Tumore alle ovaie: un inquadramento generale
I dati della Onlus Alleanza contro il cancro definiscono il tumore ovarico come “l’ottava causa di morte tumorale tra le donne, in crescita in tutti i paesi industrializzati. In Italia i nuovi casi sono circa 6 mila all’anno e i decessi sono più di 3.600”. Una storia familiare di malattia oncologica rappresenta un fattore di rischio e recenti studi indicano che nel 15%-20% dei casi di tumore alle ovaie, l’origine è genetica, causata dalla mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Si tratta di geni definiti oncosoppressori poiché agiscono come inibitori della moltiplicazione delle cellule anomale, tuttavia, se si ereditano dalla madre o dal padre BRCA1 e BRCA2 difettosi (in presenza, quindi, di modificazione), perdono il loro valore protettivo e si è più esposti allo sviluppo di una neoplasia: il rischio di un tumore ovarico aumenta di circa 30-50 volte in più rispetto ad una persona senza mutazione. Questi due geni non sono gli unici coinvolti nel tumore ovarico e, in generale, le mutazioni genetiche note oggi sono solo una piccola parte. Un aspetto che ci aiuta a capire perché, come ci racconta la dott.ssa Turchetti, le pazienti cui si consiglia il test genetico per il tumore ovarico non sono donne sane bensì, il più delle volte, donne con la neoplasia già in atto. Approfondiamo questo aspetto.
Tumore alle ovaie e test genetico: chi dovrebbe farlo?
La dottoressa ci racconta che “fino al 2015 il test genetico si faceva se c’era una storia familiare tale da far sospettare una mutazione ereditaria (o più casi di tumore al seno o associazione seno e ovaie). Negli ultimi due anni, invece, si è visto che anche le donne con tumore ovarico senza familiarità avevano notevoli probabilità di essere portatrici di mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 e che quindi fare questo test era utile anche in assenza di storia familiare”. Questo è particolarmente importante perché sempre negli ultimi anni sono stati identificati dei farmaci che agiscono con molta efficacia specificatamente nelle donne con tumore ovarico con mutazione BRCA1 e BRCA2. “Per questi due motivi si è iniziato a fare il test in tutte le donne con carcinoma ovarico, salvo alcune forme specifiche in cui si può già escludere un’associazione con le mutazioni BRCA”.
Sono gli stessi oncologi e ginecologi, oggi molto molto sensibilizzati, ad indirizzare le donne al percorso di consulenza oncologica, di cui ci sono centri nelle varie Regioni.
Perché il test genetico?
“Negli ultimi due anni abbiamo visto un incremento delle donne che si sono sottoposte al test genetico e in un 25% dei casi era presente la mutazione di questi geni: si parla di 1 donna su 4”. Perché questo è importante? “Innanzitutto perché queste donne possono così effettuare la terapia farmacologica apposita che sta dando risultati positivi, in secondo luogo perché il test permette di identificare famiglie in cui altre donne possono avere ereditato la mutazione e che possono essere sottoposte alla prevenzione e a un’osservazione specifica, quindi quando la donna è ancora sana”.
Fare prevenzione, anche se il tumore già esiste
Il fine ultimo di questi test è la prevenzione, per cui l’idea diffusa è che venga eseguito solo nella donna sana. Tuttavia non è così perché lascerebbe grossi problemi di interpretazione: “questo perché i geni BRCA 1 e BRCA2 non esauriscono tutte le forme ereditarie, ce ne sono altri più rari e ancora sconosciuti, pertanto fare un test genetico per trovare le mutazioni di BRCA1 e BRCA2 in persone sane, seppur con familiarità, è poco efficace. Un esito negativo al test, quindi potrebbe significare che la paziente è a rischio standard, ovvero con la stessa probabilità di ammalarsi della popolazione generale, ma potrebbe anche significare invece che è portatrice di altre mutazioni ad alto rischio diverse da quelle identificabili con il test attualmente disponibile.
Capiamo subito che i risultati, se negativi, si prestano a interpretazioni estremamente complesse: comunicare ad una paziente sana che si sono trovate mutazioni varianti sconosciute, significa farla entrare in uno stato d’ansia, magari inutilmente; ugualmente la donna non può essere rassicurata”, motivo per cui offrire il test con queste premesse pone dei dubbi anche dal punto di vista etico. “Riserviamo questa possibilità solo a rarissimi casi in cui c’è una familiarità talmente forte da dare un’alta probabilità che quella persona abbia una mutazione, anche se è sana. Questo approccio nella sanità pubblica è standard, con delle piccole variabili che possono cambiare da Regione a Regione”.
Quindi, se al centro di consulenza genetica si presentano donne sane con una storia di familiarità, esistono due strade per stimare il loro rischio di sviluppare un tumore alle ovaie:
- coinvolgere loro familiari affette dal tumore con test genetico
- se non ci sono familiari disponibili, valutare il rischio di quella persona sulla base della storia familiare e delle caratteristiche individuali, attraverso software che utilizzano modelli probabilistici e, in base alla percentuale di rischio, inserire la persona in programmi di sorveglianza (controlli ed esami periodici) ad hoc”.
Ai familiari un test mirato
Il modo migliore di procedere, in ottica di prevenzione, è quindi fare il test su una persona della famiglia affetta da tumore ovarico, che abbia caratteristiche tali da far sospettare che sia di tipo ereditario: “perché in questo modo abbiamo un caso indice rappresentativo. Questa persona viene sottoposta a test genetico completo su entrambi i geni BRCA1 e BRCA2 e così, se viene individuata un’alterazione, abbiamo identificato il difetto genetico causativo. Così, conoscendo la mutazione familiare, andiamo a proporre alle altre persone della famiglia un test specifico e mirato solo alla ricerca della mutazione già individuata”. Ciò significa che le familiari di quella donna sapranno con certezza se hanno ereditato o meno la mutazione. Se è così, si parte con un programma di prevenzione.
In cosa consiste il test genetico BRCA1 e BRCA2
Si tratta di un prelievo del sangue “con il quale estraiamo il DNA costituzionale della paziente e, con metodiche di biologia molecolare, isoliamo i geni BRCA1 e BRCA2. In questo modo, riusciamo a determinare la sequenza del gene in quella persona, che viene confrontata con quella che è la sequenza normale. In questo modo possiamo trovare varianti patologiche, che di fatto sono quelle che stavamo cercando”. Nel test mirato ai familiari, invece, si può procedere con un prelievo ematico oppure salivare. “Tutto questo – specifica la dottoressa – all’interno di una consulenza genetica che prevede incontri, supporto psicologico e passaggi graduali. Il test genetico è solo uno strumento all’interno di un processo molto più ampio”.
Tumore ovarico: cosa avviene se il test genetico è positivo?
Prima di arrivare al test viene fatta una consulenza genetica completa, analizzando albero genealogico e informando passo passo la paziente, fino ad arrivare ad una decisione informata di sottoporsi all’esame. “Se risulta positivo, l’oncologo prende atto della presenza della mutazione. In questo caso, può decidere di utilizzare un farmaco che si chiama Olaparib, comunemente usato nella terapia di mantenimento dopo la chemioterapia standard a base di platino e taxani, oppure di inserire la donna in protocolli sperimentali che studiano i nuovi farmaci di cui abbiamo parlato”.
E i familiari? “Ogni familiare di I° grado di una donna con mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 ha il 50% di probabilità di aver ereditato la mutazione. Per cui, nei centri di consulenza genetica è possibile sottoporre queste persone ad un test mirato, per verificare se la mutazione sia stata ereditata o meno . Quando il risultato è positivo, la donna viene inserita in programmi di prevenzione specifici per donne a rischio genetico”.
È utile a questo punto specificare quanto sottolinea l’intervistata, per dare un quadro completo delle casistiche e della complessità dell’oncologia genetica: “nelle donne ad alto rischio, soprattutto se hanno già avuto figli o sono in menopausa, si propone l’asportazione chirurgica di ovaie e tube, per prevenire l’insorgenza del tumore. Naturalmente sono casi particolari, di donne in cui la possibilità di sviluppare il tumore è molto elevata, in cui è stata verificata la presenza della mutazione. Per le altre si attua la sorveglianza, con ecografie transvaginali regolari ed altri test”.
Tumore ovarico e test genetico: dove farlo
Esistono vari centri in Italia, per cui ci si può informare facendo riferimento alla propria azienda sanitaria locale, all’oncologo o al proprio ginecologo. Il Policlinico Gemelli di Roma, inoltre, nel 2015 ha inaugurato il primo servizio nazionale per il test genetico del tumore alle ovaie. Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, la dottoressa Turchetti ci racconta che “nel 2011 è uscita una delibera regionale con la quale è stata organizzata una rete per il rischio ereditario del tumore mammario e ovarico e sono stati identificati 4 centri (Hub) dove si effettuano la consulenza e il test genetico: Parma, Modena, Bologna e Meldola”. Oltre a questi esistono più centri, i cosiddetti Spoke della rete, in cui “viene fatta una prima selezione delle donne da avviare al percorso di consulenza genetica, anche per la sorveglianza senologica intensificata, quando ci sia un rischio aumentato di sviluppare il tumore (rispetto alla popolazione generale), non solo su base genetica”. In Emilia Romagna gli Spoke sono 13, uno per ogni AUSL, tra cui Bologna, Ferrara, Modena e le altre città più popolose.
Il tumore alle ovaie è aggressivo e per questo particolarmente pericoloso, tuttavia, sapere che esistono queste importanti possibilità di prevenzione e terapia, con centri di eccellenza in Italia, rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro le neoplasie. Ne eravate già informate?
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