Il rientro al lavoro dopo la maternità può essere un momento molto delicato per una donna che ha appena avuto un figlio. Le nuove esigenze familiari da gestire rendono impegnativo il ritorno alle attività lavorative, sia da un punto di vista psicologico sia organizzativo, in quanto la cura del bambino, solitamente, ricade per gran parte sulla mamma. Insomma, conciliare l’essere mamma con la carriera non è mai semplice. Per questa ragione, la legge italiana prevede alcune tutele per le lavoratrici al termine del congedo di maternità, al fine di agevolare il loro ritorno al lavoro e garantire il loro benessere. Tra le tutele previste dalla legge per le mamme lavoratrici ci sono il divieto di licenziamento, la possibilità di richiedere variazioni dell’orario di lavoro e la facoltà di ottenere la maternità facoltativa: ne parliamo in modo dettagliato nei prossimi paragrafi.
Come funziona il rientro al lavoro dopo la maternità in Italia
Prima di entrare nel dettaglio del rientro al lavoro, è necessario spiegare il funzionamento della maternità obbligatoria, in Italia. Si tratta di un periodo di astensione dal lavoro previsto per le lavoratrici madri prima e dopo il parto. Varia in base alle necessità della madre, ma di norma inizia due mesi prima della data presunta del parto e si prolunga per i tre mesi successivi al parto, per un totale di cinque mesi.
Durante la maternità obbligatoria, la lavoratrice ha diritto alla conservazione del posto di lavoro e a un’indennità pari all’80% del proprio stipendio, che viene pagata dall’INPS – per i privati – o dal datore di lavoro – per i dipendenti pubblici.
La maternità obbligatoria, essendo flessibile, può essere utilizzata anche dal mese precedente al parto e per i quattro mesi successivi. La legge di bilancio 2019 ha introdotto la possibilità di usufruire della maternità obbligatoria solo dopo il parto, per un periodo completo di cinque mesi. Tuttavia, quest’ultima opzione richiede l’approvazione di un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, per attestare che l’opzione scelta non comporti rischi per la salute della madre e del feto.
La data del ritorno al lavoro dopo la maternità, dunque, dipende dal modo in cui la madre ha deciso di sfruttare questo periodo.
In ogni caso, secondo il Testo Unico di maternità e paternità, l’azienda non può far lavorare una donna durante una parte della gravidanza e nel primo periodo di vita del bambino. Questo è un importante diritto che garantisce la salute e il benessere della madre e del piccolo.
Diritti e tutele della donna al rientro al lavoro dalla maternità
Dopo il congedo di maternità, la madre ha diritto di chiedere anche il congedo parentale, noto come maternità facoltativa. Questo prevede la sospensione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 12 anni del bambino, per un periodo complessivo tra i due genitori di 10 o 11 mesi. Tuttavia, l’indennità spettante alla lavoratrice o al padre è del 30% dello stipendio o anche nulla, a seconda dei casi.
Inoltre, la legge prevede altri diritti per le madri che devono tornare al lavoro, come il divieto di licenziamento fino al compimento di un anno di età del bambino, tranne nel caso di cessazione dell’attività dell’azienda. Se la madre invece sceglie di non tornare al lavoro, può dare le dimissioni volontarie, ma non avrà diritto all’indennità di disoccupazione. Fino all’anno di età del bambino, è possibile richiedere anche l’allattamento, che consiste in un’ora di permesso al giorno per i contratti part-time e due ore per i contratti full-time.
Per ritardare o rendere meno impegnativo il rientro al lavoro, è anche possibile utilizzare le ferie maturate. Tuttavia, la richiesta di aggregare le ferie alla maternità è facoltativa per l’azienda e dipende dalle sue necessità organizzative, quindi non è da dare per scontato che questa opportunità venga concessa. In alternativa, si può chiedere di lavorare part-time, riducendo l’orario di lavoro e lo stipendio. Anche in questo caso, l’azienda ha la facoltà di accettare o rifiutare la richiesta, poiché il lavoro part-time comporta dei costi per l’impresa.
La realtà del rientro al lavoro dalla maternità in Italia
La maternità obbligatoria e quella facoltativa sono diritti fondamentali per le lavoratrici madri, che prevedono, come abbiamo visto, diverse tutele. La più importante è il rientro al lavoro mantenendo il proprio ruolo, mansione e retribuzione.
Tuttavia, in Italia, alcune aziende disincentivano la permanenza della dipendente attraverso demansionamenti o distaccamenti presso altre unità produttive, spesso lontane dalla residenza. È importante sottolineare che tali azioni sono illegali e che la lavoratrice ha il diritto di mantenere posizione, mansione e retribuzione, al rientro dalla maternità. In caso contrario, è possibile denunciare l’azienda per discriminazione di genere e violazione dei diritti lavorativi.
La legge prevede infatti che, al termine del periodo di astensione obbligatoria, la madre lavoratrice abbia il diritto di conservare il proprio posto di lavoro e di rientrare operativa nella stessa unità produttiva o in un’altra situata nello stesso Comune. Solo dopo il primo anno di età del bambino sarà possibile un eventuale trasferimento, se giustificato da esigenze tecniche, organizzative o produttive reali dell’azienda.
Garantire i diritti delle madri lavoratrici e un sereno rientro al lavoro dopo la maternità è fondamentale per ogni azienda che desidera garantire equità e pari opportunità.
Le leggi a tutela della maternità sono state introdotte per garantire che le donne non siano discriminate per questo motivo, e che la loro carriera non ne risenta. Per assicurare un completo rientro delle mamme lavoratrici, le aziende dovrebbero avere politiche flessibili, come la possibilità di ricorrere al tempo parziale, che consentono alle donne di avere un equilibrio tra vita privata e professionale. Inoltre, i datori di lavoro dovrebbero fornire sostegno e assistenza alle madri lavoratrici durante il loro periodo di maternità, come le visite mediche di controllo.
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