Dieta per bambini: perché è importante seguire un’alimentazione sana
“Alimentarsi in maniera corretta – spiega il dottor Pession – ha un ruolo fondamentale nello sviluppo globale della persona. Un’alimentazione attenta è quella che, garantendo un apporto energetico adeguato e bilanciato nei vari nutrienti, favorisce una crescita regolare e un ottimale sviluppo psicomotorio durante l’infanzia.”
Tuttavia le abitudini sane non possono essere limitate solo ai bambini, e proprio per questo motivo entra in gioco il concetto di alimentazione consapevole. In questo caso, specifica il pediatra, si fa riferimento a tutte quelle regole di educazione alimentare apprese durante i primi anni di vita che poi sono utili anche in seguito. Infatti, “i bambini, anche piccoli, sono in grado di limitare la quantità di energia fornita dall’alimentazione, ma non di scegliere una composizione bilanciata della propria dieta. Questo è un compito educativo dei genitori, un investimento a lungo termine sul mantenimento di un adeguato peso corporeo e sulla prevenzione di condizioni quali obesità, ipertensione, diabete… responsabili di un sensibile peggioramento nella qualità e nell’aspettativa di vita.”
Dieta e crescita: come cambia l’alimentazione
La dieta dei bambini varia e si evolve di pari passo con la crescita e questo perché dipende da due fattori fondamentali: le necessità nutrizionali e le acquisizioni motorie. Possiamo individuare quattro fasce di età indicative, a partire dalla nascita del bambino fino all’età prescolare durante le quali questi due elementi si intrecciano e condizionano in maniera significativa l’alimentazione e a cui dobbiamo prestare attenzione.
0-6 mesi di vita
Nei primi 4/6 mesi di vita del bambino, la sua dieta è esclusivamente lattea. “Meglio – aggiunge il dottor Pession – se con latte materno con supplementazione di vitamina D.” Questa opzione è determinata non solo dal fabbisogno nutrizionale del neonato, ma anche dalla sola innata capacità di suzione che rende inutile qualsiasi altro alimento più denso.
Lo svezzamento
“Nel periodo compreso tra i 4 e i 6 mesi di vita – spiega il pediatra – il solo latte, materno o di formula, non è più sufficiente a garantire un adeguato apporto di nutrienti. Inoltre il bambino comincia ad acquisire alcune capacità, come il controllo del capo e il mantenimento della posizione seduta, che rendono più agevole e sicuro iniziare lo svezzamento, ovvero introdurre alimenti diversi dal latte, uno alla volta, aumentando poi progressivamente le consistenze.” Anticipare questa fase, è importante sottolinearlo, aumenta il rischio di aspirazione e di inadeguato apporto energetico, mentre ritardarla può determinare deficit di energia e nutrienti come il ferro: “la conseguenza potrebbe essere una scarsa crescita e una maggiore difficoltà nello sviluppare le capacità necessarie ad assumere alimenti solidi”.
2 anni
A partire dal secondo anno di vita, il bambino impara a bere dal bicchiere, portarsi il cibo alla bocca da solo, masticare in maniera efficace. “I genitori, allora, possono offrigli degli alimenti solidi, seppur morbidi o che si sciolgano facilmente in bocca, tagliati in pezzi.”
Età prescolare
In età prescolare il bambino imparerà ad usare dapprima il cucchiaio e successivamente le altre posate, oltre a saper gestire in modo più efficace i meccanismi di difesa delle vie aeree, potrà quindi assumere con autonomia crescente gli stessi alimenti solidi degli adulti, ma attenzione alle dosi: “le porzioni dovranno essere inferiori!”
Importante sottolineare, infine, che durante l’infanzia, in modo assoluto nei primissimi anni di vita, i cibi non vanno addizionati di sale o zucchero.
Quali sono i nutrienti essenziali da non trascurare nella dieta dei bambini?
Innanzitutto bisogna ricordare che la quantità di energia fornita dall’alimentazione è strettamente dipendente dall’età, dal sesso e dall’attività fisica dei bambini così come degli adulti. “Le percentuali di nutrienti da cui è composta – illustra il dottor Pession – variano leggermente a seconda della fascia d’età, ma si tratta indicativamente del 10-15% di proteine, 30% di grassi e 55-60% di carboidrati. Nella prima infanzia non ci sono restrizioni alla tipologia di grassi e al colesterolo, purchè se ne rispetti il quantitativo globale.”
Quando si fa riferimento all’apporto proteico, è importante prestare attenzione al fatto che la maggioranza dovrebbe derivare da fonti ad alto valore biologico: “solitamente prodotti animali, che contengono la gamma completa degli aminoacidi essenziali”. Il dottor Pession precisa, poi, che la maggior parte delle fonti alternative, come legumi, cereali, noci, semi e verdure, non hanno un contenuto di aminoacidi essenziali comparabile. “Inoltre, la carne garantisce anche un elevato apporto di ferro in forma eme, quello con maggiore biodisponibilità.”
Fondamentali sono frutta e verdura, proposte più volte al giorno, variandole per assicurare ai bambini il corretto apporto di vitamine e minerali. “Degna di menzione, tra le altre, la vitamina C che favorisce l’assorbimento del ferro.” Una buona soluzione è quella di utilizzare anche i succhi di frutta che possono contribuire fino al 50% della quota giornaliera, purché si tratti di prodotti non zuccherati.
Latte sì o no?
Una questione a sé è quella rappresentata dal latte vaccino e dai suoi derivati. Il dottor Pession ci aiuta a fare chiarezza: “nel primo anno di vita va utilizzato quello materno o quello di formula specifico per il mese di vita. La composizione di entrambi, dal punto di vista nutrizionale, è sovrapponibile. L’unica accortezza è la supplementazione di vitamina D nei bambini allattati esclusivamente al seno, con l’aggiunta di vitamina B12 se la mamma che allatta segue una dieta vegana.”
A partire dai 12 mesi di vita del bimbo va introdotto anche il latte vaccino, meglio se intero all’inizio e poi parzialmente scremato, prestando anche in questo caso attenzione alle porzioni, “tali da non ridurre l’appetito per gli alimenti solidi” suggerisce il pediatra. “Così come è importante che qualsiasi latte animale sia addizionato con calcio e vitamina D.”
Buone e cattive abitudini: i consigli del pediatra
Esistono buone abitudini che, come genitori, possiamo mettere in pratica tutti i giorni per cercare di favorire buone pratiche dal punto di vista alimentare. Per esempio, si tratta di incoraggiare l’assunzione di tutti i pasti, rendendo il pranzo o la cena un momento di condivisione familiare, in un luogo dedicato.
Mangiare con i genitori, infatti, fa bene, come dimostrato anche da alcune recenti pubblicazioni scientifiche: Pession aggiunge che “adeguare supporti, utensili e preparazioni all’età del bambino ed essere d’esempio con corretti regimi alimentari sono le buone abitudini che tutti i genitori dovrebbero introdurre e mantenere.”
Mano a mano che i figli crescono, inoltre, è buona norma coinvolgerli con responsabilità crescenti nella cura dei pasti, scegliendo gli alimenti insieme e preparando alcune ricette semplici e sane. L’obiettivo, secondo l’intervistato, è che attraverso un rinforzo positivo su scelte salutari in casa si possa favorire la scelta di alimenti salutari anche fuori.
Assolutamente da evitare sono, invece, tutte quelle abitudini che contrastano con quanto appena affermato: “saltare uno o più pasti, rendere il momento dell’alimentazione dispersivo e poco regolamentato, con distrazioni come la televisione, mangiare in presenza del bambino cibi diversi da quelli che gli si offrono, soprattutto se poco salutari, arrendersi ai primi rifiuti di un nuovo alimento cedendo ai capricci”.
A differenza di quanto si pensa, invece, è una buona idea incoraggiare la sperimentazione: “giocare col cibo è normale nel secondo-terzo anno di vita, così come abbandonare progressivamente la bottiglia a favore del bicchiere entro il secondo anno.” Bisogna inoltre ricordare che i bambini sono in grado di autolimitare la quantità di cibo che assumono in base alle necessità energetiche: forzare l’alimentazione è quindi assolutamente sconsigliabile.
Merende, snack e bibite: si possono inserire nella dieta?
“Va innanzitutto ribadito che nei primi anni di vita l’aggiunta di zuccheri è da limitare: evitata nei primi due anni e ridotta a non più del 5% dell’intake energetico totale (circa 25 g, 100 kcal) successivamente.” Inoltre, il pediatra aggiunge che le bibite andrebbero evitate: sì ai succhi 100% frutta, no a tutto ciò che è lavorato o zuccherato. “Anche il consumo di succo di frutta – specifica l’intervistato – andrebbe comunque limitato poiché non garantisce un adeguato apporto di fibre e di tutti i nutrienti presenti nella frutta fresca e spesso contiene un’eccessiva quantità di zuccheri, con rischio di carie, diarrea, meteorismo.” Per gli stessi motivi andrebbe scoraggiato l’utilizzo di snacks confezionati, da sostituire con frutta fresca, verdura cruda, yogurt e altre alternative più salutari.
Un’alimentazione corretta sin dall’infanzia favorisce un adeguato accrescimento ed un’ottimale acquisizione delle potenzialità psicomotorie. È inoltre fondamentale per il mantenimento di una corretta composizione corporea. “Nel lungo termine – conclude il pediatra Pession – ciò si traduce in migliori condizioni globali dell’individuo, minori valori pressori, minor BMI, minor rischio di diabete e complicanze cardiovascolari e quindi in una migliore qualità e aspettativa di vita.”
Avete mai escogitato qualche soluzione giocosa per convincere i vostri figli a mangiare volentieri i cibi sani?
2 commenti
Scusate, ma svezzamento a 4 mesi non si può sentire.
Ci sono regole fondamentali prima di iniziare: riflesso di estrusione assente, deve saper stare seduto autonomamente e a 4 mesi è impossibile direi.
Inoltre scrivere che il solo latte, materno o di formula, non è più sufficiente a garantire un adeguato apporto di nutrienti è una gran baggianata!!! Il latte materno o di formula deve rimanere l’alimento principale per il primo anno di vita!!!
Leggetevi l’OMS, per favore e date corrette informazioni
Salve Pamela, innanzitutto grazie per questa opportunità di approfondimento su un tema così importante quale quello dell’alimentazione nel primo anno di vita. Abbiamo sottoposto il suo commento al dottor Pession, che ha chiarito nel dettaglio questo punto. Il bambino, già dall’età di 4 mesi, è in grado di digerire qualsiasi alimento, di metabolizzarlo senza alcun particolare sovraccarico renale e la maturazione digestiva viene stimolata dal cibo ingerito. Questo non vuol dire che riesca ad assumere cibi solidi, a meno che non siano già raggiunte le adeguate tappe di maturazione neuromotoria. L’età in cui i bambini maturano tali competenze che li porteranno ad iniziare l’alimentazione complementare variano molto da bambino a bambino e possono comparire anche a 9 mesi. Nella maggioranza dei casi dunque l’età in cui si può iniziare con sicurezza il divezzo è tra il quinto e il sesto mese.
Il latte materno è alimento di primaria importanza e l’inizio graduale e progressivo di una alimentazione complementare non toglie nulla al valore nutrizionale di esso e non lo sostituisce mai completamente. Da tenere però presente il rischio di una alimentazione esclusivamente lattea dopo i 6 mesi di vita soprattutto riguardo alla carenza di ferro, specie se legata ad una carenza marziale materna in gravidanza e/o durante l’allattamento.
Speriamo di essere stati esaustivi. Grazie per essere intervenuta e buona serata.