In uno degli appuntamenti per la nostra rubrica social #IlMedicoRisponde, abbiamo intervistato il dott. Mauro De Dominicis, referente urologo e responsabile dell’ambulatorio di Urologia della clinica Sanatrix di Roma, per approfondire l’argomento e parlare più nel dettaglio della calcolosi urinaria.
Calcoli urinari: cosa sono e come si formano?
“Nelle urine c’è un concentrato di sostanze chimiche che possono determinare la formazione dei cristalli all’interno delle urine stesse”, spiega De Dominicis. “I calcoli urinari, che comunemente vengono chiamati ‘sassolini’, sono delle masse dure che si sviluppano proprio a partire da questi cristalli”. Possono trovarsi nei reni e restare al loro interno, nel sistema collettore renale (dove si forma l’urina vera e propria), oppure passare attraverso l’uretere e giungere alla vescica”.
Il processo di formazione è paragonabile a quanto accade quando si mette lo zucchero nel caffè: “se la concentrazione dello zucchero è molto alta, esso precipita sul fondo della tazzina del caffè”, continua l’intervistato. “Se la concentrazione degli agenti chimici presenti nelle urine è elevata, questi precipitano e determinano quindi la formazione dei cristalli, che si aggregano tra di loro nei calcoli urinari, attraverso dei legami molto forti. Fortunatamente, nelle nostre urine ci sono anche delle sostanze che contrastano regolarmente questo processo”.
Da cosa sono formati i calcoli urinari?
La natura dei calcoli urinari può essere varia: “la più frequente è la calcolosi di ossalato di calcio, che costituisce l’80% dei casi. A seguire, abbiamo i calcoli di acido urico e come terzo i calcoli di fosfato di calcio. Da non sottovalutare e da non dimenticare sono i calcoli da infezione”, aggiunge l’intervistato, “che spesso determinano delle situazioni molto complesse e rischiose per il paziente: a volte, possono avere come conseguenza delle sepsi importanti e vanno trattati nel minor tempo possibile”.
I calcoli da cistinuria
Tra le cause che portano alla comparsa dei calcoli urinari, infine, il dottor De Dominicis ricorda una malattia molto rara, “la cistinuria, che determina, soprattutto in età giovane, calcolosi complesse. I pazienti che ne soffrono, a causa dell’elevata recidività del problema, spesso sono sottoposti a interventi multipli nell’arco della loro vita”.
Come riconoscere i calcoli urinari: i sintomi
Abbiamo chiesto all’intervistato di parlarci dei campanelli di allarme, ossia quei segnali che permettono di capire che una persona potrebbe soffrire di calcolosi urinaria: “nella maggior parte dei casi, c’è la classica colica renale, ovvero un dolore molto forte al fianco sinistro o destro, improvviso, che spesso sopraggiunge durante le ore notturne”.
La colica è causata in genere da calcoli che dal rene si muovono nell’uretere, il condotto che porta l’urina dal rene alla vescica. Lì il calcolo causa un’ostruzione: l’urina passa con difficoltà, il rene si gonfia e la distensione del rene è la causa di questo dolore molto forte.
“Ci possono essere altri segni e sintomi che possono far sospettare una calcolosi urinaria, tra questi il sangue nelle urine: questo è dovuto al fatto che il calcolo può in qualche modo determinare delle lesioni nel suo movimento sulla mucosa delle vie urinarie, che si danneggia e sanguina”. Bisogna quindi eseguire degli accertamenti di diagnostica per immagini per accertare la situazione.
Un altro caso sospetto, infine, ricorda l’intervistato, sono le infezioni persistenti nelle urine: “anche queste necessitano di ulteriori approfondimenti, sempre attraverso una ecografia”.
La diagnosi di calcolosi urinaria
L’ecografia è l’esame più utilizzato per diagnosticare la calcolosi urinaria. “In primo luogo si eseguono sempre un’ecografia renale e vescicale, quindi una dell’apparato urinario, che ci può far vedere dei segni diretti o indiretti di calcoli”.
Se i calcoli si trovano nel rene, si vedrà nei risultati il classico cono d’ombra del calcolo: quindi “un’immagine bianca con un’immagine scura subito sotto. Se invece c’è un calcolo nell’uretere, che spesso con l’ecografia non è possibile identificare, si vede una dilatazione del rene: vuol dire, quindi, che nell’uretere c’è un calcolo che ostruisce la via escretrice, ovvero impedisce il corretto passaggio dell’urina dal rene alla vescica”.
In questo caso, spesso con l’ecografia non è possibile individuarlo, ma è necessaria un’indagine di seconda scelta, la TAC, che permette di individuare qualunque formazione calcifica all’interno dell’apparato urinario.
Terapia e cura per la calcolosi
Per quanto riguarda la terapia e la cura della calcolosi, come ricorda il dottor De Dominicis, “molto dipende dalla grandezza del calcolo e dalla sua posizione. Per quelli piccoli, intorno ai 5-6 mm, che hanno circa circa l’80% di possibilità di essere espulsi spontaneamente, l’urologo deve comunque provare, prima di fare qualunque altro tipo di trattamento, una terapia espulsiva che preveda l’utilizzo di cortisone e agisca quindi anche sull’infiammazione. I farmaci determinano una dilatazione dell’uretere, quindi favoriscono l’espulsione del calcolo. Nel momento in cui il paziente ha dolore, il medico consiglierà degli antalgici”.
Bombardamento con laser o ultrasuoni
Quando i calcoli sono di maggiori dimensioni, ci sono diverse tecniche mirate alla frantumazione e all’eliminazione dei frammenti. “In primis, c’è il classico bombardamento esterno, che prevede l’uso di ultrasuoni o laser, indicato soprattutto per calcoli renali non di grosse dimensioni e per calcoli non localizzati nella parte inferiore del rene”.
Accesso per via naturale o percutanea
Se i calcoli non sono eliminati spontaneamente, si ricorre di preferenza a metodologie mini-invasive, con un accesso per via naturale (l’uretra, la vescica, l’uretere e il rene), oppure per via percutanea, dal fianco del paziente, attraverso degli aghi particolari e dei dilatatori che permettono di accedere all’interno delle vie escretrici in modo da individuare il calcolo e frammentarlo, per poi aspirarne i frammenti.
“Per quanto riguarda il trattamento attraverso le vie naturali”, specifica l’intervistato, “si utilizzano degli strumenti miniaturizzati che permettono di raggiungere il calcolo in qualunque parte della via escretrice, quindi nell’uretere o nel rene o in qualunque calice del rene. Con una fibra laser si può polverizzarlo. Se restasse qualche pezzettino, potrebbe essere estratto con una specie di pinza, in modo da avere la possibilità anche di fare un’analisi chimica/fisica del calcolo per fare un adeguato trattamento preventivo”.
Per i calcoli molto grandi (oltre i 6 mm) posizionati nel rene, il trattamento più indicato è quello per via percutanea, con strumenti che permettono di frammentare e aspirare i calcoli nello stesso momento.
#ILMEDICORISPONDE: il Dott. De Dominicis risponde alle domande dei nostri lettori
Abbiamo selezionato alcune tra le numerose domande arrivate sulla pagina Facebook di UniSalute, rivolte al nostro intervistato.
Calcoli che tendono a formarsi di nuovo, dopo l’intervento
Alcuni lettori vorrebbero sapere come mai, anche dopo l’intervento, i calcoli tendono a riformarsi. Chiedono perciò se sia possibile fare prevenzione e in che modo.
“I calcoli tendono a riformarsi soprattutto in quelle persone che hanno in qualche modo una predisposizione genetica”, risponde De Dominicis. “L’origine non è sempre unica, ma in genere è multifattoriale, dipende da una familiarità, da fattori genetici, alimentari, infettivi, come abbiamo detto, e metabolici. Nel momento in cui il chirurgo o l’urologo trattano una calcolosi, è importante eliminare tutti i frammenti, perché se rimangono all’interno delle vie urinarie fanno da matrice per la formazione di nuovi calcoli”.
Riguardo alla riduzione del rischio, in primis l’intervistato ricorda che è necessario idratarsi durante tutto l’arco della giornata. “Dico sempre ai pazienti che, quando bevono adeguatamente, le urine sono quasi trasparenti: se sono gialle, significa che stanno bevendo poco. Inoltre, ci sono degli integratori a base di citrato di potassio che riducono il rischio della precipitazione dei cristalli all’interno delle vie urinarie”.
È possibile curare un calcolo a stampo?
Stefania domanda al dottore se sia possibile curare un calcolo a stampo, ovvero un calcolo che si estende nel rene e ne occupa anche uno o più calici.
La risposta del medico è affermativa. “Assolutamente sì, il calcolo a stampo è sempre un calcolo complesso da trattare, però se il paziente si rivolge a un centro specializzato può risolvere il problema sia per via ascendente, quindi per via naturale, sia per via percutanea, utilizzando a volte anche le due tecniche insieme, in modo da permettere il più possibile l’eliminazione di tutti i frammenti”.
Ancora sulla prevenzione dei calcoli
Lidia chiede se per i calcoli esiste una predisposizione e un modo per prevenirne la formazione.
“Abbiamo ricordato che c’è una predisposizione nella formazione dei calcoli. Questi pazienti vengono definiti stone former. Nel loro caso, è importante la prevenzione, quindi l’idratazione, anche durante la notte, e una corretta alimentazione in base alla natura dei calcoli. Siccome la calcolosi più frequente è di ossalato di calcio, è necessario avere una dieta povera di sodio, in quanto si è visto che il sale assunto con l’alimentazione è un fattore che contribuisce alla formazione dei calcoli di ossalato di calcio”.
Inoltre, nei pazienti stone former bisogna indagare il metabolismo: “occorre effettuare uno studio metabolico delle sostanze disciolte nelle urine nelle 24 ore e degli esami ematici per vedere se c’è un’alterazione nell’escrezione di alcuni elettroliti presenti nel sangue, che possono determinare un’alterazione del metabolismo. Inoltre, vanno studiate anche le paratiroidi, che sono responsabili del metabolismo e del riassorbimento del calcio a livello dell’organismo: se non funzionano adeguatamente, può presentarsi una calcolosi recidivante e bilaterale”.
Come si tratta la cistinuria?
La lettrice Donatella chiede invece di saperne di più sul trattamento della cistinuria.
“La cistinuria è una malattia genetica rara e colpisce soprattutto i pazienti giovani”, risponde De Dominicis. “In genere causa delle calcolosi molto complesse. Il trattamento inizialmente è farmacologico, perché è necessario sciogliere la cistina, ma è necessaria un’alta compliance del paziente, ovvero la consapevolezza che dovrà di sicuro fare la cura per tutta la vita, o comunque assiduamente, in modo da permettere a questi calcoli di sciogliersi. I farmaci in questione sono la penicillamina e la teobromina, che possono essere nefrotossici, ovvero creare problemi ai reni. C’è bisogno quindi di controlli periodici. Spesso è indicato un trattamento percutaneo che permette di rompere e aspirare i calcoli. Infine, anche per questi pazienti, è fondamentale un’idratazione elevatissima: devono bere almeno dai 4 ai 5 litri al giorno di acqua, in modo da ridurre la concentrazione della cistina all’interno delle urine”.
Bisogna evitare di bere l’acqua del rubinetto?
Infine, la nostra lettrice Giulia chiede se sia vero che per prevenire la formazione di calcoli bisogna evitare l’acqua del rubinetto o si tratta di un falso mito.
“È stato dimostrato scientificamente che l’acqua del rubinetto non aumenta il rischio della formazione di calcoli”.
Abbiamo visto, con il supporto del dottor De Dominicis, come si interviene sulle calcolosi urinarie, a seconda delle varie casistiche. La prevenzione, come sempre, resta fondamentale, soprattutto attraverso il giusto apporto di acqua al nostro organismo.
Avete mai sofferto di calcolosi urinaria?
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