Tuttavia, attribuire le cause a soli fattori e condizionamenti esterni, sarebbe semplicistico: al centro dei principali dca c’è, infatti, un problema di relazione e, naturalmente, una sofferenza interiore, che va indagata.
Non a caso, nel convegno che UniSalute ha voluto dedicare alla salute dei giovani, “La salute si impara da piccoli”, che si è tenuto a Bologna sabato 8 settembre, ho voluto intitolare il mio intervento “La dieta psicologica: l’importanza della relazione in famiglia”.
La dieta psicologica, tra mancanza di ascolto e dipendenza
L’anoressia, la più diffusa tra i dca, è una malattia che appartiene, prevalentemente, al mondo occidentale. La definisco “la patologia della comunicazione”, della relazione. In realtà alla base di questo dca c’è la mancanza di comunicazione e una volontà di controllo e perfezionismo. Le persone anoressiche appartengono spesso a famiglie in cui non si parla, pur esistendo tra le cause anche una componente genetica.
Nell’ambiente delle ragazze anoressiche, manca l’ascolto, anche perché molte famiglie oggi si ritrovano insieme solo la sera e invece di condividere i momenti belli e brutti della giornata, le impressioni e anche le preoccupazioni, cenano guardando la televisione. L’anoressia, quindi, è un modo per dire “io esisto”, per cui più il corpo diventa magro, più riesco a farmi notare dagli altri. Anche il cervello, però, dimagrisce. Infatti, noi vediamo solo il dimagrimento fisico, ma l’atrofia cerebrale che si viene ad instaurare determina fissazioni e rigidità del pensiero, che aggravano la condizione di salute e necessitano di un intervento psicologico.
La bulimia, invece, è una vera e propria dipendenza dal cibo, più facile da nascondere, perché è una malattia che può non mostrare i segni del dimagrimento. Anzi, a volte si aumenta di peso con la paradossale determinazione di voler dimagrire (in assenza di eliminazione attraverso il vomito).
Oggi è inoltre possibile individuare alcuni nuovi disturbi del comportamento alimentare, legati al mutare della società e dei suoi canoni estetici: è il caso dell’ortoressia, che porta a consumare solo pochi selezionati alimenti, considerati sani, o del binge eating, un tipo di alimentazione compulsiva che può portare all’obesità nel 30% dei casi.
Qui si apre un grosso dibattito, nel mondo scientifico, su dove porre e come interpretare l’obesità. Perché si aumenta di peso senza curarsi della propria immagine? Se ci si pensa lo stress può facilmente indurre a mangiare continuamente senza quasi rendersene conto, quasi a riempire un vuoto della propria vita che non si riempie con il cibo. Pertanto la task force contro l’obesità non può che essere multidisciplinare: pediatra, neuropsichiatra infantile, psicologo e nutrizionista devono collaborare insieme. Molti e molteplici sono i rapporti tra anoressia e obesità e noi sappiamo molto poco di queste interazioni.
I segnali cui prestare attenzione
C’è una caratteristica che accomuna, in particolare, la ragazza anoressica e quella bulimica: il volersi far del male, non trovando altra strada per risolvere un problema profondo.
Queste ragazze lottano prima di tutto con se stesse perché si colpevolizzano tantissimo e invece di affrontare un problema, si rinchiudono in se stesse. Ecco perché uno dei campanelli di allarme che un genitore può osservare, è l’isolamento del figlio, il cambiamento di umore, l’allontanamento dai coetanei. Nel caso specifico di anoressia e bulimia, inoltre, un genitore deve preoccuparsi quando la ragazza è ossessionata dall’obiettivo di perdere peso (se già normopeso) o se va sempre in bagno dopo la conclusione del pasto.
Accettare la malattia per poter guarire
Spesso le persone affette da questi disturbi esprimono due evidenti personalità in conflitto fra loro, quasi come una sorta di schizofrenia, pur non trattandosi di questo. Sul piano psichiatrico o scientifico, certamente molte di loro ci raccontano che sono combattute e lottano non riuscendo più a capire qual è la persona reale e questo perché il senso della realtà lentamente viene perduto.
Il primo obiettivo della cura è, quindi, rendere la persona consapevole del fatto di essere malata, attraverso la cosiddetta motivazione alla malattia che, naturalmente, deve coinvolgere anche la famiglia. A volte i genitori ci impiegano molto tempo, perché non riescono subito a percepire la gravità della situazione e, soprattutto, perché le ragazze con dca fanno tante promesse che poi, chiaramente, non riescono a mantenere facendo precipitare la situazione.
Un primo passo, come Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Sant’Orsola di Bologna e come Fa.Ne.P., la Onlus che da oltre 30 anni sostiene bambini e ragazzi affetti da dca e da malattie neuropsichiatriche, è aiutare a ricostruire il legame con la famiglia, spezzato a causa della malattia. Sappiamo infatti che per un genitore non è semplice vivere e convivere con un figlio che presenta un disturbo del comportamento alimentare: alcuni si mettono subito in discussione, altri, invece, non riescono a capire il perché e molti ancora pensano sia solo un capriccio.
Una delle garanzie che abbiamo, (ricordiamo che non esiste una terapia sicura e standard per l’anoressia e la bulimia) ci conferma che prima si riesce ad intervenire più probabilità ci sono di guarire.
Infatti, per fortuna si può guarire completamente.
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