Di vulvodinia si sta parlando, per fortuna, sempre più frequentemente, anche grazie al lavoro di attiviste e divulgatrici che utilizzano la loro notorietà per fare informazione sul tema, spesso online e grazie ai social network.
In ultima battuta, il 3 maggio 2022 è stata presentata alla Camera una proposta di legge che mira a riconoscere, nei Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale, proprio la vulvodinia e la nevralgia del pudendo.
In questo articolo approfondiremo le cause di questo disturbo, le modalità di diagnosi, i sintomi e le possibili cure della vulvodinia.
Che cos’è la vulvodinia
La vulvodinia è una neuropatia che comporta un’infiammazione delle terminazioni nervose presenti nella vulva e nei tessuti vulvari. Di vulvodinia, in Italia, soffre circa il 15% delle donne in età fertile (dai 18 ai 45 anni circa): quindi 1 donna su 7.
La vulvodinia rientra anche di diritto tra i cosiddetti disturbi del dolore sessuale, visto che il momento in cui la persona con vulvodinia percepisce normalmente più fastidio e dolore è proprio durante i rapporti sessuali penetrativi e, in generale, la stimolazione fisica sessuale della zona vulvare.
Tuttavia, il fastidio, che può arrivare a essere debilitante, provocato dalla vulvodinia non è connesso unicamente ai rapporti sessuali e può presentarsi anche durante comunissime azioni quotidiane, dall’indossare un paio di slip all’inserire un assorbente interno, dal camminare al praticare sport.
In particolare, l’intensità e la frequenza del dolore sono da attribuire alla localizzazione e alle caratteristiche dell’infiammazione.
Vulvodinia e vestibolodinia sono la stessa cosa?
È proprio la localizzazione di questa neuropatia a stabilire la differenza tra la vulvodinia, che interessa tutta la zona vulvare nella sua interezza, e la vestibolodinia, che riguarda “solo” il vestibolo vulvare, che va dalla clitoride all’ingresso vaginale.
La vestibolodinia, che può essere considerata una variante più lieve della vulvodinia (per quanto comunque molto fastidiosa e debilitante), riguarda l’80% delle persone affette da questa infiammazione.
Altre localizzazioni della vulvodinia riguardano la clitoride (clitoridinia) e l’uretra (uretrodinia).
Quali sono i sintomi della vulvodinia
I sintomi della vestibolodinia e della vulvodinia variano da donna a donna e possono manifestarsi con intensità differenti a seconda della localizzazione dell’infiammazione, dell’età della persona interessata e dello stile di vita della donna.
In generale, i sintomi di vulvodinia più riconosciuti e riportati da chi soffre di questo disturbo sono i seguenti:
- bruciore e prurito vulvare;
- frequente bisogno di urinare;
- incontinenza;
- dolori nei rapporti sessuali penetrativi;
- dolori durante la masturbazione;
- fastidi o dolori a toccare e sfiorare la zona interessata;
- percezione di scariche elettriche nervose nella zona vulvare;
- irritazione;
- secchezza;
- gonfiore.
Molti di questi sintomi peggiorano e si intensificano durante o subito dopo i rapporti sessuali penetrativi, rendendo a volte quasi impossibile la penetrazione o la masturbazione, ma la presenza di vulvodinia trascende il fatto che la persona abbia una vita sessuale attiva: ciò significa che i fastidi possono presentarsi anche durante la quotidianità.
Come si arriva a una diagnosi di vulvodinia?
Sebbene a soffrire di vulvodinia sia, come dicevamo, il 15% delle donne in età fertile, ancora oggi questo disturbo è avvolto da numerosi tabù, molta disinformazione e non è facile per chi ne soffre arrivare a una diagnosi chiara.
Tutte le testimonianze su questo disturbo hanno dei tratti in comune: moltissime donne, infatti, riportano di aver iniziato a soffrire di neuropatia del pudendo in concomitanza con il primo rapporto sessuale. Spesso i fastidi si manifestano in modo spontaneo, anche al di fuori della sfera intima. È fin troppo frequente, in questi casi, che le donne che presentano questi sintomi debbano vivere per anni senza una diagnosi chiara.
Per fortuna, come abbiamo accennato inizialmente, negli ultimi anni il dibattito sulla vulvodinia ha preso sempre più piede. I social network hanno aiutato ad amplificare la consapevolezza e la conoscenza di queste neuropatie: è proprio grazie ad attiviste e donne che hanno parlato di valvulopatie sui media che moltissime ragazze hanno potuto riconoscersi in quei sintomi e arrivare più facilmente a una diagnosi.
Naturalmente, a diagnosticare ufficialmente questa condizione è solo e soltanto il ginecologo, che si premurerà di sviluppare un’anamnesi approfondita e di effettuare analisi meticolose dei tessuti vulvari, sia a occhio nudo sia con strumentazioni ginecologiche apposite.
In particolare, il ginecologo sottoporrà la paziente allo “Swab test”, inserendo un cotton fioc nella regione vestibolare ed esercitando una leggera pressione in più punti: se la reazione al tocco sarà di dolore o bruciore, il test indicherà la presenza di un’infiammazione.
Quali sono le cause della vulvodinia?
Solo di recente si è iniziato a svolgere studi e ricerche più approfonditi sul tema della vulvodinia: ecco perché è ancora così difficile per le donne affette arrivare a una diagnosi e, soprattutto, ecco perché non ci sono ancora certezze in merito alle cure e alle cause di questo disturbo.
Si tende ad attribuire le maggiori responsabilità di questa neuropatia alle infezioni vaginali o vescicali ricorrenti, come cistiti o candide, ma anche all’abuso di antibiotici appartenenti alla classe dei fluorochinoloni, o ai traumi fisici generati da cadute sul coccige, biopsie vulvo-vaginale, pap-test, abusi sessuali o parti vaginali difficoltosi.
Come si cura la vulvodinia?
A oggi non esiste una cura definitiva per la vulvodinia o la vestibolodinia. Esistono tuttavia, a seconda della localizzazione dell’infiammazione e della sua intensità, numerose terapie che il ginecologo potrà consigliare alla paziente, con l’obiettivo di diminuire le manifestazioni di dolore e alleviare i fastidi, come:
- assunzione di farmaci anticonvulsivanti;
- assunzione di farmaci antidepressivi ciclici (che possono portare sollievo a molte malattie neuropatiche, come appunto la vulvodinia);
- percorsi di riabilitazione del pavimento pelvico;
- uso di anestetici locali, come la lidocaina in gel o in crema.
Alcuni accorgimenti per alleviare la vulvodinia e la vestibolodinia
Altri accorgimenti non riguardano strettamente l’ambito medico e/o ginecologico, ma fanno parte della cura e dello stile di vita della persona. Molte donne affette da vulvodinia hanno infatti riportato di trarre giovamento da:
- uso di biancheria di cotone non troppo aderente;
- uso di vestiti non aderenti;
- prodotti per l’igiene intima non aggressivi;
- uso di lubrificanti per agevolare la vita sessuale;
- prodotti per l’igiene intima emollienti;
- alimentazione antinfiammatoria (ricca quindi di frutta, verdura e pesce, ma povera di carni lavorati e alimenti grassi o fritti);
- uso di assorbenti esterni di cotone;
- attività fisiche che non generino sfregamenti vulvari.
Come è considerata la vulvodinia in Italia
Nonostante ad oggi siano quasi quattrocentomila le donne che soffrono di vulvodinia in Italia, questa patologia è ancora semi-sconosciuta e le cure palliative non sono coperte dal Sistema Sanitario Nazionale.
Come dicevamo all’inizio dell’articolo, il 3 maggio 2022 è stata presentata alla Camera una proposta di legge che ha l’obiettivo di dichiarare la vulvodinia una malattia cronica e invalidante, con tutte le esenzioni e facilitazioni economiche che ne conseguono.
Un riconoscimento di questa malattia sarebbe un passo avanti per andare incontro alle difficoltà che molte donne sperimentano nel lavoro e nel normale svolgimento delle proprie attività quotidiane. Non solo: la legge si batte affinché il percorso di diagnosi e le successive terapie vengano ufficialmente riconosciute dal SSN, dal momento che risultano particolarmente onerosi da un punto di vista economico.
Avevate mai sentito parlare della vulvodinia? Conoscevate i sintomi con cui riconoscere questo disturbo?
Fonti:
issalute.it
nurse24.it
vulvodinia.online
humanitas.it
3 commenti
Articolo molto interessante. Vorrei sapere, per rimanere in tema, come viene trattata l’endometriosi sia dal punto di vista legale che assistenziale.
L’endometriosi è un’altra malattia ginecologica debilitante e mutilante e assolutamente dolorosa.
Grazie.
Articolo molto interessante. Giusto per irmanere in tema, mi piacerebbe sapere come viene considerata l’endometriosi. Anche l’endometriosi è una malattia invalidante e mutilante, oltre ad essere molto dolorosa, e la percentuale di donne affette da endometriosi è veramente elevata: 15% delle donne in età fertile. Ma, per esperienza, so che non si guarisce di endometriosi nemmeno con l’entrata in menopausa. E’ legalmente riconosciuta come malattia invalidante? E voi di Unisalute come la trattate? Grazie.
Ciao Marina, se sei interessata all’argomento ti suggeriamo di leggere questi approfondimenti che abbiamo dedicato all’endometriosi: https://blogunisalute.it/endometriosi-diagnosi/ e https://blogunisalute.it/endometriosi-e-gravidanza/ Facci sapere cosa ne pensi.