Perché è importante parlare di autostima dei bambini
L’infanzia è una fase cruciale della vita di una persona, non ci sono dubbi. Così come è innegabile la fondamentale influenza che hanno genitori, nonni, educatori, istruttori nell’aiutare il bambino a crescere in salute da tutti i punti di vista, compreso quello psicologico. Ed è proprio in questo ambito che entra in gioco il concetto di autostima che viene definito dalla dottoressa Simonetta come “il pensiero che il bambino ha di se stesso che, tecnicamente, definiamo modello operativo interno. È molto importante che esso sia del tipo vado bene così come sono.”
Questa visione si forma entro i primi 6 anni di vita del bambino o della bambina e, per questa ragione, è importante non sottovalutare gesti o commenti che potrebbero avere conseguenze anche a lungo termine. Ciò è particolarmente importante tra genitori e figli: “Questa relazione è fondamentale – spiega la dottoressa – ed è altrettanto fondamentale che mamma e papà trasmettano fiducia, solidarietà, sostegno ed incoraggiamento. Così facendo, infatti, nella mente del bambino si forma un modello operativo positivo fondato sulla convinzione di essere un “bravo bambino” e di avere un valore solo per il fatto di esserci.”
Questa è, dunque, la base dell’autostima. Al contrario, “se dalla relazione di attaccamento con i genitori emerge una stima di sé che lo porta a non sentirsi adatto così com’è, l’effetto è che il bambino o la bambina avranno molte più difficoltà ad affrontare qualunque situazione nella vita scolastica, sportiva o relazionale che lo metta in condizione di insuccesso.”
Basta poco per gettare le basi di quella che, con il tempo, si può trasformare in una bassa autostima perché proprio nei primi anni di vita si forniscono al bambino gli strumenti per attuare strategie di resilienza e coping che gli saranno utili per l’intera vita.
Quali sono gli atteggiamenti da evitare?
Secondo la dottoressa Simonetta, è cruciale che i genitori siano consapevoli di quanto ogni loro parola, gesto, commento possa avere influenza sul futuro dei propri figli. “L’atteggiamento dovrebbe essere sempre empatico e propositivo, ma soprattutto mai giudicante”, spiega sottolineando come sia certamente utile, quando un figlio combina qualcosa di sbagliato o prende un brutto voto, fargli notare l’errore, ma senza lasciarsi sfuggire frasi come “hai sbagliato perché sei proprio stupido o tonto.”
Ciò che fa la differenza è, appunto, attribuire la responsabilità dell’errore ad un atteggiamento o ad uno sbaglio della persona e non alla persona stessa: “non bisogna mai esprimere giudizi sulla persona del bambino e in particolare non devono farlo i genitori che nei primi 6 anni di vita, e volte anche oltre, rappresentano la voce della coscienza”. Anche se non ci facciamo caso, aggiunge e chiarifica la dottoressa Simonetta, tutto ciò che diciamo viene registrato e contribuisce alla creazione di quel modello operativo interno che determina l’autostima anche da adulto.
A tal proposito, è assolutamente da evitare la tendenza a spingere i figli a fare attività non adatte o fissare aspettative scolastiche troppo alte rispetto alle potenzialità del bambino: in questi casi, i fallimenti innescano facilmente quel meccanismo per cui si sente esso stesso una delusione per mamma e papà, che invece dovrebbero ascoltarlo e aiutarlo a migliorare.
Conseguenze ed effetti di un atteggiamento giudicante
Non è semplice enumerare le conseguenze di una bassa autostima da bambini nelle persone una volta cresciute: “potrei raccontare di decine e decine di casi – riflette l’intervistata – ma mi preme partire dal fatto che questo tipo di giudizi trasmessi ai figli li rendono inibiti, insicuri, timidi, incapace di affrontare positivamente e con il sorriso sulle labbra il cambiamento”. Non mancano i casi in cui il sentirsi incapaci di essere all’altezza delle aspettative dei genitori si trasforma in iperattività: il bambino in questo caso, spiega la dottoressa Simonetta, agisce per non sentire l’autostima bassa, il muoversi è il suo modo di fare “rumore” e non sentire il peso della situazione.
Dal punto di vista generale, l’effetto più grave è proprio l’insinuarsi a livello profondo di un diffuso senso di incapacità di affrontare non solo gli obiettivi dei genitori, ma anche ciò che datori di lavoro, colleghi, amici si aspettano dalla persona che, di conseguenza, farà fatica ad affermarsi.
Come aumentare l’autostima dei bambini: i consigli della psicologa
“Dal momento che un genitore che esprime giudizi negativi sul figlio e non sull’attività, che non lo sostiene e che ha pretese troppo elevate di comportamenti rispetto all’età o alla mansione, può essere certo che sta andando nella direzione sbagliata”, conclude la dottoressa Simonetta e questi sono proprio gli elementi da cui partire per avere un atteggiamento positivo per aumentare l’autostima dei bambini.
Si consiglia, poi, di mantenere atteggiamenti propositivi, supportivi e mirati a spronare i figli e dare sempre il meglio di sé e migliorarsi: “correggere gli errori è naturalmente importante, ma il mio suggerimento è quello di dare spunti e indicazioni per evitare che il bambino lo faccia di nuovo. Restiamo, in altre parole, concentrati su quello che ha fatto e non su chi è.”
In secondo luogo, è utile permettere ai figli di partecipare ad attività dove possono avere dei rimandi di efficacia”, ovvero feedback positivi su quanto sono in grado di realizzare, senza arrabbiarsi per qualche incidente di percorso, soprattutto se è funzionale ad una crescita.
Non si può prescindere, inoltre, ad una comprensione profonda dei bisogni dei figli, soprattutto dal punto di vista emotivo che sono ben diversi da quelli dei genitori. “Andrebbero del tutto eliminate frasi come “non avere paura”, “non devi arrabbiarti” oppure “non devi provare vergogna” – spiega la dottoressa Simonetta – perché tutte le emozioni sono positive e vanno validate.” Il punto è, piuttosto, imparare a farsi forza e ad affrontare anche ciò che spaventa perché la paura è assolutamente normale e, da adulti, sappiamo bene che esiste.
“Immaginiamo il bambino o la bambina che si trova ad avere paura – riflette l’intervistata – ma il papà o la mamma aveva detto di non averla: ecco, in quella situazione ci sarà un drastico calo di autostima e di fiducia.”
Un ruolo cruciale, infine, è quello di tutte le persone che hanno a che fare con i bambini fino ai 12/14 anni, quindi compresi educatori, insegnanti, allenatori. “Va bene, infatti, l’idea di insegnare e correggere, ma sempre con questa modalità di supporto, sostegno e incoraggiamento.”
È possibile, a tal proposito, migliorarsi ed imparare anche giocando, grazie alla tecnologia e alla sanità integrativa. Da un lato, infatti, è stata creata l’app UniSalute Junior che, per raggiungere questo obiettivo, coinvolge alcuni tra i personaggi Disney più amati dai bambini come Topolino, Pippo e Pluto che accompagnato i più piccoli attraverso un percorso di domande e attività tutte finalizzate ad apprendere uno stile di vita corretto, sano per il corpo e per la mente. Dall’altro, Protezione Famiglia Ragazzi, la polizza per bambini tra i 4 e i 18 anni, include un articolato programma per la prevenzione dell’obesità infantile. Grazie al supporto degli esperti di UniSalute, sarà possibile mettere in pratica un percorso per migliorare la dieta e la propensione all’attività motoria, assicurando ai figli un futuro in salute.
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