Ascoltare i segnali che il nostro corpo ci invia è una parte sostanziale di ogni percorso di cura. Ma cosa facciamo se i sintomi sono praticamente invisibili? Ce lo chiediamo, ad esempio, rispetto alle malattie del sangue: come la maggior parte dei nostri processi ematici, infatti, la formazione di un trombo è una dinamica impercettibile alla nostra sensibilità, che può avvenire nei vasi qualora ristagnino globuli rossi, globuli bianchi e fibrina, la proteina utilizzata nella coagulazione del sangue. Poiché i trombi sono formazioni responsabili di numerose patologie a carico del sistema cardiovascolare, è bene conoscere i rischi di una predisposizione all’ipercoagulabilità del sangue, anche nota come trombofilia. Molti degli esami clinici dedicati sono di tipo non invasivo: aspetto, questo, che favorisce e agevola l’iter di prevenzione. Capiamo ora insieme quali sono le cause, i sintomi e i fattori di rischio connessi al manifestarsi di questa patologia.
Trombofilia: comprendere i sintomi
La trombofilia è a tutti gli effetti una malattia, nella fattispecie una malattia tromboembolica venosa. In quanto tale essa viene diagnosticata principalmente:
- a carico dei vasi degli arti inferiori
- all’altezza dei vasi del piccolo bacino
- al livello della circolazione polmonare
Per cui, tra i sintomi che potrebbero metterci in allarme, particolare attenzione meritano stati di gonfiore e tensione a una o a entrambe le gambe, oppure un dolore toracico all’atto della respirazione profonda. Anche un’alterazione della colorazione della pelle può risultare sospetta, così come la presenza di circolazione venosa superficiale sui nostri arti. Eventuali stati del genere dovranno essere riferiti con precisione al nostro medico curante, il quale valuterà insieme a noi l’iter di controllo ottimale.
Tuttavia, proprio perché la trombofilia è per lo più asintomatica, risulta fondamentale adottare misure di controllo preventive, soprattutto se la nostra storia clinica ci ha visti o ci vede tuttora alle prese con patologie come:
- piastrinosi
- diabete
- aterosclerosi
- malattie neoplasticheche potrebbero aver compromesso il regolare flusso arterioso all’interno dei nostri vasi.
Le cause della trombofilia: è genetica?
All’origine di una malattia tromboembolica venosa troviamo dunque molteplici cause, che generalmente vengono identificate come congenite oppure acquisite. Esiste cioè una percentuale di casi in cui un organismo è geneticamente predisposto a formare dei trombi nei vasi sanguigni, ad esempio per via di una carenza di proteine nel nostro organismo; un eventuale dubbio tal senso potrà essere sciolto da un test del DNA che indaghi la predisposizione genetica a sviluppare patologie cardiovascolari.
Nel resto dei casi, tuttavia, l’alterazione della coagulazione del sangue è una conseguenza di alcune condizioni patologiche, quali:
– neoplasie maligne
– cardiopatie
– malattie del sangue
– collagenopatie
– sindromi nefrotiche
– paralisi degli arti inferiori e, in generale, tutte le condizioni connesse a un’immobilità prolungata, come a seguito di un decorso post-operatorio.
Rispetto alla trombofilia, sia essa manifesta o sospetta, esistono dunque diversi fattori di rischio acquisiti: ecco perché è importante avere cura della propria salute in ogni fase della vita, adottando uno stile di vita corretto e sottoponendosi a percorsi di screening ad hoc per l’individuazione di patologie cardiovascolari.
I rischi della trombofilia in gravidanza
Fare prevenzione è tanto più importante quanto più si va incontro a periodi particolari della vita che corrispondono spesso ad alterazioni sostanziali del nostro equilibrio psico-fisico. Uno di questi momenti è la gravidanza che, in assenza di precauzioni cliniche, potrebbe essere complicata dalle eventuali conseguenze di una trombofilia.
Tra le alterazioni fisiologiche connesse allo sviluppo fetale, alcune sono infatti rilevabili anche a carico del nostro sistema emocoagulativo. In altre parole, in gravidanza aumenta il livello delle sostanze responsabili del processo di coagulazione del sangue.
Ecco perché la circolazione materno-fetale potrebbe essere compromessa da un’eventuale trombofilia, che deve essere dunque diagnosticata in tempo per scongiurare il rischio di trombosi placentare o di rallentato accrescimento intrauterino.
Tra gli esami clinici dedicati alle donne in stato di gravidanza, lo screening di trombofilia si configura come il più completo iter diagnostico anche in soggetti asintomatici, soprattutto in presenza di una storia familiare di tromboembolismo venoso.
Curare la trombofilia: quali esami?
L’aumento della coagulabilità del sangue rappresenta un rischio per la salute, proprio perché è un fenomeno che il nostro corpo non percepisce, spesso asintomatico. Abbiamo visto come, nel caso della trombofilia, anche i sintomi meno conclamati meritino di essere approfonditi attraverso un percorso sanitario specifico: la finalità è prevalentemente quella di ottenere una diagnosi differenziale, che escluda cioè altre patologie i cui aspetti sono identici o molto simili a quella da cui probabilmente siamo affetti. Per isolare una trombofilia venosa profonda, la nostra diagnosi punterà quindi ad escludere:
- eventuali affezioni muscolo-tendinee o osteoarticolari
- patologie del circolo linfatico e/o arterioso
- danni cutanei o a carico dei tessuti molli
Da un punto di vista operativo, l’esame di riferimento è l’ecocolordoppler, perché valuta i movimenti del nostro flusso sanguigno attraverso una sonda che sfrutta l’effetto Doppler e restituisce traccia di eventuali variazioni di frequenza sospette, che potrebbero corrispondere a un trombo a livello della parete di un vaso. L’ecocolordoppler è un esame non invasivo e dalle controindicazioni minime, che si basa su una tecnica di imaging avanzata. Grazie a queste caratteristiche, può essere ripetuto anche a breve distanza da chi avesse bisogno di monitorare la propria frequenza sanguigna.
Gli accertamenti ecografici sono determinanti per definire il tipo di cure da intraprendere: in molti casi si tratterà di una terapia anticoagulante o di un iter trombolitico, finalizzata cioè a favorire il riassorbimento del trombo.
La prevenzione come soluzione
Le patologie cardiocircolatorie, come abbiamo visto, compromettono il nostro equilibrio microbiologico e possono aggravare un quadro clinico già compromesso (come nel caso dei traumi post-operatori) in maniera eclatante. In altri casi, come per la trombofilia, i sintomi sono silenti e necessitano di essere sondati con maggiore attenzione, attraverso un esame attento delle cause cliniche e dei fattori di rischio. Ma a cosa andiamo incontro quando intraprendiamo un percorso di screening?
Partendo dalla necessità di effettuare un primo gruppo di esami ematici e numerosi altri in seguito, la stima annuale dei costi potrebbe risultare fuori portata per molti di noi. Non solo: grazie all’attenzione sempre maggiore degli esperti al benessere psichico del paziente, oggi sappiamo quanto sia importante curarsi presso un centro ambulatoriale di fiducia, che ci ispiri sicurezza e sia conveniente rispetto alle esigenze nostre e di chi si prende cura di noi.
Proprio pensando a tali esigenze che UniSalute ha formulato un piano sanitario ad hoc, che copre sia i controlli diagnostici di alta specializzazione che gli esami di routine. Nell’ambito dei pacchetti assicurativi, Protezione Famiglia si distingue appunto perché offre una consulenza specialistica dedicata alle patologie cardiovascolari, disponibile in ogni momento dell’anno, presso un numero sempre crescente di centri medici convenzionati.
E voi mettete in pratica le corrette pratiche di prevenzione? Controllare spesso la salute del vostro cuore?
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