Buoni pasto: l’importanza di un pranzo completo, le nuove regole, i vantaggi per le aziende

I buoni pasto rappresentano un benefit messo a disposizione da un’azienda nei confronti dei propri dipendenti che, per entrambi, può rappresentare un concreto vantaggio. Il lavoratore, infatti, beneficia di ticket dal valore economico fisso da impiegare in alcuni locali convenzionati, risparmiando sul pranzo, ma senza rinunciare ad un pasto completo. L’azienda, invece, può esercitare un incentivo nei confronti dei propri dipendenti senza oneri fiscali aggiuntivi. Sono già 2 e mezzo di lavoratori del settore pubblico (900.000) e privato (1 milione e 600.000) che li usano, soprattutto in bar, gastronomie e ristoranti. Un’esperienza win-win che fa bene alla produttività e alla salute, estremamente gradita dai dipendenti, ma vediamo perché potrebbero esserlo altrettanto per le aziende. Vediamo, dunque, come funzionano i buoni pasto in Italia, anche alla luce delle normative più recenti.

Come funzionano i buoni pasto

Per buono pasto si intende un titolo di pagamento (cartaceo oppure digitale) dal valore determinato che viene dato ad un dipendente, pubblico o privato, da parte del datore di lavoro, affinché lo possa utilizzare in una serie di esercizi convenzionati per effettuare spese legate all’alimentazione. Il valore economico del buono pasto dipende solitamente dall’accordo preso tra l’azienda e la società che li emette, da cui dipende anche la lista di bar, ristoranti, supermercati convenzionati.

Altre caratteristiche e modi d’uso dei buoni pasto prevedono che siano:

  • non convertibili in denaro;
  • utilizzabili per acquistare beni gastronomici;
  • personali (vi è indicazione del codice fiscale del beneficiario) e, dunque, non cedibili;
  • destinabili a tutto il personale, compresi gli stagisti oppure chi non lavora full time per l’azienda.

Buoni pasto: perché piacciono ai dipendenti?

pausa pranzo buoni pasto

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Consumare il pranzo fuori casa ogni giorno fuori, che sia in un bar, in una tavola calda o in un ristorante, rappresenta un problema concreto per molti lavoratori. Le ragioni sono differenti. In primo luogo, il costo oneroso che alla fine del mese va a pesare in maniera consistente sul bilancio dei singoli e delle famiglie. In secondo luogo, anche l’alternativa al bar o al ristorante, ovvero la “schiscia” preparata in anticipo e consumato in ufficio, non è sempre una buona soluzione. Infatti, da un lato non sempre c’è il tempo per preparare piatti e, dall’altro, non tutti gli uffici sono attrezzati per la conservazione di tutti i tipi di alimenti. La scelta ne risulta necessariamente limitata e spesso ricade su piatti molto semplici e poco vari. A perderci non è soltanto la soddisfazione del dipendente, ma anche la sua salute vista l’importanza, ribadita da numerosi studi, di fare un pranzo ricco e variegato.

Il buono pasto, dal punto di vista del dipendente, può rappresentare una soluzione comoda ed efficace, e viene apprezzato per varie ragioni. In primo luogo, lascia al lavoratore piena autonomia di utilizzo e, quindi, può scegliere a quale esercizio convenzionato rivolgersi. Ne consegue anche una maggiore libertà nella scelta del luogo in cui trascorrere la pausa pranzo, e della proposta alimentare, poiché non si è legati  ad un unico esercizio oppure al programma alimentare di un’unica mensa. Inoltre, allontanarsi dall’ufficio per mangiare, anche soltanto per un’ora, aiuta il lavoratore a staccare, rilassarsi e ricaricare le energie per poter tornare, poi, più concentrato e produttivo alla scrivania.

Quali vantaggi per l’azienda?

Dal punto di vista del datore di lavoro, i motivi per cui valutare l’opzione di offrire i buoni pasto ai dipendenti sono molti, a partire dai vantaggi che questo benefit condivide con tutte le policy di welfare aziendale che un’azienda può mettere in campo per andare incontro alla popolazione aziendale. Si parla, dunque, di una maggiore fidelizzazione del dipendente, di un aumento di produttività, di un miglior clima di lavoro in azienda, ma esistono anche dei vantaggi specifici legati all’introduzione del sistema dei ticket per la ristorazione.

Innanzitutto, i buoni pasto consentono al datore di lavoro di risparmiare sui costi di gestione delle pause pranzo. Anche le aziende che non sono dotate di una mensa aziendale, infatti, pagano un’indennità ai dipendenti che però arriva direttamente in busta paga e contribuisce al calcolo del reddito da attività lavorativa, ovvero viene tassata, al contrario di quanto avviene con i ticket.

Si tratta, inoltre, di un sistema che garantisce anche una certa flessibilità che, sul luogo di lavoro, è fondamentale per poter raggiungere gli obiettivi di crescita che vengono posti collettivamente.

welfare buoni pasto

SmartPhotoLab/shutterstock.com

I vantaggi fiscali e le regole in vigore nel 2019

Per incentivare le aziende ad adottare questo metodo per sostituire le mense, i buoni pasto godono di una regolamentazione fiscale agevolata per cui:

  • si può detrarre completamente l’IVA;
  • non concorrono a formare reddito imponibile (IRPEF) a patto che il valore del buono non superi il valore giornaliero di 5,29€;
  • si può detrarre anche l’imposta sul reddito delle società (IRES);
  • sono esenti da oneri contributivi e previdenziali.

Dal 1 ottobre scorso, è possibile stampare ed emettere i nuovi buoni pasto 2019 con scadenza al 31 dicembre 2019. La novità più interessante, introdotta dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) entrato in vigore il 9 settembre 2017 e confermato anche per il prossimo anno, riguarda la cumulabilità dei buoni pasto. È, infatti, consentito al lavoratore l’utilizzo di più di un ticket, fino ad un massimo di otto al giorno, per fare la spesa oppure per mangiare in uno dei locali convenzionati. Di fatto, si tratta di un cambiamento che va nella direzione di un utilizzo più vario dei buoni non soltanto per un pranzo, ma più in generale per supportare il dipendente nella spesa settimanale per sé e per la famiglia.

Il Mise, inoltre, va a specificare e confermare gli elementi obbligatoriamente presenti sul buono pasto, che sia cartaceo oppure digitale:

  • codice fiscale della società di emissione;
  • valore economico del ticket;
  • scadenza;
  • spazio vuoto per poter indicare: data di utilizzo, firma del titolare e timbro dell’esercizio dove viene utilizzato.

Regole semplici e chiare per poter agevolare l’utilizzo di buoni pasto in un numero sempre crescente di aziende. Un trend confermato anche dalle agevolazioni statali per la promozione di tante iniziative di welfare aziendale pensate per andare incontro alle esigenze dei lavoratori e, in particolare, a favorire la salute a 360°. Un dipendente sano è, infatti, un asset imprescindibile per qualsiasi azienda, oltre che per la società nel suo complesso, ed è ormai indubbio il ruolo che giocano alimentazione e attività motoria. L’azienda può fare qualcosa di concreto per promuovere uno stile di vita sano e supportare il dipendente nei momenti di difficoltà, per esempio introducendo servizi di welfare aziendale in ambito sanitario, non necessariamente di tipo assicurativo, come quelli proposti da SiSalute. Si tratta, infatti, di un marchio di UniSalute servizi specializzato proprio nell’accompagnamento dell’azienda ad introdurre benefit flessibili e tagliati sulla propria popolazione aziendale nell’ambito della salute. Conoscevate questa opportunità?

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