Fame nervosa: da cosa dipende e come limitarla

A distanza di un certo numero di ore dall’ultimo pasto, il nostro organismo manifesta un bisogno fisiologico di ricevere del cibo. La fame nervosa, invece, è uno stimolo a mangiare anche se il nostro corpo non ne avverte l’esigenza perché avrebbe già nutrimento sufficiente. 

Per capire quali sono le dinamiche che governano i due fenomeni e quali implicazioni e conseguenze hanno per la nostra salute, ci siamo rivolti a due esperti in materia. Abbiamo intervistato il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna, e la dottoressa Claudia Cavina, psicoterapeuta biosistemica di Bologna, che hanno risposto alle nostre domande unendo i loro diversi punti di vista. 

Vadym Petrochenko/gettyimages.it

Fame nervosa: che cos’è? 

Per introdurre l’argomento, abbiamo chiesto agli intervistati di definire cos’è la fame e cosa succede quando lo stimolo a ingerire cibo non dipende più dalla necessità fisiologica di nutrirsi. “La fame (da non confondere con l’appetito)”, rispondono, “è il desiderio intenso di mangiare, la necessità di ingerire alimenti. Si scatena quando il nostro intestino e lo stomaco sono vuoti da troppo tempo. In questa situazione, nell’apparato gastrointestinale vengono prodotti una serie di ormoni (tra cui il principale è la grelina, prodotta proprio dallo stomaco vuoto) che raggiungono l’ipotalamo, la regione del cervello dove si decide il nostro comportamento nei confronti del cibo: indifferenza, se siamo in condizioni fisiologiche di sazietà; fame e ricerca di cibo, se è troppo tempo che non mangiamo”. 

La fame nervosa, invece, ricordano Spisni e Cavina, salta tutte le condizioni ormonali dettate dall’intestino: nasce e si sviluppa nel cervello, non dipende dai segnali ormonali di fame e sazietà che arrivano dall’intestino e dal nostro tessuto adiposo, nel quale si produce la leptina, il principale ormone che determina il senso di pienezza e appagamento di quando si termina un pasto. 

Come distinguere la fame fisiologica da quella emotiva? 

La fame, sia fisiologica che nervosa, spesso non è collegata a sensazioni fisiche, come le fitte allo stomaco o i tipici borbottii. Si tratta di un bisogno o di un desiderio che parte direttamente dal cervello. “Mentre la fame fisica si presenta regolarmente a una certa distanza dall’ultimo pasto, quella nervosa arriva indipendentemente da quando e quanto abbiamo mangiato prima”, evidenziano gli intervistati. 

“L’arrivo della fame nervosa (anche detta emotiva) è generalmente improvviso, urgente. Quando accade, non ci si mette a cucinare, ma si tende a mangiare qualunque cosa, con una netta preferenza per il cibo pronto e di bassa qualità, che appaga velocemente l’organismo, placa lo stress e la tensione: snack, dolci, patatine, salatini, e tutto ciò che viene di solito definito ‘Comfort Food’. La fame fisica accetta più volentieri i cibi preferiti, o anche quelli cosiddetti sani. In preda alla fame nervosa, invece, si è attratti maggiormente da alimenti molto grassi, salati o zuccherati”. Questo può rappresentare un problema per la nostra salute, poiché, come sappiamo, i rischi legati al consumo eccessivo di sale, grassi e zuccheri sono numerosi.  

Anche i formaggi attirano in modo particolare chi ha un attacco di fame nervosa. Con buona probabilità, continuano Spisni e Cavina, “ciò accade perché durante la loro digestione si producono piccole quantità di composti chimici chiamati peptidi (le caseomorfine) che hanno un’azione simil-oppioide, quando vengono ulteriormente scomposte nel nostro organismo. Qualcosa di simile avviene per gli alimenti ricchi di glutine (che danno luogo a glutinomorfine)”. 

Quando abbiamo fame, spiegano ancora il fisiologo e la psicoterapeuta, ci sentiamo soddisfatti una volta che lo stomaco è pieno, perché l’organo cessa di produrre grelina. Nel caso della fame nervosa, invece, questo potrebbe non succedere: spesso si continua a ingerire cibo anche superando la sazietà fisiologica. Questo mangiare velocemente, quasi senza controllo può generare il senso di colpa, cosa che non avviene mai quando si mangia per una reale necessità fisiologica.

bymuratdeniz/gettyimages.it

Fame nervosa: chi è più esposto al rischio? 

Le persone emotivamente più sensibili sono più esposte alla fame nervosa, affermano i due intervistati. “Inoltre, ci sono periodi della vita, come l’adolescenza, che predispongono maggiormente a subire gli effetti della fame emotiva. Siccome questi meccanismi partono dal cervello, una condizione che può favorire l’esplosione di fame nervosa, e le sue conseguenze, è certamente lo stress”. 

Il cibo e le emozioni negative

Parlando di fame nervosa, è di certo utile ricordare che l’intestino viene oggi considerato come un secondo cervello, chiamato sistema nervoso enterico, che comunica con il sistema nervoso centrale. “Le interazioni tra i due determinano il nostro stato di benessere psico-fisico. Per esempio, è noto come stati di stress mentali e pensieri negativi attivino i circuiti dell’ansia e della paura, provocando aumento della motilità intestinale. D’altro lato, le infiammazioni intestinali possono portare con vari meccanismi (tra cui la carenza di serotonina, ormone del buonumore) ad alterazioni del sistema nervoso centrale, con insorgenza di sintomi ansiogeni o depressivi”.

La serotonina, il neurotrasmettitore che aumenta il nostro grado di appagamento, di soddisfazione e di benessere psicofisico, è prodotta per il 90% a livello intestinale, come ricordano Spisni e Cavina. 

Tutti i cibi ricchi di zucchero hanno la capacità di aumentare i livelli di serotonina in circolo, che quindi raggiunge anche il sistema nervoso centrale. Quando siamo tristi, è normale che per aumentare il livello di serotonina, e il tono dell’umore, si cerchi di mangiare cibi ricchi di zuccheri e carboidrati. 

Infine, continuano gli intervistati, “a livello ipotalamico, i segnali fisiologici di sazietà portano a un aumento nella sintesi delle endorfine, che sono oppiacei endogeni. È quindi nuovamente “fisiologico” che in preda a emozioni negative cerchiamo di raggiungere la sazietà fisiologica, per aumentare i livelli di endorfine prodotte nel cervello”. 

Quali sono le conseguenze della fame nervosa? 

Come abbiamo visto, la fame nervosa spinge a mangiare anche quando non se ne ha la necessità fisiologica, il che favorisce comportamenti di tipo compulsivo, come evidenziano Spisni e Cavina. “Spesso tutto ciò passa inosservato, perché il mangiatore compulsivo riesce a nascondere le sue abbuffate, oppure l’eccesso alimentare è percepito come normale, soprattutto quando si tratta di persone giovani e attive, che non presentano problemi di salute o sovrappeso. La fame nervosa, tuttavia, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare come il  disturbo di alimentazione incontrollata, definito scientificamente come Binge Eating Disorder. Chi ne soffre perde il controllo e viene letteralmente assalito da un impulso irrefrenabile, che si trasforma in un atto ossessivo”. 

YinYang/gettyimages.it

In alcuni casi, continuano il fisiologo e la psicoterapeuta, la fame nervosa può anche degenerare in un altro disturbo del comportamento alimentare, la bulimia. Si tratta di veri e propri raptus in cui la persona mangia enormi quantità di cibo in pochissimo tempo, seguiti da forti sensi di colpa e comportamenti di compenso, volti prevalentemente a controllare il peso corporeo, come per esempio il vomito autoindotto oppure sessioni estenuanti di esercizio fisico. 

La fame nervosa, infine, è anche associata al rischio di obesità.  

Riassegnare al cibo il suo ruolo fisiologico: come combattere la fame nervosa?

Poiché le conseguenze della fame nervosa possono essere molto negative per il nostro organismo, sia a livello fisico che psicologico, è importante affrontare questo problema, quando presente, con la dovuta attenzione. Spesso, ricordano Spisni e Cavina, “la sensazione di fame rimane anche dopo che abbiamo mangiato, e anche quando abbiamo raggiunto il senso di sazietà. Il corpo ci dice una cosa, la mente un’altra. È essenziale, in questi casi”, concludono, “intervenire con un percorso psicoterapeutico che operi un lavoro sulle sensazioni. Dobbiamo nuovamente imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo ci invia e a riconoscerli. Occorre riappropriarsi della capacità di distinguere tra fame e sazietà, tra un bisogno alimentare e uno emotivo. Detto in parole è facile, ma operativamente possono servire diversi mesi. A volte anche anni”. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post

    2 commenti

  1. sinceramente articolo inutile. Titolo clickbait che promette come curare il problema, il che si risolve in un “vai dallo psicologo”. Un prologo lunghissimo per aggiungere parole e rendere credibile al crawler di Google l’argomento e venire indicizzati, come l’utilizzo compulsivo di parole chiave ripetute. Insomma, potevate fare molto meglio, sempre che vogliate fare informazione.

    • Salve Simone, come sa ogni caso è diverso, per questo motivo noi non possiamo che informare le persone sui temi della salute e consigliare di consultare degli specialisti per analizzare e risolvere eventuali casi. A presto!