Il favismo è un’anomalia genetica ereditaria: chi ne è affetto, se esposto a determinate infezioni o a specifiche sostanze (ad esempio, ad agenti contenuti nelle fave), va incontro a un’anemia caratterizzata dalla rapida distruzione dei globuli rossi.
Da non confondere con l’allergia alle fave, il favismo è una condizione piuttosto diffusa, anche nel nostro Paese, e colpisce soprattutto gli individui di sesso maschile. Può manifestarsi con diversi livelli di gravità, portando anche a serie conseguenze per l’organismo, ed è per questo che è fondamentale una diagnosi precoce.
Scopriamo, dunque, da cosa è provocato e quali sono i sintomi del favismo, oltreché se esistono terapie utili a trattarlo.
Che cos’è il favismo?
Il favismo è un difetto del gene che regola la produzione dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), presente in tutte le cellule e fondamentale per il corretto funzionamento dei globuli rossi: in particolare, li protegge dallo stress ossidativo che porta a un loro invecchiamento precoce. Nelle persone con favismo, a causa di questo difetto genetico, il G6PD è carente e, in determinate circostanze che vedremo fra poco, porta a conseguenze come l’anemia emolitica che consiste in una distruzione prematura dei globuli rossi.
Una condizione diffusa, soprattutto nelle zone colpite da malaria
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il favismo è un problema piuttosto diffuso: quello a carico del G6PD, infatti, rappresenta il deficit enzimatico più comune nell’uomo. La carenza di questo enzima si riscontra, soprattutto, nell’area del Mediterraneo, in Asia Meridionale e in Medio Oriente, anche se è presente anche in altre parti del mondo.
In Italia, in particolare, si notano forti differenze territoriali. Come si legge su AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica), nella zona continentale l’incidenza di questo deficit è pari allo 0,4%, in Sicilia all’1%, mentre in Sardegna arriva addirittura al 14,3%, con Cagliari che figura come la provincia più colpita.
È interessante evidenziare, inoltre, come il deficit di G6PD sia più diffuso in quei luoghi dove la malaria ha, o ha avuto in passato, un’incidenza più elevata. Questo è stato attribuito alla maggiore resistenza che soggetti con favismo avrebbero nei confronti della malattia: il parassita malarico, infatti, non riesce a completare il proprio ciclo di sviluppo nei globuli rossi di queste persone, per via del danneggiamento che i globuli stessi subiscono a causa della carenza di G6PD.
Favismo: come si trasmette e qual è il ruolo delle fave?
Il favismo è una malattia di tipo ereditario e colpisce principalmente i maschi. Il gene G6PD, infatti, si trova sul cromosoma sessuale X: le donne – che hanno due cromosomi X – sono quindi generalmente portatrici sane di questa condizione, ma raramente svilupperanno i sintomi. Al contrario, se un uomo eredita dalla madre il cromosoma X con il gene G6PD modificato, sicuramente manifesterà questa patologia, avendo una sola copia del cromosoma X.
Ma quali sono i fattori che scatenano i sintomi del favismo? In quali circostanze può innescarsi un’anemia emolitica? La causa più frequente di questa anemia – che, come detto, provoca una rapida distruzione dei globuli rossi – è l’assunzione di fave (da cui deriva il nome del disturbo). I semi di questo legume, infatti, contengono – a livelli più o meno elevati a seconda della varietà – due agenti ossidanti (vicina e convicina) in grado di provocare anemia emolitica nelle persone con favismo. Queste sostanze sono presenti soprattutto nelle fave fresche, ma anche quelle secche e surgelate possono portare a questa conseguenza.
È comunque bene precisare che la casistica è molto varia ed eterogenea e non è detto che il consumo di questo legume porti sempre a una crisi emolitica. Ci sono, ad esempio, casi di persone che ne hanno mangiate in diverse occasioni senza problemi, prima di presentare i sintomi di un’anemia emolitica. È comunque fondamentale, come vedremo successivamente, evitare scrupolosamente le fave nella propria alimentazione se si soffre di favismo per prevenire possibili gravi conseguenze.
Favismo: il ruolo dei farmaci e delle infezioni
L’ingestione di fave non è però l’unica causa in grado di indurre l’anemia emolitica, che può essere anche la conseguenza di:
- infezioni, tra cui salmonellosi, polmoniti, epatite virale, sepsi, ad esempio, anche se non è ben chiaro il modo in cui agiscano in tal senso.
- L’assunzione di determinati farmaci, tra i quali alcuni antipiretici, analgesici, antimalarici, salicilati o certi tipi di chemioterapici, ad esempio.
È bene segnalare, inoltre, che anche l’inalazione di una sostanza come la naftalina e il contatto con il colorante hennè possono portare ad anemia emolitica nelle persone con favismo.
I sintomi del favismo
Come anticipato, esistono vari livelli di gravità di questa condizione, in quanto sono numerose le varianti della mutazione del gene G6PD, e alcune di esse sono addirittura asintomatiche. In generale, comunque, i sintomi non si manifestano finché i globuli rossi della persona con favismo non entrano in contatto con sostanze in grado di provocare anemia emolitica.
Dato che il consumo di fave fresche avviene soprattutto in primavera, è proprio in questo periodo dell’anno che si verificano più casi di favismo, e le manifestazioni tendono a essere più intense nei bambini rispetto agli adulti.
I sintomi della crisi emolitica, solitamente, si verificano da poche ore a 1-3 giorni dopo l’esposizione agli agenti scatenanti e tendono a variare in base alla gravità. Possono comprendere, ad esempio:
- pallore;
- ittero, che determina pigmentazione giallastra di cute e bianco degli occhi: l’ittero è dovuto a un’elevata concentrazione nel sangue di bilirubina, prodotta in seguito alla degradazione di globuli rossi;
- spossatezza;
- urine scure;
- febbre;
- dolori addominali;
- tachicardia;
- polipnea (respiro con frequenza superiore alla norma).
I sintomi del favismo nei bambini
Il primo episodio di favismo può spesso verificarsi durante l’infanzia. I sintomi nei bambini non differiscono particolarmente da quelli negli adulti e nelle forme più lievi possono comprendere:
- pallore e stanchezza
- leggero ittero
- urine scure.
Nelle forme più gravi si presenteranno anche:
- dolore addominale
- tachicardia
- ittero evidente
- urine molto scure
- febbre.
I casi più severi di anemia emolitica rappresentano un’emergenza medica e solitamente richiedono una trasfusione di sangue per evitare possibili danni a carico dei reni.
C’è inoltre da aggiungere che, nei neonati e nei bambini molto piccoli, elevate concentrazioni di bilirubina potrebbero depositarsi nel cervello con conseguenze come danno cerebrale e ritardo mentale, per esempio. Per questo, come vedremo fra poco, una diagnosi precoce del deficit di G6PD è molto importante.
Favismo: come diagnosticarlo, trattarlo e prevenirlo
Per diagnosticare il favismo è generalmente sufficiente un prelievo di sangue che consente di valutare il livello di enzima G6PD nell’organismo. In alcune regioni è stato inoltre introdotto lo screening neonatale che permette di verificare la presenza di favismo nei bambini appena nati, utile a fini preventivi.
Attualmente non esistono terapie mirate per risolvere questa condizione e l’unico modo per evitare di andare incontro a possibili gravi conseguenze è rappresentato dalla prevenzione, evitando quindi quelle sostanze che potrebbero provocarle.
Chi sa di avere una carenza dell’enzima G6PD dovrebbe, in particolare:
- non mangiare le fave, e fare attenzione anche ai minestroni misti che potrebbero, tra gli altri ingredienti, contenerle. Consigliamo inoltre di valutare con il proprio medico l’assunzione di altri legumi, come ad esempio i piselli.
- Non usare farmaci che potrebbero causare anemia emolitica: a questo proposito, è possibile consultare il documento specifico realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità e AIFA, l’Agenzia Italiana del farmaco, per sapere quali rientrano in questa categoria. In ogni caso, sarà il medico a fornire tutte le informazioni del caso ed è sempre bene rivolgersi a lui per qualsiasi dubbio.
Diagnosticare il prima possibile questo deficit genetico, dunque, è l’arma più efficace che abbiamo per ridurre il rischio di incorrere nelle problematiche determinate dal favismo.
La diagnosi precoce, in generale, è lo strumento migliore per prevenire o scoprire in tempo numerose malattie e intraprendere il percorso terapeutico più efficace per far fronte alla malattia.
Il medico di base rappresenta la principale figura a cui affidarsi in caso di domande circa la propria salute: sarà lui, infatti, a indirizzarci verso eventuali esami, se necessari. Inoltre, avere a disposizione un servizio come Card Esami e Visite di SiSalute è sicuramente utile perché permette sottoporsi a visite e accertamenti diagnostici a prezzi scontati fino al 30% rispetto a quelli sul mercato. La Card consente di prenotare subito, presso le strutture sanitarie convenzionate con SiSalute senza liste d’attesa, e non pone limiti al numero di esami effettuabili.
Conoscevate il favismo e i sintomi che comporta?
Fonti:
uppa.it
aieop.org
ospedalebambinogesu.it
amicopediatra.it
osservatoriomalattierare.it
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