Alzheimer, quale aiuto per le famiglie a partire dalla diagnosi?
La famiglia non può non essere presa in considerazione quando viene fatta una diagnosi come quella dell’Alzheimer: infatti, sono spesso proprio i familiari le persone che si occupano in prima persona della salute dei propri cari e ricade su di loro la maggior parte della responsabilità dell’assistenza degli anziani in genere.
Il cambiamento è su più piani. Da un lato, infatti, è necessario modificare la propria routine per potersi dedicare alla sorveglianza e alla cura del proprio caro affetto dal morbo di Alzheimer. Conciliare tutto ciò con gli impegni familiari e lavorativi non è semplice e, a ciò, si aggiungono le naturali preoccupazioni per lo stato di salute del malato. Inoltre, il contesto e le modalità di assistenza sono fondamentali per rallentare la degenerazione delle abilità funzionali residue e dei disturbi comportamentali.
La sofferenza di una persona cara ha, inoltre, un peso psicologico notevole. Ai familiari tocca il compito di supportare chi, passo dopo passo, inizia a riconoscere i segni della malattia su di sé, ma anche l’ansia determinata dall’incertezza del futuro e la responsabilità della cura.
L’impatto della diagnosi sulle famiglie: le fasi tipiche
Il professor Giovanni B. Frisoni, editor del Centro Alzheimer, sito del Laboratorio di Neuroimmagine ed Epidemiologia dell’IRCCS San Giovanni di Dio di Brescia ha evidenziato 5 reazioni tipiche, che non necessariamente si escludono a vicenda, che colpiscono spesso il famigliare di un malato di Alzheimer.
In primo luogo, è molto frequente la negazione: di fronte alle prime diagnosi è normale che sia le persone coinvolte in prima persona che i familiari tendano a prendere le distanze dalla malattia. È una semplice forma di difesa che, però, può portare anche a dei danni se, più o meno consapevolmente, la negazione inizia a condizionare la scelta di fare accertamenti, ulteriori oppure, ad evitare gli esami che sarebbero necessari per arrivare a una diagnosi.
Un’altra reazione tipica è quella dell’ansia e dell’iper-coinvolgimento che portano i familiari ad essere costantemente sull’attenti, pronti a fare tutto per il malato, comprese quelle attività che può continuare serenamente a portare a termine da solo. Il “bisogno di fare” è un altro modo per proteggersi dalla consapevolezza della malattia, ma è importante – soprattutto con una patologia di questo tipo – lasciare al proprio caro l’opportunità di svolgere autonomamente alcune attività senza sostituirvisi al 100%.
Ci sono poi due stati emotivi molto comuni che sono, spesso, l’uno il riflesso dell’altro: la rabbia e il senso di colpa. Delusione e frustrazione fanno capolino quando la famiglia si rende conto che, nonostante gli sforzi profusi, la situazione non può migliorare: capita allora, ed è assolutamente comune e normale, di perdere la pazienza, rispondere male, addirittura arrabbiarsi con il malato. Sfoghi che portano, quasi in automatico, ad un diffuso e doloroso senso di colpa. Il consiglio degli esperti è di non drammatizzare e cercare di essere consapevoli sia della rabbia che del senso di colpa per poter così, arginare almeno in parte l’istinto.
Infine, anche nel caso dell’Alzheimer vi è la fase dell’accettazione. Non sempre è possibile arrivare a questa condizione, nella quale vengono ristabilite delle dinamiche familiari equilibrate, consapevoli delle emozioni sia del malato che di tutti i vicini coinvolti. È tuttavia fondamentale, per poter garantire un’assistenza domiciliare efficace e un reale supporto di chi si trova a dover affrontare questa patologia.
Quali servizi per le famiglie dei malati di Alzheimer?
I costi della tutela, tuttavia, sono molto alti: secondo quanto stimato dal Censis in collaborazione con l’Associazione italiana malattia di Alzheimer, questi possono raggiungere, in media, i 70 mila euro all’anno. Il 30% rappresenta costi diretti come l’assunzione di una badante o di una figura che possa supportare il malato 24 ore su 24, mentre il restante 70% corrisponde ad una perdita di reddito familiare.
La complessità della situazione vissuta dai familiari di chi è malato di Alzheimer ha portato alla promulgazione della legge 104 del 1992 che, appunto, tutela chi si occupa dell’assistenza di un proprio caro con questa patologia. La legge italiana, dunque, garantisce tre giorni di permesso lavorativo retribuito ogni mese per chi si sta prendendo cura di una persona malata, purché sia un lavoratore dipendente, coniuge, parente o affine entro il terzo grado.
È possibile, inoltre, presentare domanda di indennità di accompagnamento nel caso in cui, quando la malattia è giunta ad uno stadio piuttosto serio, venga dichiarata l’invalidità totale del malato. In questo caso, può essere assegnato alla famiglia un contributo mensile di 500 euro, indipendentemente dalle condizioni di reddito.
La rete dei servizi pubblici, include, inoltre anche l’Assistenza Domiciliare Integrata, gestita dalle ASL, e da qualche anno la possibilità di utilizzare quelli che vengono chiamati “Voucher Demenza”, destinato proprio alle famiglie che stanno iniziando ad affrontare i primi passi della cura della malattia e hanno bisogno di una guida professionale. Esiste, poi, l’opportunità di beneficiare dei servizi messi a disposizione dagli ospedali, dalle RSA (le ex case di riposo, oggi Residente Sanitarie per Anziani) e dei Centri diurni: il consiglio degli esperti è di informarsi sul proprio territorio.
Infatti, si registrano ancora forti squilibri tra varie regioni d’Italia. Al centro-nord, per esempio, sono attive anche molte associazioni che propongono servizi pensati per le famiglie e per i malati di Alzheimer, come per esempio gli Alzheimer Caffè, utili sia a rallentare la degenerazione della malattia che ad arginare e trattare quegli squilibri che in ogni famiglia compaiono e che possono avere delle conseguenze.
Anche le aziende possono fare la loro parte: alcune politiche di welfare aziendale, per esempio, consentono una maggior flessibilità per poter assistere i famigliari malati, oppure dei veri e propri aiuti di tipo economico per le famiglie che sono costrette a farsi carico della situazione. Anche UniSalute, in occasione della seconda edizione dell’Alzheimer fest ospitata a Levico Terme dal 14 al 18 settembre 2018, ha deciso di offrire il proprio sostegno a questa importante iniziativa, che non si esaurisce nell’ambito di questo evento, ma che continua attraverso l’offerta di proposte servizi rivolti ai familiari che sono in stretto contatto con le persone che sono affette da disturbi di cognitività, come Assistenza domiciliare over 65.
Conoscevate queste opportunità?
Fonti:
centroalzheimer.org
alzheimeronlus.org
alzheimer.it
salute.gov.it
1 commento
Io ho mia mamma ammalata di Alzheimer ma i tre giorni di lavoro mensile non mi sono stati concessi anche se ne ho fatto richiesta. Come posso tutelare mia mamma?