Nell’ambito delle patologie dell’articolazione dell’anca, ci occupiamo oggi della frattura pertrocanterica: si tratta di un evento traumatico localizzato in una zona (l’area trocanterica, appunto) a ridosso dell’inserzione di alcuni gruppi muscolari, come quelli del gluteo e della coscia.
Vedremo insieme le caratteristiche cliniche di questa tipologia di fratture; prima, però, esaminiamo più da vicino la struttura del nostro femore.
La struttura del femore e le fratture più frequenti
Il femore è l’osso più robusto e voluminoso dell’intero apparato scheletrico umano, la cui lunghezza corrisponde mediamente ad oltre il 25% della statura dell’individuo.
Attraversato da uno dei principali vasi sanguigni dell’apparato circolatorio, l’arteria femorale, è l’unico osso presente all’interno della coscia, che percorre interamente; si innesta dall’osso iliaco attraverso la sua parte sferica (testa) che poggia su una sezione cilindrica (collo); il complesso di testa + collo costituisce l’epifisi prossimale che collega l’anca alla struttura centrale (corpo) del femore, chiamata diafisi.
La diafisi si sviluppa fino all’altezza del ginocchio, cui si aggancia nella parte inferiore attraverso la terza e ultima parte dell’osso, l’epifisi distale. Sul collo del femore sono presenti inoltre due protuberanze ossee, il piccolo e il grande trocantere, che fungono da zona di intersezione per numerose fibre muscolari.
Tipologie di fratture femorali
La complessa struttura del femore appena esaminata ha la duplice funzione di sostenere la gran parte del peso corporeo e, al contempo, garantirne i movimenti; è quindi evidente come le fratture del femore costituiscano un trauma piuttosto rilevante per la salute dell’intero organismo.
Come si accennava all’inizio, l’incidenza delle fratture aumenta inesorabilmente con l’età. Alcune concause, quali:
- l’osteoporosi;
- un più elevato indice di sedentarietà;
- gli incidenti domestici.
determinano la maggiore predisposizione a riportare fratture da parte dei soggetti al di sopra dei 65 anni. Quanto alla sede della lesione, le fratture del femore si dividono in:
- diafisarie, che riguardano il corpo del femore;
- epifisarie, che interessano invece le estremità dell’osso.
Queste ultime fratture sono alquanto frequenti, soprattutto a ridosso dell’estremità superiore del femore: essa, infatti, è la sede di molti snodi strutturali nell’ambito dell’articolazione dell’anca. Oltre alla frattura del collo del femore, tale sede è interessata anche dalle fratture trocanteriche nella zona a ridosso del collo dell’osso.
Il ruolo dei trocanteri nell’articolazione dell’anca
Tra i segmenti che compongono il nostro femore, i trocanteri assumono un rilievo particolare principalmente perché ospitano l’inserzione dei muscoli del gluteo, contribuendo così alla stabilità dell’intera articolazione dell’anca.
Situata tra il collo del femore e il principio della diafisi , l’area trocanterica deve il proprio nome a una derivazione dal verbo greco τρέχω (alla lettera “corro”): è proprio grazie alla funzione dei trocanteri, infatti, che lo sforzo muscolare derivante dai nostri movimenti viene bilanciato adeguatamente lungo gli arti inferiori. Da un punto di vista anatomico, i trocanteri sono solitamente descritti come sporgenze ossee poste ai lati del collo del femore; a seconda della loro estensione, vengono distinti in grande e piccolo trocantere.
Se interessata da un trauma, l’area trocanterica può danneggiarsi in diversi punti; è per questo motivo che, nel valutare i risultati dei nostri esami, il diagnosta distinguerà tra: – lesioni specifiche a carico di uno dei trocanteri;
– una frattura pertrocanterica, estesa cioè dal grande fino al piccolo trocantere.
Ma come si giunge esattamente a una diagnosi di frattura?
La frattura pertrocanterica: dai sintomi alla diagnosi
Come molti di noi sanno, gli incidenti domestici e le cadute accidentali rappresentano, in età avanzata, la prima causa di fratture a carico del femore. Nel condurre in ospedale un paziente che, cadendo, ha riportato un trauma a carico degli arti inferiori, è necessario assicurarsi che venga prestata attenzione ai suoi sintomi e, soprattutto, alla descrizione della caduta.
Per stabilire l’esistenza di una frattura pertrocanterica, in sede ospedaliera verranno infatti valutati approfonditamente segnali come:
- la tipologia e l’esatta provenienza del dolore;
- l’eventuale accorciamento dell’arto interessato dal trauma;
- la localizzazione dell’ematoma;
- la capacità del paziente di compiere i movimenti necessari a camminare, sedersi e stare in piedi.
In presenza conclamata di una frattura, è bene sapere che un esame radiografico del bacino sarà comunque necessario prima di intervenire chirurgicamente, al fine di stabilire con precisione l’estensione della frattura e escludere la presenza di complicazioni compatibili con il trauma.
Possibili complicanze di una frattura pertrocanterica
Oltre a effettuare la radiografia dedicata all’area interessata dalla lesione, il medico dovrà accertarsi con urgenza che la frattura non abbia determinato eventuali emorragie interne.
Il trauma da caduta può infatti causare sanguinamenti all’altezza degli organi interni dell’addome; inoltre, la frattura può determinare un ridotto apporto sanguigno alle stesse strutture osteo-articolari.
Se non adeguatamente supportato da un percorso di riabilitazione, l’intervento ricostruttivo della frattura, da solo, potrebbe infine non restituire al paziente la completa autonomia motoria: per tale motivo, anche la disabilità è purtroppo da annoverarsi tra le possibili complicanze di una lesione pertrocanterica.
In cura tra riabilitazione e rieducazione posturale
Il percorso del soggetto che subisce una frattura pertrocanterica non si conclude con il decorso post operatorio: per il paziente, infatti, la parte più difficile potrebbe arrivare subito dopo.
Tra i soggetti anziani, la mortalità nei mesi successivi alla frattura risulta infatti ancora molto alta e, anche in caso di decorso positivo, i fattori di criticità successivi all’intervento chirurgico e alla dimissione del paziente sono numerosi. Per questo motivo la terapia più efficace è, ancora una volta, prevenire i fattori di rischio, come le patologie che possono indurre disturbi sensoriali e vertigini, al primo posto fra le cause di cadute accidentali.
È importante dunque ridurre la fragilità ossea senile attraverso una costante attività fisica e la regolare assunzione di calcio, fosforo e vitamina D, ma non solo: il medico potrà inoltre consigliare al paziente e ai suoi familiari un percorso di screening finalizzato a intervenire farmacologicamente contro l’osteoporosi.
Se poi, come spesso accade, la frattura è stata determinata da una caduta, è opportuno anche educare gradualmente il paziente a modalità di deambulazione più sicure all’interno degli spazi domestici, idealmente con l’aiuto di personale specializzato nell’assistenza domiciliare.
L’assistenza domiciliare post-operatoria
Nei casi in cui la prevenzione non fosse stata sufficiente a evitare una frattura, la qualità di un buon decorso post operatorio farà la differenza: entro il 2030 sono previsti circa 750.000 casi di fratture prossimali all’anno, tutti casi per i quali il percorso riabilitativo sarà fondamentale per:
- restituire la funzionalità totale o parziale dell’arto colpito;
- agire positivamente sulla psiche del paziente, spesso fortemente limitato e dipendente se privato della propria mobilità.
Quando le strutture riabilitative presenti sul suolo nazionale non sono facilmente raggiungibili da casa, la soluzione migliore diventa l’assistenza domiciliare qualificata. Le opzioni assicurative in grado di garantire questo tipo di assistenza spesso integrano alcuni aspetti particolarmente vantaggiosi: Over 65 di UniSalute, per esempio, consente al paziente (e ai suoi familiari) di avviare un programma di recupero fisico domiciliare del tutto in linea con le prescrizioni dei sanitari, offrendo inoltre l’accesso a scontistiche sulle prestazioni erogate da personale medico e paramedico convenzionato.
Siete stati anche voi alle prese con la gestione di un decorso post frattura pertrocanterica?
Parlatecene nei commenti.
FONTI: – ospfe.it
– Sobotta/Becher: Atlante di anatomia, Uses, 1971
– researchgate.net
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