L’Istituto Superiore di Sanità definisce i coronavirus come “un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome). Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.”
Nelle ultime settimane sono stati individuati numerosi casi di coronavirus anche in Italia, e molte persone si interrogano sulle conseguenze della malattia. Oggi approfondiamo questo argomento per comprendere meglio quanto è pericoloso e cosa possiamo fare per evitare il contagio. Lo faremo con il contributo del dott. Fausto Francia, epidemiologo, direttore sanitario del Centro Diagnostico Chirurgico Dyadea e membro del Comitato Scientifico di UniSalute.
Cosa sappiamo di questo virus?
Come accennato il COVID-19 è un virus nuovo: le autorità sanitarie, quindi, non conoscono il suo reale grado di infettività che, per ora, pare essere piuttosto elevato, a confermarlo è anche il dottor Francia.
“Stiamo studiando il virus in tempo reale, perché è nuovo, lo conosciamo ancora poco e rappresenta per noi un’incognita”, dice infatti. “Come accade per tutte le patologie virali, però, siamo certi di due cose. La prima è che le situazioni di cluster, di infettività diffusa, come abbiamo visto con la SARS o con altri virus, hanno tre fasi: una di crescita (in cui si registra un picco nella diffusione), una di plateau (di stabilità) e una di discesa (in cui i contagi diminuiscono). Possiamo quindi ragionevolmente supporre che anche il 2019-nCoV si comporterà così. Inoltre, poiché si tratta di un virus respiratorio, è condizionato dalle temperature. Attecchisce d’inverno, quando il freddo lo favorisce: con l’arrivo del caldo, quindi, dovremmo assistere a una diminuzione della sua diffusione”.
Abbiamo quindi motivo di sperare che il numero di contagi diminuisca nei prossimi mesi? Su questo aspetto l’intervistato non si sbilancia, ma aggiunge “man mano che le persone si infettano, i ceppi particolarmente aggressivi, ovvero quelli che uccidono, non hanno il tempo di passare da una persona all’altra. In questo modo si selezionano dei ceppi meno aggressivi, poiché la sopravvivenza del virus è legata a quella del soggetto. I virus evoluti come l’herpes simplex, infatti, non uccidono, ma convivono nel nostro organismo per tutta la vita”.
Quanto è pericoloso il coronavirus?
In alcune regioni italiane, negli ultimi giorni sono state prese misure precauzionali piuttosto elevate tra cui ordinanze di chiusura delle scuole e sospensione di eventi pubblici e aggregativi. Decisioni che, in un primo tempo, hanno allarmato parte della popolazione, che si è chiesta quanto fosse pericoloso il virus.
In realtà, spiega il dottore Francia, “dal punto di vista della dinamica virale, possiamo dire che il Coronavirus è simile all’influenza, come sintomatologia. Le sue complicanze però possono essere molto gravi. A differenza della comune influenza, inoltre, il 2019-nCoV colpisce pochissimo i bambini, che quando contraggono questo virus guariscono più facilmente. Il virus dell’influenza, invece – continua l’intervistato – sebbene causi molti decessi tra la fascia di popolazione anziana, fa ammalare moltissimi bambini”.
Perché sono state prese misure così drastiche?
“Il coronavirus rappresenta un pericolo per chi soffre di patologie croniche che hanno debilitato il loro fisico – afferma il dottor Francia – così come per le persone molto anziane, perché la malattia è aggressiva e, in questi casi, viene fronteggiata da un sistema immunitario che non è nelle migliori condizioni possibili”.
Un chiarimento sulle drastiche misure preventive prese nel nostro Paese, inoltre, ci è stato dato anche dal Ministro della Salute lo scorso 26 febbraio: durante un’informativa del Governo sull’evoluzione della situazione, ha infatti spiegato quanto l’ampia capacità di contagio del coronavirus abbia influito sulle decisioni citate poco sopra.
In definitiva, quindi, l’obiettivo è evitare che un grande numero di persone si ammali contemporaneamente: in questo caso, infatti, le strutture sanitarie non sarebbero in grado di assorbire un elevato numero di ricoveri con eventuale necessità di terapia intensiva.
I numeri del coronavirus: contagi, guarigioni, decessi
I dati raccolti sul coronavirus, confermano quanto abbiamo detto fino ad ora. Ad oggi infatti, i casi confermati nel mondo (dati aggiornati al 3 marzo) sono 90.892, e i decessi sono stati 3.110, quindi circa il 3,4% (fonte OMS). In Italia, secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute, i positivi al test del tampone sono stati 1.835, 52 i decessi e 149 le guarigioni. Le persone decedute, ad oggi, presentavano nella maggioranza dei casi patologie pregresse che avevano già compromesso in modo serio il loro stato di salute.
Da questi numeri comprendiamo come, in proporzione, i decessi dovuti al virus siano relativamente pochi. Inoltre, il Ministero della Salute chiarisce che “la maggioranza dei casi rilevati è in isolamento domiciliare e non necessita di cure ospedaliere.”
Ma in generale, cosa succede a chi contrae il virus?
Sintomi e possibili complicanze del coronavirus
Come abbiamo approfondito anche in questo articolo, i sintomi del nuovo coronavirus sono molto simili all’influenza stagionale, così come gli effetti che può avere sull’organismo. Una persona contagiata, infatti, può:
- manifestare sintomi che coinvolgono il tratto respiratorio superiore e che durano per un breve periodo di tempo, come naso che cola, mal di testa, tosse, gola infiammata, febbre e sensazione generale di malessere.
- (in alcuni casi) presentare anche complicanze nel tratto respiratorio inferiore, come polmonite o bronchite.
Su questo punto, il dott. Fausto Francia ci aiuta a fare chiarezza, spiegando che “la complicanza maggiore di questo virus è la polmonite virale, che può interferire pesantemente con la respirazione. In soggetti il cui apparato è già in sofferenza per via di altre patologie – continua poi – questa forma aggressiva di polmonite può portare a un’insufficienza respiratoria acuta, e causare la morte.”
Il dott. Francia si sofferma inoltre su un concetto molto importante, che ci permette di comprendere meglio lo sviluppo delle complicanze del coronavirus. “I pazienti che purtroppo sono deceduti” – dice – non sono morti a causa del coronavirus, ma delle concomitanze con il coronavirus. Ovvero, in un soggetto che ha un equilibrio di salute già instabile, il 2019-nCoV destabilizza totalmente l’assetto dell’organismo”.
È proprio quando il sistema respiratorio viene gravemente compromesso, per esempio in caso di polmonite acuta, che può essere necessario un ricovero in terapia intensiva.
Perché gli antibiotici non funzionano? Che cure esistono?
A differenza di quanto accade per le polmoniti batteriche, una terapia a base di antibiotici non è di nessuna utilità, perché, come chiarisce il dottor Francia, “gli antibiotici non agiscono sulle malattie virali, ma su quelle di origine batterica, così come ogni farmaco agisce su una determinata patologia”.
Tuttavia, esistono casi in cui gli antibiotici vengono utilizzati in pazienti con un’infezione virale. “Questo accade quando il virus ha debilitato il sistema immunitario al punto che alcuni batteri presenti nell’organismo, di solito tenuti sotto controllo dal sistema immunitario, proliferano e si diffondono, creando una seconda o una terza infezione. L’antibiotico, in questo caso agisce quindi nei confronti di questi batteri “opportunisti”, ma non sul virus”.
Per il 2019-nCoV – continua l’epidemiologo – sono stati utilizzati finora alcuni antivirali creati per altre malattie (per esempio per l’Ebola), che però non sono efficaci come gli antibiotici: aiutano l’organismo a superare l’infezione, ma non la debellano”.
A quali cure vengono sottoposti quindi i soggetti che hanno contratto il virus? “L’unica maniera di contrastare la malattia è curare i sintomi – risponde il medico – in attesa che il sistema immunitario riesca a eliminare i virus. Qualora i sintomi dovessero essere molto gravi, come del caso di un’insufficienza respiratoria, il paziente viene aiutato a respirare con delle macchine e tenuto in terapia intensiva fino a quando la situazione non migliora”.
Arriverà un vaccino contro il coronavirus?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità chiarisce che, ad oggi, non esiste un vaccino né un medicinale antivirale specifico per prevenire il COVID-2019.
Il dott. Francia conferma che “normalmente per elaborare un vaccino occorrono 5-6 anni, perché è necessario un periodo di ricerca, prima di procedere con i vari test. I vaccini infatti – spiega l’intervistato – vengono testati prima sugli animali, poi sui volontari, e poi via via su un numero sempre maggiore di persone. Si passa successivamente agli studi su migliaia di soggetti per verificare la sicurezza, per poi arrivare all’approvazione da parte degli enti certificatori. Solo a questo punto – conclude l’epidemiologo – viene prodotto il vaccino”.
I tempi tecnici, quindi, sono piuttosto lunghi. In alcuni casi, potrebbero essere ridotti a un terzo, in una situazione di emergenza, salvaguardando comunque la sicurezza del vaccino stesso.
Cosa fare per evitare il contagio?
Comprendiamo, quindi, che ciò che può fare davvero la differenza nella diffusione del nuovo coronavirus è l’impegno nel cercare di evitare il contagio, per far sì che non si ammali un alto numero di persone nello stesso momento.
Mettere in pratica le accortezze quotidiane fondamentali, sintetizzate dall’OMS in un decalogo e riprese dal Ministero della Salute, potrà quindi rallentare la diffusione del COVID-19. Le vediamo in questa infografica diffusa dal Ministero della Salute:
A questo proposito, abbiamo recentemente pubblicato un articolo che spiega come lavare le mani con attenzione passo per passo, e consiglia come scegliere i migliori disinfettanti e come, eventualmente, produrli in casa.
Ricordiamo, inoltre, che è stato messo a disposizione il numero telefonico nazionale 1500 per chiedere informazioni, e che sul portale del Ministero della Salute potrete trovare sempre tutte le informazioni aggiornate.
Articolo scritto da Silvia Bernardi e Silvia Trigilio, con il contributo del dott. Fausto Francia, epidemiologo, direttore sanitario del Centro Diagnostico Chirurgico Dyadea e membro del Comitato Scientifico di UniSalute.
Altre fonti
who.int
salute.gov.it
epicentro.iss.it
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