare più adeguato.
Che cos’è il morbo di Parkinson
La malattia di Parkinson comporta la degenerazione dei neuroni della sostanza nera, un’area del sistema nervoso centrale. Coinvolge dunque i gangli della base, raggruppamenti di neuroni che hanno un ruolo determinante nella corretta esecuzione dei movimenti e di cui la sostanza nera fa parte.
Queste cellule sono deputate alla produzione di dopamina, importante neurotrasmettitore con ruolo chiave nella regolazione dei movimenti. La loro degenerazione anomala provoca così una riduzione dei livelli di dopamina nel cervello del paziente che è affetto dal morbo e, dunque, la perdita di controllo sui propri movimenti.
Quali sono i fattori di rischio del morbo di Parkinson
L’età è un importante fattore di rischio: la malattia compare infatti tra i 50 ed i 60 anni, con una frequenza superiore nei maschi rispetto alle femmine.
Le cause che generano la distruzione delle cellule nervose che producono dopamina non sono ancora chiare, tuttavia, secondo numerosi studi, tra gli elementi che concorrono allo sviluppo della malattia vi sono fattori sia genetici che e ambientali.
Come si legge sul sito del Ministero della Salute, le cause genetiche interessano però solo il 5% dei casi di Morbo di Parkinson; nella maggior parte dei casi sono invece l’esposizione a pesticidi, trielina, metalli pesanti o la presenza sul territorio in cui si vive di industrie chimiche i principali fattori di rischio da cui ha origine la malattia.
I sintomi della malattia di Parkinson
I sintomi della malattia di Parkinson generalmente si concentrano in una metà del corpo più che nell’altra. In tutte le fasi della malattia, possono verificarsi cadute, incidenti o fratture, anche a causa del brusco cambiamento di pressione arteriosa.
Nelle fasi più avanzate, poi, la difficoltà a camminare costringe chi ne è affetto a passare molto tempo a letto, e ad avere la necessità di un’assistenza costante.
Altri disturbi che frequentemente accompagnano questa fase sono la comparsa di ulcere da decubito, la trombosi venosa, l’embolia polmonare e una difficoltà nel deglutire che rende difficile alimentarsi ed assumere farmaci.
Molti poi i disturbi di carattere psicologico e psichiatrico legati alla malattia o al suo trattamento, come depressione, allucinazioni, stati confusionali.
I sintomi più frequenti sono però:
- rallentamento dei movimenti, che avviene progressivamente;
- rigidità muscolare;
- difficoltà ad iniziare un movimento;
- tremori involontari;
- perdita di equilibrio;
- disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni, sonnolenza diurna);
- ipotensione ortostatica (pressione arteriosa alta da sdraiati che si abbassa nella posizione supina);
- sindrome delle gambe senza riposo (necessità di muovere le gambe continuamente);
- perdita di espressione ;
- disturbi urinari;
- disturbi dell’olfatto.
Come si cura il Morbo di di Parkinson
Non esistono test per la diagnosi della malattia di Parkinson, essa viene effettuata dal neurologo sia sulla base dei sintomi che grazie ad alcuni esami quali, ad esempio, la risonanza magnetica all’encefalo, la PET o la SPECT.
Secondo le nuove “Linee guida sulla diagnosi e terapia della malattia di Parkinson”, redatte dall’Istituto Superiore di Sanità, sono molti i trattamenti farmacologici e non, utili a far fronte ai suoi sintomi. Vediamoli nel dettaglio.
I farmaci sintomatici
La terapia sintomatica più efficace, che dunque non altera la progressione della malattia ma agisce solo sui suoi sintomi, è la L-dopa, precursore della dopamina, somministrata in associazione alla carbidopa o alla benserazide. Nei pazienti più giovani o nelle fasi avanzate può essere prescritto un trattamento con agonisti della dopamina. Per i pazienti con tremori, inoltre, può essere presa in considerazione la terapia con beta-bloccanti.
Altri farmaci utilizzati nel trattamento delle complicanze motorie della malattia in fase avanzata sono gli inibitori delle monoamino-ossidasi B, in grado di aumentare la disponibilità di dopamina.
La terapia chirurgica
Infine, la terapia chirurgica può rappresentare un’opzione terapeutica nelle fasi avanzate di malattia, ed è di due tipi: di lesione e di stimolazione cerebrale profonda.
Entrambi gli interventi consistono nell’inserimento di un elettrodo in alcune aree del cervello specifiche: nel primo caso, l’elettrodo cauterizza le cellule target per poi essere rimosso, mentre nel secondo caso viene posizionato in una data area del cervello e lasciato lì, in modo da poter emettere costantemente un impulso elettrico.
Le tecniche riabilitative fisioterapiche
Esistono poi tecniche riabilitative fisioterapiche, logopediche ed occupazionali efficaci a prevenire le complicanze della malattia e migliorare la qualità di vita. I miglioramenti interessano sia gli aspetti motori che quelli di socializzazione ed emozionali del paziente parkinsoniano. Una di queste tecniche riabilitative riguarda, ad esempio l’esercizio fisico, ed è capace di migliorare i disturbi della deambulazione ed i tremori; un’altra è il trattamento logopedico, efficace nei disturbi della comunicazione e della deglutizione.
La dieta corretta per chi è affetto dal Morbo di Parkinson
La terapia nutrizionale nella malattia di Parkinson è di fondamentale importanza: la pianificazione alimentare permette infatti di gestire alcuni sintomi della malattia ed essere certi che i pasti non interferiscano con la terapia farmacologica.
Per essere assorbito in maniera corretta, infatti, la L-dopa deve passare dall’intestino tenue al sangue e dal sangue al cervello: qualunque processo ritardi questo assorbimento porta ad una riduzione dell’efficacia della terapia. È importante assicurarsi quindi che i farmaci prescritti per il morbo di Parkinson siano assunti almeno 30 minuti prima dei pasti, in modo che possano venire assorbiti senza subire intralci o rallentamenti.
I pazienti parkinsoniani, inoltre, sono soggetti a carenze di calcio, ferro o di vitamine D, C ed E. Per questo motivo, può essere consigliabile includere, nella pianificazione dei pasti, l’assunzione (lontano dalla somministrazione dei farmaci e sempre su consiglio medico) di integratori alimentari che garantiscano un corretto apporto di questi nutrienti.
Infine, è bene ricordare che tra i sintomi della malattia figurano spesso scarso appetito e difficoltà di deglutizione, ma anche reflusso gastrico e costipazione. Alcuni semplici accorgimenti quali mangiare a piccoli bocconi, masticare con cura e lentamente, dotarsi di posate e piatti non eccessivamente piccoli ed assumere piccoli pasti frequenti possono aiutare il paziente durante la fase di alimentazione. Inoltre, se possibile, assumere i pasti in un ambiente piacevole ed in compagnia può fare la differenza.
Macronutrienti e dieta equilibrata in pazienti affetti da Parkinson
La programmazione nutrizionale dovrebbe suddividersi in tre pasti principali, più due spuntini ad orari fissi, e sempre tenendo conto della terapia farmacologica.
È bene poi seguire alcune indicazioni sulla suddivisione dei macronutrienti all’interno della programmazione dei pasti:
- Le proteine dovrebbero essere concentrate nel pasto serale;
- I grassi, preferendo oli vegetali insaturi, dovrebbero essere assunti con moderazione: possono infatti rallentare la digestione e quindi interferire con l’assorbimento dei farmaci;
- I carboidrati dovrebbero costituire la maggior parte del pasto, poiché forniscono energia, sono facili da digerire e stimolano la produzione di insulina, in grado di ridurre la concentrazione di aminoacidi che possono entrare in competizione con la terapia;
- Le fibre, come quelle assunta consumando frutta e verdura, consentono di controllare la stipsi e forniscono tutte le vitamine necessarie.
Infine non dimenticare di bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno per consentire un’adeguata idratazione.
Controversa invece la questione sull’assunzione di latticini, ancora in fase di studio. Una ricerca pubblicata sull’American Journal of Epidemiology, effettuata su un campione di oltre 130.000 persone, tenute sotto osservazione per nove anni, ha confermato infatti la correlazione tra l’eccessivo consumo di latte e l’insorgenza senile o pre-senile della malattia di Parkinson. I pazienti la cui dieta conteneva un consumo più elevato di latticini hanno mostrato una tendenza a contrarre il Parkinson superiore del 60% rispetto a quelli che ne assumevano quantità inferiori.
Secondo gli scienziati dell’Istituto di ricerche ambientali della Carolina del Nord, diretti dal dott. Honglei Chen, è il latte a spiegare questa correlazione, in misura molto più elevata dei suoi derivati. Gli studiosi, inoltre, escludono che la correlazione sia dovuta solo e in particolare ad alcune sostanze, come il calcio, i grassi o la vitamina D.
Ovviamente saranno necessarie future indagini epidemiologiche e sperimentali per valutare ulteriormente questa associazione.
Come abbiamo visto, la malattia di Parkinson porta con sé numerosi disturbi a chi ne soffre e necessita anche di molte cure da parte dei familiari del paziente. Un importante compito che spesso rende necessario un supporto esterno, che alcuni piani sanitari mettono a disposizione. Unisalute, ad esempio, con la sua polizza sanitaria per Over 65, permette di prendersi cura dei propri cari anche in casi di lontananza fisica, copre le spese per le cure e la riabilitazione dopo un ricovero. Inoltre, grazie a medici e infermieri qualificati, offre tutta la consulenza e l’organizzazione di cui la famiglia ha bisogno per affrontare le molte difficoltà legate a questa malattia.
Avevate mai preso in considerazione questa possibilità?
Fonti
- gov.it
- iss.it
- it
- parkinson-italia.itConsumption of Dairy Products and Risk of Parkinson’s Disease
1 commento
Interessante.