alessitimia

Alessitimia: da cosa dipende la difficoltà a riconoscere ed esprimere emozioni?

Il termine alessitimia, coniato negli anni Settanta dagli psicoterapeuti John Case Nemiah e Peter Sifneos, deriva dal greco e descrive la difficoltà a individuare ed esprimere le emozioni (da alexis thymos, dove a è l’alfa privativa che corrisponde a ‘non’, lexis, ‘parole’, e thymos, ‘emozioni’). È una condizione nota da tempo e molto studiata, le cui cause però restano ancora poco chiare. Per comprendere meglio quali ripercussioni ha su chi ne soffre e sui rapporti sociali, come si manifesta e in che modo viene trattata, e quali differenze ci sono con un altro disturbo che abbiamo già trattato sul nostro blog, ovvero quello relativo alle persone anaffettive, abbiamo intervistato la dottoressa Elisabetta Scalambra, psicologa e psicoterapeuta.

Anaffettività o alessitimia?

È utile, per prima cosa, fare una distinzione tra due problemi che spesso possono essere assimilati l’uno all’altro. “Capita frequentemente di confondere, in maniera impropria, un paziente anaffettivo con un alessitimico, o viceversa”, precisa infatti la dottoressa. “In realtà, il primo fa fatica a provare emozioni, mentre il secondo le prova, ma non riesce a riconoscerle e a esprimerle in modo adeguato e consapevole: in quest’ultimo caso, vi è proprio un deficit di vocabolario emotivo”.

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Una persona anaffettiva è incapace di provare ed esternare sentimenti ed emozioni in situazioni dove ciò dovrebbe avvenire in maniera naturale, come per esempio in presenza di un lutto o di una grande gioia. “È una sorta di difesa, che può insorgere a fronte di esperienze negative che portano la persona a proteggersi dall’esterno, che viene ritenuto destabilizzante e, in qualche modo, pericoloso”. Una presa di distanza, quindi, dalle situazioni emotivamente significative: “è come se il soggetto fosse anestetizzato emotivamente, sia in positivo che in negativo”, aggiunge la psicologa. Questo può portare la persona a chiudersi rispetto alle esperienze interpersonali, a evitare l’intimità fino a una vera e propria difficoltà a instaurare relazioni significative. “Il trasmettere all’altro ciò che proviamo, in uno scambio alla pari di sentimenti ed emotività, è alla base dell’amore così come dell’amicizia: la difficoltà nel provare emozioni in determinate circostanze e verso gli altri può portare a un allontanamento per mancanza di empatia, di coinvolgimento, di progettualità”. L’orientamento della persona anaffettiva, quindi, si focalizza verso aspetti più materiali, come ad esempio il lavoro.

Diverso è il problema che riguarda l’alessitimia: vediamo di che si tratta nello specifico.

Che cos’è l’alessitimia?

L’alessitimia o analfabetismo emotivo è un disturbo che colpisce i pazienti che non riconoscono ed esprimono lo stato emotivo. “A questo si sommano l’inconsapevolezza dei sentimenti che si provano unita alla difficoltà nel descriverne gli aspetti, dall’incapacità di interpretare le altrui emozioni, con conseguente assenza di empatia”, precisa per prima cosa la dottoressa.

In questa condizione, “rientrano una serie di caratteristiche di personalità tipicamente ravvisabili in pazienti psicosomatici, i quali in generale hanno un buon adattamento alla realtà, che vive attraverso un pensiero ricco di idee ma povero di emozioni e in assenza di espressione riferita a sentimenti. In queste persone si vanno a sommare problemi che riguardano non soltanto la sfera dei sentimenti, ma anche quella delle percezioni fisiche. Il disturbo che li affligge è la conseguenza di un disagio psicologico che si manifesta attraverso una risposta fisica, una sorta di campanello d’allarme che rappresenta, in maniera manifesta, ciò che in realtà ha natura psicologica. In un modo simile, le persone che soffrono di alessitimia non riescono a distinguere gli stati emotivi e le percezioni fisio-corporee. Non sanno individuare le cause che sottendono la nascita delle emozioni che provano loro stessi o l’interlocutore, non usano un linguaggio idoneo a esprimere i sentimenti”.

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Come si manifesta l’alessitimia

Dal punto di vista psicologico, l’alessitimia provoca numerose alterazioni che si riflettono sulla vita del paziente, dei suoi parenti e di tutti quelli che intraprendono delle relazioni affettive o amorose con lui. Vediamole più nel dettaglio.

La sfera cognitiva e affettiva

Il paziente alessitimico manifesta spesso fantasia e immaginazione scarse. Soffre inoltre di difficoltà nell’interazione con lo spazio circostante, a livello relazionale, sotto forma di dipendenza o tendenza all’isolamento, incapacità di empatia. La capacità espressiva del proprio corpo risulta compromessa, con postura rigida e inespressività del volto, che creano distanza nelle relazioni.

Relazionali significative

I pazienti alessitimici non provano empatia: è quindi comprensibile che il numero e la quantità delle loro relazioni vengano compromesse. “La convivenza con queste persone è certamente complessa”, precisa l’intervistata, “così come lo è l’approccio, vista la palese incapacità di condivisione del sentito e del vissuto emozionale, la mancata predisposizione all’ascolto e alla comprensione. Dal punto di vista delle relazioni amicali e di contesto sociale più ampio, bisogna tenere presente la propensione all’attaccamento dipendente, che può repentinamente trasformarsi in distacco e distanziamento: queste situazioni possono perdurare nel tempo”.

uomini e donne anaffettivi

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Quali sono i fattori di rischio?

Come ricorda la psicologa, l’alessitimia si può trovare in comorbidità con disturbi della personalità, con il Disturbo Post Traumatico da Stress, o anche in presenza di lesioni cerebrali naturali o derivanti da incidenti traumatici. Come abbiamo già anticipato, “è riscontrabile anche una correlazione con disturbi psicosomatici. Inoltre, può diventare un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi dell’alimentazione, abuso di sostanze, disturbi dell’umore e d’ansia”.

Quali sono le cause dell’alessitimia?

Le cause dell’alessitimia sono molteplici e di diversa derivazione, di tipo neurobiologico e psicosociale. “Quest’ultimo aspetto ha certamente una forte responsabilità e riguarda il substrato sul quale l’alessitimia si può sviluppare”, spiega la psicologa. “Per esempio, un ambiente che non lascia spazio, che tarpa le ali, può creare delle  limitazioni nello sviluppo psico-affettivo, perché non c’è una relazione affettiva coerente che permetta al bambino uno sviluppo cognitivo adeguato al riconoscimento e alla gestione delle proprie emozioni, e provoca inoltre delle mancanze nella capacità di modulare lo stato emotivo”.

Anche un’educazione autoritaria, la privazione o la carenza affettiva, così come degli eventi traumatici possono produrre effetti condizionanti e limitanti circa la capacità di conoscere, riconoscere e provare le emozioni, quindi di saperle spiegare. Come afferma l’intervistata, “è difficile definire un’unica causa per l’esordio dell’alessitimia, poiché è un fenomeno complesso che risente di diverse stimolazioni e condizioni sociali, culturali, educative ma anche, di fattori neuro-psico-fisiologici, come abbiamo ricordato”.

Quali sono i trattamenti per l’alessitimia?

Per il trattamento dell’alessitimia, si può prevedere educazione emotiva tesa a far apprendere al paziente la competenza nel riconoscere un sentimento nel momento in cui emerge, assegnargli un nome. In questo modo, potrà poi condividerlo verbalmente con le altre persone. Questo permette un grande passo avanti nella riconquista delle relazioni interpersonali.

“Un percorso di psicoterapia”, conclude la dottoressa Scalambra, “può aiutare queste persone a riappropriarsi delle emozioni, a comprenderle e a migliorare, quindi, la capacità relazionale profonda verso le persone conviventi e non solo. Partendo da sé stessi, con il giusto approccio e seguiti da un professionista, possono realizzare una vera e propria rivisitazione emotiva dello stare nel mondo”.

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    1 commento

  1. Nasciamo tutti con la voglia cosmica di vivere , però anche dalla qualità del parto in poi la voglia può subire danni dipendenti dal tipo di accogliere in particolare della madre e dal clima familiare . Tutti disturbi mentali hanno origine in famiglia e la prevenzione è possibile solo con welfare