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Epicondilite: cos’è e come si cura il gomito del tennista

È un disturbo cronico che interessa i muscoli estensori dell’avambraccio e causa molto dolore, arrivando a rendere difficoltoso il movimento dell’articolazione: parliamo dell’epicondilite, comunemente definita “gomito del tennista”. Se non trattata in modo adeguato questa sindrome infiammatoria può anche portare alla perdita della funzionalità del braccio. Quali sono le sue cause, come si previene e, soprattutto, quali sono le possibili risposte terapeutiche? Vediamolo insieme.

Epicondilite o “gomito del tennista”: cos’è e quali sono le cause

Il gomito del tennista è un’infiammazione degenerativa delle fasce muscolari e dei tendini che si innestano sull’epicondilo, la sporgenza laterale dell’omero. Si manifesta a causa di un sovraccarico funzionale provocato dalla continua e ripetuta sollecitazione dei muscoli epicondiloidei, gli stessi che consentono di estendere il polso e le dita della mano.

gomito del tennista sintomi

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A dispetto del nome con cui questa sindrome è conosciuta, a soffrirne non sono solo gli sportivi, ma tutti quei  soggetti che, in virtù di attività lavorative particolarmente usuranti, sono portati a reiterare i movimenti di gomito, polso e mano: è il caso, ad esempio, di chi usa quotidianamente strumenti come trapani o martelli pneumatici. All’origine di questo disturbo, ci sono spesso anche movimenti leggeri, come l’uso del mouse o della tastiera del computer. Inoltre, può sviluppare l’epicondilite anche chi è affetto da malattie reumatiche o da altre patologie infiammatorie.

La fascia d’età maggiormente colpita è quella che va dai 30 ai 50 anni.

Quando l’infiammazione interessa la parte interna del gomito o la parte mediale si parla di gomito del golfista (epitrocleite).

Sintomi dell’epicondilite

L’epicondilite porta con sé sintomi di diversa intensità, tra cui:

  • dolore e gonfiore nella parte esterna del gomito (quella dell’epicondilo laterale) che si innesca nell’atto di afferrare gli oggetti o se la parte viene sottoposta a pressione;
  • difficoltà nel compiere la maggior parte dei movimenti del gomito, sensazione che si accentua in estensione, in sollevamento e torsione: molti pazienti riferiscono addirittura di non riuscire più a girare la maniglia della porta o ad aprire un barattolo;
  • debolezza nella presa, anche in caso di oggetti piccoli o leggeri;
  • sensazione dolorosa che si irradia lungo tutto l’avambraccio, nei casi più gravi anche a riposo.
come curare il gomito del tennista

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Diagnosi

Riconoscere e trattare l’epicondilite in modo tempestivo è importante per evitare che questa sindrome degeneri. Allo stadio iniziale il fastidio è lieve, ma non va sottovalutato, ecco perché alle prime avvisaglie è opportuno rivolgersi a un ortopedico che, nel corso della visita, verificherà l’insorgenza del dolore al gomito durante l’estensione del polso.

Di fronte a questa condizione il primo approccio diagnostico è la palpazione del gomito in corrispondenza dell’epicondilo. In caso di sospetta infiammazione del tendine si effettua un esame strumentale: tecniche come l’ecografia, la radiografia, la TAC e la risonanza magnetica consentono allo specialista di escludere la presenza di artrite e di valutare il grado di ispessimento delle fasce interessate, fattore determinante per la scelta del tipo di trattamento più idoneo, conservativo o chirurgico.

Trattamenti: quali sono le terapie più efficaci?

La cura del gomito del tennista punta principalmente a eliminare l’infiammazione attraverso trattamenti conservativi, che consentono al paziente di riconquistare la propria quotidianità e di tornare alle normali attività. L’intervento chirurgico viene preso in considerazione solo nei casi in cui l’approccio conservativo non abbia prodotto risultati apprezzabili.

epicondilite ghiaccio

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Trattamenti conservativi

I trattamenti conservativi per la cura del gomito del tennista vengono sempre abbinati al riposo del muscolo interessato: il paziente dovrà dunque evitare il movimento attivo del polso fino alla guarigione. Nello specifico, per trattare l’epicondilite si ricorre a:

  • terapie topiche con antinfiammatori in pomata, gel o schiuma;
  • impacchi di ghiaccio;
  • applicazione di un tutore all’avambraccio, all’altezza del gomito o, in alternativa, al polso;
  • infiltrazione locale di cortisonici (nei casi più gravi, si protraggono da molto tempo);
  • distensione e rinforzo della muscolatura attraverso movimenti specifici da compiere per minimizzare il rischio che l’infiammazione torni a manifestarsi;
  • terapie fisiche locali come laser, ultrasuoni, onde d’urto e fisiokinesiterapia.

Trattamento chirurgico

L’opzione chirurgica viene presa in considerazione nel 5-10% dei casi: a fronte di risultati non apprezzabili con le terapie conservative la scelta obbligata passa per il bisturi. Questo tipo di trattamento consiste nell’eliminazione delle fasce rese spesse dall’infiammazione in modo da consentire ai segmenti muscolari che si fissano sull’epicondilo di distendersi. Dopo il trattamento chirurgico il paziente deve osservare un periodo di riposo della durata di circa venti giorni. Cruciale in questa fase è la fisioterapia che, nel rispetto dei tempi di guarigione dei tessuti, inizia con mobilitazioni passive da svolgere con il supporto del fisioterapista, per poi passare a movimenti da effettuare in autonomia. Riposo e sessioni di esercizio sono gli elementi chiave per normalizzare la situazione ed evitare nuove manifestazioni dolorose.

epicondilite cura

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Prevenire il gomito del tennista

La prevenzione dell’epicondilite consiste nel minimizzare i fattori di rischio, il che si traduce in poche semplici accortezze da mettere in pratica nella vita quotidiana, come:

  • evitare il sovraccarico di muscoli e tendini;
  • fare attenzione a non sforzare eccessivamente il braccio e il gomito;
  • tenere sotto controllo possibili danni diretti connessi a movimenti scorretti o all’eccessiva estensione dell’avambraccio.

In generale per prevenire l’epicondilite può essere utile effettuare alcuni semplici esercizi per fortificare la muscolatura del braccio, ecco un paio di esempi:

  • impugnare una palla da tennis e stringere forte effettuando 10-15 ripetizioni in serie da tre con un intervallo da 2-3 minuti;
  • in piedi, con il braccio disteso verso il basso e il palmo della mano rivolto verso l’alto impugnare un manubrio da 1-2 kg, poi flettere ed estendere l’avambraccio tenendo il braccio aderente al tronco. Anche in questo caso ripetere l’esercizio 10-15 volte in serie da tre.

Come abbiamo visto, il gomito del tennista rientra tra le sindromi legate a lavori usuranti o ad attività sportive che, portate avanti nel tempo, compromettono la funzionalità dell’epicondilo. Ecco perché tra le principali regole di prevenzione c’è il monitoraggio dello stato di salute del tendine: questo permette l’intervento tempestivo in caso di sovraccarico funzionale e danni diretti.

Che si soffra di gomito del tennista o che si debba iniziare un trattamento riabilitativo dopo l’intervento, la soluzione spesso passa per un buon programma di fisioterapia, un’esigenza a cui si può far fronte scegliendo un piano assicurativo pensato proprio per questo tipo di esigenze, come Fisioterapia di UniSalute.

 

E voi conoscevate la sindrome del gomito del tennista?

 

Fonti:
– humanitas.it
– ior.it

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