Nel 2012 stava preparandosi per la maratona di New York, quando gli diagnosticarono un cancro al polmone e pochi mesi di vita, per cui dovette rinunciare. Da quel giorno Leonardo Cenci, quarantenne perugino, non ha smesso di lottare e attraverso la terapia, una grande determinazione e il fondamentale aiuto dell’attività sportiva, oggi si prepara a completare l’impresa. Il 6 novembre, infatti, Leonardo sarà il primo italiano a correre la maratona di New York con una neoplasia in atto. Per dimostrare a tutti che il cancro si può combattere e che anche le persone malate possono vivere bene e con dignità.
Dopo averlo visto correre alla Run Tune Up, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui, per parlare di come si sta preparando alla grande sfida newyorkese e di come lo sport sia importante nel percorso di cura, anche per alleviare gli effetti della chemioterapia.
Leonardo Cenci verso la maratona di New York
Sei reduce dalla presentazione a Perugia della tua partecipazione alla maratona di New York. Cosa ti spinge a farlo?
Leonardo Cenci: È una sfida nella sfida, ho riconquistato una seconda possibilità perché non avevo potuto correrla nel 2012, quando mi diagnosticarono il cancro al polmone. Ironia della sorte, quell’anno mentre io ero in ospedale con la polmonite, per la prima volta nella storia la maratona non si corse perché ci fu un uragano. E io l’ho letta come un segno divino che mi diceva di pensare a curarmi perché forse New York mi avrebbe aspettato. Quando ero ricoverato nel reparto di oncologia ho visto il terrore negli occhi dei pazienti e delle loro famiglie e mi sono promesso, affidandomi alla fede, che non appena sarei stato meglio mi sarei impegnato per fare del bene, donare un sorriso e una speranza a tutte quelle persone. Così da allora le cose si sono evolute, ho fondato nel 2013 la Onlus Avanti Tutta, mi sono fatto conoscere portando avanti un messaggio di speranza, ribaltando la situazione e creando un’opportunità da una situazione tragica. E correre a New York il prossimo 6 novembre fa parte di questo percorso.
Si tratta di una rivoluzione potentissima, non solo per le persone malate di cancro, ma per tutti.
L.C.: Sì, in qualche modo attraverso il cancro sono diventato un esempio, un simbolo. Su Fb scrivo e racconto la mia esperienza e ricevo centinaia di messaggi perché offro uno spunto di riflessione importante. Io la vita la guardo con una prospettiva nettamente diversa, molto più profonda, molto più attenta a dire grazie a Dio per essere ancora qui e, quindi, le mie parole, hanno un peso diverso. È impossibile far capire come sta una persona che ha il cancro, ma ti assicuro che è molto difficile conviverci e io riesco ad avere e a donare questa energia alle persone perché ho preso consapevolezza del fatto che sono in qualche modo utile, che Dio mi ha disegnato un percorso.
Lo sport in tutto questo diventa, quindi, uno strumento per ridare dignità ai malati di cancro, come da mission di Avanti Tutta, la Onlus che hai fondato nel 2013. Di cosa vi occupate e che riscontro avete?
L.C.: Facciamo tantissime attività. Ad esempio, con dei fondi abbiamo realizzato la palestra all’interno dell’ospedale di Perugia, fruibile dai malati di cancro. Questo è un grande passo e anche gli oncologi stanno capendo l’importanza dell’attività motoria praticata durante la malattia. È una cultura che sta prendendo piede piano piano perché i medici spesso si limitano a considerare la cura e la terapia, non c’è ancora l’abitudine a promuovere il movimento all’interno del percorso oncologico. Probabilmente anche perché temono di dare false speranze o che le persone malate siano troppo deboli. Ma le cose stanno cambiando e Avanti Tutta contribuisce a promuovere questa nuova cultura e, in generale, l’importanza dell’attività fisica, fin da bambini. Anche per questo da quattro anni a Perugia organizziamo un weekend a fine giugno mettendo in piedi un villaggio sportivo dove i bambini possono sperimentare circa 25 discipline sportive e partecipare a laboratori didattici.
Tu stesso, al convegno organizzato da UniSalute in occasione della Run Tune Up di Bologna, hai raccontato insieme al tuo oncologo di come lo sport ti abbia aiutato. Qual è stata la tua esperienza?
L.C.: Io nasco come runner nel 1998. Ho iniziato prima con i 10 Km, poi mezze maratone e infine mi sono innamorato delle maratone. Prepararsi ad una corsa del genere ti fa diventare un uomo diverso, migliore, perché ti permette di conoscere alla perfezione te stesso, sia da un punto di vista fisico che mentale. Ti abitua ad andare oltre alla fatica e al dolore, insegnandoti la resilienza, ovvero la reazione davanti agli ostacoli, che ti permette di stimolare la creazione di nuove sinapsi, perché gli ultimi chilometri si fanno con la testa. Se non avessi avuto la corsa nel cuore non avrei affrontato il cancro in questa maniera, perché avere una mentalità sportiva aiuta a superare i problemi, anche quelli di salute. Lo sport ti allena a trovare una soluzione, ad avere una mente più dinamica e ad essere più forte. All’inizio della malattia per 8 mesi non ho sentito più gli arti inferiori perché due metastasi cerebrali avevano interferito proprio sulla coordinazione e sulla sensibilità e mi sono ritrovato ad essere come un bambino di 14 mesi, mentre mi sforzavo di camminare, accompagnato a braccetto dal mio papà. Grazie alla mia mentalità sportiva, alla corsa, sono riuscito a reagire e questo mi ha aiutato molto.
E a livello fisico in che modo l’attività sportiva può alleviare gli effetti della chemioterapia?
L.C.: Fare attività motoria durante la chemioterapia fa bene due volte: a livello fisico è importante perché permette di eliminare il residuo tossico della terapia stessa, in quanto più ci si muove più si velocizzano i processi metabolici per creare energia utile ad affrontare gli sforzi, si ossigena meglio il sangue e questo aiuta a smaltire più facilmente gli effetti negativi. In secondo luogo, muoversi fa bene alla mente perché fa sentire il malato di cancro meno invalido, rispetto a quando si fa prendere dalla stanchezza e dalla pigrizia e rimane fermo a letto. Anche fare una semplice camminata permette al malato di stare in piedi e capire che ce la può fare. In generale, facendo attività motoria indebolisci la malattia.
Tu più che camminare corri! Come ti stai allenando per la maratona più importante di tutte, ovvero quella di New York e quale dieta segui?
L.C. : Grazie all’amicizia con Giovanni Malagò, Presidente del CONI, ho il piacere di essere seguito da Umberto Risi, l’ex preparatore atletico della Nazionale Italiana Maratoneti, di cui seguo scrupolosamente le indicazioni. Nella mia vita ho corso già 7 maratone. Abbiamo iniziato la preparazione per New York dal 1° di agosto: mi alleno cinque giorni alla settimana, con due giorni di riposo e sto migliorando di settimana in settimana, per cui dovrei arrivare in perfetta forma fisica. Certamente anche l’alimentazione è fondamentale e io la curo molto, mangiando poco, spesso e di qualità. Da tre anni seguo una dieta vegetariana, mangiando carne solo due volte al mese, quando il cancro non è in progressione. La mia dieta si basa su cereali integrali, con preferenza per i grani antichi che hanno un minor contenuto di amidi, verdura, spezie, dalle proprietà antinfiammatorie, e legumi, per la parte proteica, oltre ad un albume d’uovo 3 volte alla settimana. Naturalmente evito tutto ciò che si trasforma in grasso e questo vale anche per gli zuccheri, che sono le sostanze di cui si nutre la cellula tumorale. Nella mia alimentazione sperimento anche la dieta mima-digiuno, che aiuta a contrastare il cancro in quanto depura e rallenta l’invecchiamento cellulare, come dimostrato già da alcuni studi scientifici. Per cui un giorno alla settimana mi alimento solo con 1 fetta biscottata di farro integrale e acqua. Anche perché bisogna ricordarsi che il cancro ci conosce e si abitua, per cui anche nell’alimentazione bisogna spiazzarlo, senza essere abitudinari.
Con allenamenti e alimentazione ti stai preparando perfettamente, ma c’è qualcosa che temi nella maratona? La resistenza? I crampi?
L.C.: No, ho solo un’ambizione che è quella di metterci un secondo in meno di Fred Lebrow, l’unico che prima di me corse la maratona di New York con un cancro, nel 1992, impiegandoci 5 ore, 32 minuti e 34 secondi. Per il resto non correrò guardando l’orologio: voglio godermi ogni metro, concludere con il sorriso e dire a tutte le persone malate di cancro che se ce l’ho fatta io possono farcela anche loro.
Un messaggio importantissimo. È questo ciò che vuoi comunicare con la tua partecipazione alla maratona di New York?
L.C.: Sì, voglio dedicare la mia corsa ad ogni malato di cancro per dir loro che non bisogna avere paura, bisogna adattarsi al cambiamento e reagire, anche se è durissima, vivendo con dignità e non con vergogna. Il cancro è una malattia “sentimentale”: se tu lo accetti e combatti puoi conviverci, se invece ti fai prendere da rabbia, rancore e paura, lui si accanisce e ti rende la vita maledetta.
UniSalute è tra i tuoi fan e come tante altre persone vorremmo sapere come seguirti durante la tua impresa!
L.C.: Durante la corsa sarò seguito dalla troupe di Rai Sport. Per il resto mi prendo l’impegno di raccontarvi come sta andando la preparazione nei giorni precedenti, quindi potete seguirmi mettendo “mi piace” sulla mia pagina Facebook.
Grazie Leonardo e un grande in bocca al lupo!
L.C.: Viva il lupo!
2 commenti
sono malato di cancro sono stato operato glioblastoma ho fatto tomoterapia più chemio,
sapere cosa mangiare e cosa buona e giusta.
grazie.
sono diego meggiolaro e ringrazziando dio non ho questa malattia ad ora, ma ragazzi se dio deve avere un occhio voglio con il cuore che lo dedichi a persone come voi, noi se abbiamo la salute e la saggezza ce la caveremo da soli