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Assistenza domiciliare per anziani: i dati sulla Long Term Care in Italia

Mercoledì 3 luglio, a Roma, si sono svolti gli “Stati Generali dell’Assistenza a lungo termine” organizzati dall’associazione Italia Longeva. Tra dibattiti e convegni, tante sono state le riflessioni sulle sostenibilità finanziaria della long term care in un contesto nel quale, come emerge da diverse ricerche recenti, è evidente l’invecchiamento della popolazione italiana. Una tendenza che pone, contemporaneamente, sia una questione demografica che epidemiologica.

Ciò che emerge dai dati raccolti da Italia Longeva e presentati al convegno romano, l’assistenza domiciliare può fare la differenza, tuttavia in Italia è ancora un lusso che può permettersi solamente il 2,7% degli ultrasessantacinquenni. “Colpa” di un’integrazione difficoltosa tra servizi pubblici statali, comunali e privati. Interessante è, dunque, il punto di vista portato da Fiammetta Fabris, AD di UniSalute, che propone, tra i servizi assicurativi in ambito sanitario, anche una polizza specifica dedicata all’assistenza domiciliare per persone con più di 65 anni.

Long Term Care in Italia: i dati presentati da Italia Longeva

Italia Longeva è un network scientifico che si occupa di ricerca e collabora strettamente con il Ministero della Salute, di cui è emanazione diretta. L’obiettivo della ricerca presentata lo scorso 3 luglio a Roma, era individuare le risposte e i modelli attuati in Italia per far fronte alla tendenza che vede la popolazione invecchiare, ma non necessariamente in salute.

Come sottolineato in un’intervista per InSalute dalla dottoressa Daniela Bianco di Fondazione Ambrosetti, tra il 1978 e il 2016 l’aspettativa di vita degli italiani è cresciuta di ben 10 anni, tuttavia non tutti vengono vissuti in buona salute. Un dato confermato anche dalla ricerca di Italia Longeva che sottolinea come ci siamo ben 3 milioni di persone over 65, in Italia, affette da disabilità severe, spesso determinate da malattie croniche, che richiedono cure continuative. Tuttavia per solo 370.000 di esse l’assistenza domiciliare è realtà.

È il professsor Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, a spiegare cosa succede a queste persone non seguite direttamente dal personale qualificato e specializzato: “Si trovano ad intasare i pronto soccorsi, nella migliore delle ipotesi, oppure rimessi alle cure ‘fai da te’ di familiari e badanti, quando non abbandonati all’oblio di chi non ha le risorse per farsi assistere”.

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L’assistenza è disomogenea tra le varie parti d’Italia

Emergono anche sensibili differenze geografiche a proposito di che tipo di servizi, per quante ore alla settimana e con che partecipazione degli enti privati. Per esempio, soltanto le ASL di Catania e Salerno erogano tutte e 31 le attività ad alto valore clinico-assistenziale che si possono svolgere presso il domicilio del paziente.

Ampia è la variazione anche in termini di ore dedicate, annualmente, ad ogni paziente: a Torino, per esempio, sono 9, a Potenza ben 40. Mentre altri squilibri emergono analizzando i dati a proposito della compartecipazione di aziende all’assistenza domiciliare: l’apporto di enti privati raggiunge il 97% a Milano, mentre sfiora lo 0% a Reggio Emilia oppure a Bolzano.

Nel complesso è nuovamente il presidente di Italia Longeva a tirare le fila di quanto raccolto. La criticità primaria è che l’Italia non ha ancora elaborato una risposta univoca, concreta ed efficace per occuparsi di una popolazione che invecchia e che ha, e avrà, delle esigenze sempre più specifiche in termini di salute. Il ruolo degli ospedali è, naturalmente, importante, ma non si tratta di strutture che possono autonomamente prendersi carico delle esigenze di cura delle persone con più di 65 anni.

È proprio su questo aspetto che si inserisce l’intervento di Fiammetta Fabris che sottolinea come la sanità integrativa possa offrire uno spunto e un supporto concreto nell’ottica dell’elaborazione di una strategia di long term care a lungo termine che sia efficace e sostenibile.

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Il ruolo della sanità integrativa

L’AD di UniSalute presenta i risultati di un primo progetto che vede la sinergia tra pubblico e privato sul territorio dell’ATS Brianza. In questo caso, infatti, ben 200 pazienti sono stati dotati di un kit di tele-monitoraggio che consente una immediata connessione con il medico curante. Si tratta soltanto di una delle soluzioni che UniSalute fornisce attraverso il marchio SiSalute, per poter contribuire alla tutela della salute delle persone anziane.

In generale, UniSalute propone un vero e proprio modello per la Long Term Care che si compone di quattro passaggi successivi:

  1. somma mensile a disposizione e servizi sanitari;
  2. valutazione multidimensionale e pai;
  3. organizzazione e controllo della rete dei fornitori;
  4. presa in carico globale del paziente.

Si tratta di un modello già applicato dall’azienda che, come evidenzia Fiammetta Fabris durante l’incontro, pone già le basi per un’evoluzione della proposta e dell’offerta, sempre per rispondere alle concrete esigenze dei clienti.

È il caso, per esempio, di Monitor Salute, un servizio che consente di tenere sotto controllo a distanza, grazie alla tecnologia, le condizioni di vita del paziente che soffre di alcune patologie croniche: diabete, ipertensione e BCPO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva). In caso di necessità e urgenza, è possibile attivare automaticamente l’intervento di un’equipe di specialisti, in caso contrario tutti i parametri vengono monitorati anche a distanza.

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Un contributo concreto anche dal welfare

L’AD di UniSalute, infine, sottolinea quali sono gli ulteriori contributi concreti che il mondo assicurativo, ma anche quello del welfare aziendale, può mettere a disposizione nel campo dell’assistenza domiciliare soprattutto per gli anziani. “Il contributo è duplice – spiega in un’intervista – In primo luogo vi è quello, diretto dell’offerta di strumenti di protezione sociale complementari o supplementari, capaci di ridurre le pressioni sul sistema pubblico. In secondo luogo, il settore assicurativo può svolgere una funzione cruciale promuovendo la copertura per la long-term care (LTC), dentro le aziende a livello collettivo. Attraverso il ruolo di aggregatori delle coperture offerte, le imprese di assicurazione possono redistribuire i rischi nell’ambito della collettività, fare economie di scala e fungere da gruppo d’acquisto, scontando prezzi convenienti su alcune prestazioni assicurate, come le spese mediche, grazie ai benefici del convenzionamento.” Già oggi la contrattazione collettiva e l’adozione di politiche di welfare aziendale sono significative in questo senso: tra i servizi più richiesti, in Italia, e proposti quindi sempre più spesso dai datori di lavoro ci sono proprio forme di assistenza domiciliare non soltanto per sé, ma anche per i propri cari.

“I Fondi – aggiunge ancora Fabris – hanno cominciato a prevedere una protezione ad hoc per i casi di non autosufficienza, per tutti i lavoratori iscritti, che prevede l’erogazione di prestazioni sanitarie, un piano assistenziale individualizzato e una somma mensile garantita. Il vantaggio è quello di poter godere di una somma di denaro, usufruire di tariffe scontate da parte dei fornitori e quindi di avere a disposizione una quantità di servizi maggiore.”

Il limite, emerso anche durante l’incontro organizzato da Italia Longeva, è che queste proposte cessano di essere valide non appena il soggetto termina la carriera lavorativa, oppure per i lavoratori indipendenti. “Diventa essenziale – conclude l’AD di UniSalute – pensare ad un modello di tutela LTC per il post-lavoro.”

 

Vi siete già dovuti occupare di prendervi cura di un familiare con l’esigenza di cure domiciliari?

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