Cambiamenti improvvisi ai quali fatichiamo ad abituarci
Lo smart working – il “lavoro agile” – ci ha costretti a una riorganizzazione degli equilibri lavorativi e di quelli della sfera personale. “Mentre prima della pandemia ci recavamo al lavoro, in contesti esterni, vivendo spazi esclusivi ed estraniandoci, quindi, per un certo numero di ore dai luoghi tipicamente dedicati alla vita privata, durante l’anno appena trascorso è venuto a mancare il contatto con persone al di fuori della nostra cerchia familiare e amicale, e con questo sono venute meno anche le occasioni di confronto. Senza parlare, poi, delle situazioni limite, nelle quali a causa della convivenza stretta tra le mura domestiche, si sono anche sviluppate reazioni violente di diversa tipologia, con un evidente aumento delle richieste di aiuto da parte delle vittime”, ricorda la dottoressa.
Isolamento e iperconnessione
Un altro problema ha riguardato l’isolamento. Per chi vive da solo, infatti, il rischio di isolamento sociale è maggiore. “Parliamo di una limitazione nelle interazioni dovuta alle restrizioni che ci sono state, che si è riversata anche sulla vita privata”. Lo smart working è diventata una necessità, nei mesi scorsi, ma ha avuto delle ripercussioni importanti perché, all’improvviso, “sono mancate le dinamiche aziendali, lavorative e i momenti di pausa o svago insieme ai colleghi. Sono aspetti ancora più importanti per tutti quelli che abitano soli”.
Un altro aspetto è il bisogno di iperconnessione: “molte persone hanno manifestato una necessità di restare connessi alla rete per la maggior parte della giornata, perché, in qualche modo, facendolo sentivano di adempiere al proprio dovere, di essere disponibili e poter rispondere alle esigenze dell’azienda e dei colleghi. Lo smart working lascia più libertà di gestione degli orari, in molti casi, ma questo vuol dire che a volte non tutti i lavoratori di un’azienda sono online nello stesso momento”.
Stress da smart working: lavoro agile e sindrome da burnout
Come è emerso da una survey sul lavoro da remoto realizzata da INAIL su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, i cui risultati sono stati pubblicati ad aprile 2021, la maggior parte dei lavoratori coinvolti, in molti settori produttivi, ha espresso preoccupazione per lo stress e i rischi psicologici ad esso collegati.
Per quanto riguarda lo smart working, nello specifico, possiamo intanto sottolineare che, in linea di massima, dalla ricerca emerge che questa modalità ha migliorato il work-life balance durante i mesi scorsi (lo pensa il 70% degli intervistati). “Bisogna ricordare che per alcune persone, il lavoro agile era un desiderio da realizzare e così lo hanno vissuto assaporandone gli aspetti prettamente positivi. Per altre, invece, la nuova modalità lavorativa, associata a un necessario stravolgimento della propria vita a causa delle restrizioni e della convivenza ristretta fra le mura di casa, ha provocato condizioni complesse da gestire, tanto da trasformare lo smart working in un fattore di rischio per l’aumento dello stress: in sintesi, per la sindrome da burnout”.
Il termine “burnout” è sempre stato associato alle professioni sanitarie e a tutte quelle mansioni “di aiuto” che prevedono il contatto con le persone e possono quindi avere risvolti negativi causati dall’esposizione agli stati dolorosi e di sofferenza degli assistiti. “Pian piano, questo concetto è stato allargato a professioni e ambiti lavorativi nei quali, per diverse ragioni e situazioni, possono emergere forti pressioni emotive, senso di impotenza e fallimento e forte tensione”, prosegue la dottoressa.
Parlando nello specifico di smart working, il burnout si lega all’impossibilità di definire in maniera chiara e netta l’orario di lavoro, poiché il luogo coincide con quello della vita quotidiana. Al contempo, dipende anche dal bisogno, o talvolta dall’incapacità, di disconnettersi dal proprio lavoro, annullando così i propri spazi di vita privata o creando situazioni promiscue, che vedono l’accavallarsi di ruolo professionale e personale senza dei confini definiti.
Fattori di rischio per lo stress nel lavoro da casa
Ci sono, naturalmente, alcune situazioni che possono agevolare l’insorgere del burnout da smart working. “Parliamo della capacità di gestire lo stress e di sapersi organizzare, della presenza di una rete familiare e del supporto che ne deriva, del tipo di lavoro svolto, delle condizioni più o meno favorevoli, come orari incalzanti, bassa retribuzione, cattiva relazione con i colleghi o i superiori”.
L’insieme di questi elementi, quindi, può agevolare o velocizzare un processo di stress che porta la persona verso profonda crisi, sia nell’espletare il proprio lavoro sia nel raggiungere gli obiettivi preposti. Di conseguenza, si manifestano alcuni sintomi tipici della sindrome da burnout:
- insonnia
- mal di testa
- mancanza di entusiasmo
- senso di incapacità
- nervosismo
- senso di colpa
- rabbia e isolamento.
Come proteggersi dallo stress durante lo smart working
Naturalmente, ci sono alcune strategie che possono aiutarci a ridurre il rischio di burnout da smart working. Per prima cosa, è importante infatti fissare degli obiettivi raggiungibili, piuttosto che mirare a risultati improbabili. “È altresì fondamentale creare liste di priorità tra i compiti da portare a termine, una definizione chiara e netta degli orari di lavoro da rispettare con cura, evitando così di sfociare nella sovrapposizione degli spazi di vita personale con quelli di vita lavorativa”, prosegue la dottoressa.
“Non va dimenticata l’importanza che ha l’ambiente: per quanto possibile, dovremmo dedicare uno spazio specifico al lavoro, invece che utilizzare la stessa stanza e lo stesso tavolo sul quale pranziamo, aiutiamo i figli a fare i compiti o seguire le lezioni a distanza. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, di concederci momenti di riposo, per alleggerire la mente e la concentrazione legata a pensieri finalizzati all’attività lavorativa, dando così ossigeno e rigenerazione al nostro cervello, per poi tornare ad applicarci con più energia e, perché no, anche con più entusiasmo”.
Infine, è fondamentale il tempo libero, da trascorrere soli o in compagnia. “Questo insieme di accorgimenti può abbassare notevolmente il livello di stress legato al fatto di lavorare a casa. Laddove invece i sintomi tipici del burnout fossero incalzanti, presenti e non in remissione, è fortemente indicato il ricorso a un professionista, per ricevere un supporto in tal senso”.
La gestione dei figli durante lo smart working
La promiscuità delle ore dedicate all’attività lavorativa e quelle dedicate alla propria vita si è ulteriormente complicata in alcuni casi a causa della chiusura delle scuole. Come sottolinea l’intervistata, spesso “i genitori hanno dovuto interrompere il lavoro per aiutare i figli ad accedere alle lezioni, a inviare compiti o scaricare schede didattiche, oppure per seguire i più piccoli, ancora non in età scolare”.
Lo smart working ha tra le finalità il favorire la conciliazione tra lavoro e vita privata. Non nasce certamente per porre ostacoli, piuttosto per agevolare la vita del lavoratore, ad esempio facendogli evitare i tragitti casa-lavoro, permettendogli di gestire situazioni delicate come un familiare ricoverato in ospedale, o ancora di accompagnare a scuola e riprendere i figli.
“Questi vantaggi possono al contempo caricare di stress il genitore: anche in questo caso, vi sono alcuni accorgimenti utili a organizzare meglio il proprio lavoro in casa e la compresenza con i figli. Sicuramente, e come sempre, il dialogo chiaro e puntuale può risolvere o comunque attenuare molte criticità. Spiegare ai figli che non si condivide con loro del tempo (o almeno non tutto quello che vorremmo) perché si sta lavorando è importante per evitare un senso di trascuratezza e abbandono da parte del genitore. Bisogna riconoscere il valore di dedizione alla famiglia perché il lavoro serve proprio al suo mantenimento”.
Organizzare uno spazio di lavoro in casa
Abbiamo già ricordato che è preferibile avere spazi dedicati al lavoro differenziati da quelli dedicati al gioco con i bambini, così che il genitore possa allontanarsi dai pensieri legati al lavoro e concedersi in maniera esclusiva. “Condividere la propria scaletta di impegni, inoltre, permette un’organizzazione comune nel rispetto dell’impegno lavorativo e consente a tutti di sentirsi partecipi e assicura che siano coinvolti nel rispettare gli impegni presi. Ovviamente, vanno pensate anche soluzioni alternative, quando possibili, come per esempio il coinvolgimento di nonni o babysitter per l’affidamento dei figli nelle ore di lavoro, l’utilizzo di servizi come il doposcuola. Alla base di qualunque scelta ponderata, l’organizzazione condivisa è fondamentale”.
Più tempo per la famiglia e per se stessi
Lo smart working, però, ha prodotto anche molti effetti positivi, oltre ovviamente all’avere permesso alle realtà aziendali pubbliche e private di proseguire le proprie attività.
“A fronte dell’aumento di stress e ore lavorative, ci sono stati l’incremento del tempo condiviso con la famiglia, la possibilità di coltivare in maniera più duratura e continuativa le relazioni personali e anche la possibilità un’alimentazione più sana, corretta e regolare, associandola a spazi di esercizio fisico”. Questi aspetti sono particolarmente apprezzati da chi ha sperimentato il lavoro agile, e per questo, naturalmente, in molti sperano di poter continuare secondo questa modalità.
“Nello smart working, come in qualunque altro tipo di attività, la cosa importante è anche saper gestire le emozioni che ne derivano, che cambiano anche repentinamente a seconda delle situazioni in cui ci troviamo”, conclude la dottoressa Scalambra. “In questo modo saremo in gradi di fare un esame di realtà ponderato e razionale, e trovare delle soluzioni adeguate ai problemi che potrebbero sorgere”.
Nessun commento