Che cos’è il microbiota intestinale?
Sempre più spesso vengono pubblicati articoli, interviste, servizi televisivi che parlano del “microbiota” e dei risultati sorprendenti e positivi delle ultime ricerche. Riteniamo, però, che sia necessario fare un passo indietro e partire da una definizione: che cos’è il microbiota e perché è importante per l’organismo.
Silvia Turroni spiega che “con il termine ‘microbiota’ si fa comunemente riferimento alla complessa comunità di microrganismi, principalmente batteri, ma anche funghi, virus e protozoi, che a migliaia di miliardi popolano il nostro intestino”. Per questa ragione, molto spesso quando si parla di “microbiota” si intende quello “intestinale”, tuttavia non dobbiamo dimenticare che altre parti del corpo, come bocca, pelle, il tratto urogenitale e quello respiratorio ospitano consorzi microbici specifici, correlati a diverse funzioni fisiologiche e capaci di influenzare la nostra salute, sia a livello locale che sistemico.
Il microbiota intestinale è un ecosistema che vive in un rapporto sostanzialmente di mutualismo con il nostro organismo e che esercita una profonda influenza su diversi aspetti della nostra fisiologia, legati al metabolismo, alla funzionalità immune e persino al sistema nervoso centrale. La dottoressa Turroni illustra le funzionalità del microbiota: “sintetizza vitamine, consente l’estrazione di energia dalle fibre, altrimenti indigeribili, ed esercita un effetto barriera, vale a dire ci protegge da microrganismi patogeni”.
Perché è importante il microbiota?
L’importanza del microbiota intestinale per l’organismo dipende proprio dal fatto che è considerato come vera e propria componente integrale del nostro sistema immunitario, capace di influenzarne lo sviluppo e la funzionalità nel corso dell’intera nostra esistenza, dall’infanzia sino all’età adulta.
La dottoressa precisa che, per esempio, sono state realizzate alcune ricerche che hanno dimostrato come il microbiota interferisca con la regolazione dell’ansia, del dolore e del comportamento sia in senso positivo che negativo. Inoltre alcuni batteri intestinali possono condizionare l’efficacia e l’azione di alcuni farmaci.
“Vorrei ricordare – aggiunge l’intervistata – che le comunità di batteri possiedono un elevato grado di plasticità, ovvero si adattano, anche piuttosto rapidamente, a cambiamenti in variabili endogene e/o ambientali, come età, dieta o, in generale, stile di vita”. Dobbiamo pertanto prestare attenzione perché, in alcune condizioni, abitudini alimentari scorrette, assunzione di farmaci, infezioni o infiammazioni possono indurre sbilanciamenti o alterazioni nel profilo del microbiota intestinale che possono scatenare scatenare o consolidare un eventuale stato patologico.
Microbiota e malattie: quale relazione?
La salute del microbiota è, dunque, strettamente connessa a quella dell’organismo. Per questa ragione, numerose ricerche recenti hanno posto l’accento sull’urgenza di individuare quale sia il nesso tra determinate patologie e le comunità batteriche dell’intestino. Attualmente, conferma la dottoressa Turroni, sono state dimostrate delle condizioni di disbiosi (ovvero condizioni di sbilanciamento o alterazione del microbiota intestinale) legate a molte patologie di vario tipo:
- intestinali;
- epatiche;
- autoimmuni;
- respiratorie;
- cardiovascolari;
- metaboliche,
- neurologiche;
- oncologiche.
“Verosimilmente – aggiunge la ricercatrice – il verificarsi di queste condizioni compromette l’integrità della barriera intestinale e facilita il passaggio di molecole o dei batteri stessi, con conseguenti esagerate risposte immunitarie. Bisogna però sottolineare che, nella maggior parte dei casi, si tratta di relazioni di natura puramente associativa ed è tuttora difficile stabilire se un microbiota disbiotico sia la causa o sia la semplice conseguenza di uno stato patologico”.
Di certo, se non tenuto sotto controllo, può contribuire seriamente alla progressione di disordini. “Una eccezione è forse rappresentata dai disordini metabolici, inclusa obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo 2, per i quali esistono molteplici evidenze a supporto di un ruolo causale del microbiota intestinale e, di conseguenza, del potenziale preventivo e terapeutico della sua manipolazione. Molteplici sono i meccanismi coinvolti, inclusa la capacità del microbiota di influenzare la nostra sensazione di appetito, favorire l’accumulo di grasso, compromettere l’integrità di barriera e scatenare/consolidare stati infiammatori”.
Microbiota e processi tumorali
Recenti studi dimostrano il coinvolgimento del microbiota nei processi tumorali, sia in fase di prevenzione che durante un eventuale chemio-immunoterapia. In particolare, è stato dimostrato che il microbiota o meglio specifici microrganismi possono contribuire allo sviluppo di alcune forme tumorali, come per esempio nel caso del cancro del colon-retto.
“D’altro canto – aggiunge la dottoressa Turroni – il microbiota intestinale può avere un ruolo importante durante la terapia oncologica, contribuendo all’insorgenza di effetti collaterali, mediante la riattivazione a livello intestinale di farmaci precedentemente detossificati (un esempio è quello dell’irinotecan, farmaco chemioterapico somministrato per via endovenosa per il trattamento del cancro al colon-retto, la cui forma inattiva può essere riattivata ad opera di specifici enzimi batterici con conseguente significativa tossicità intestinale), e influenzando l’efficacia stessa delle terapie anti-tumorali. In particolare, ad oggi è noto che alcuni batteri intestinali possono attivare componenti dell’immunità innata e innescare processi infiammatori sia locali che sistemici, che possono contribuire alla clearance del tumore”.
Con specifico riguardo all’immunoterapia, nel 2015 sulla prestigiosa rivista Science, è stato dimostrato per la prima volta, che la risposta a immunoterapie dipendeva dalla composizione del microbiota intestinale del paziente. A questi studi ne sono susseguiti nel corso degli anni molti altri, per lo più in pazienti affetti da tumori epiteliali come il melanoma e il tumore del sangue, che hanno confermato che il profilo individuale del microbiota può essere predittivo della risposta alla terapia. “Benché si tratti di un campo relativamente recente – commenta la dottoressa Turroni – questi studi molto promettenti suggeriscono l’importanza di caratterizzare la configurazione personale del microbiota prima di intraprendere un percorso terapeutico ed eventualmente di “aggiustarla” verso un profilo che sia più favorevole, predittivo di una risposta positiva nel lungo termine”.
Dal punto di vista della prevenzione, dunque, importante mantenere un profilo favorevole (detto anche “health-promoting”) del microbiota intestinale per la propria omeostasi metabolica e immunologica e, dunque, per ridurre il rischio di sviluppare (o peggiorare) stati patologici.
Microbiota e dieta: i consigli per mantenersi in salute
La dottoressa SIlvia Turroni conclude con alcuni consigli pratici per poter monitorare il profilo del microbiota e la dieta: “sulla base di quanto appena detto, vorrei prima di tutto sottolineare l’importanza di una dieta ad alto contenuto di fibre per garantire adeguati livelli di produzione di acidi grassi a corta catena. Oltre all’attività antitumorale, agli effetti sul metabolismo e sulle risposte immuni, la fibra è importante anche ai fini del mantenimento di una barriera epiteliale intestinale integra e, quindi, di una ridotta traslocazione di molecole o batteri, e di tutte le conseguenze negative che ne possono derivare”.
Le fibre sono da privilegiare, secondo la ricercatrice, per via della presenza di fitochimici (sostanze che si trovano naturalmente nelle piante), inclusi i polifenoli che vengono convertiti dal microbiota in fitoestrogeni, sostanze alle quali sono state attribuite proprietà anti-infiammatorie, anti-proliferative e anti-tumorali.
Un ruolo di primo piano spetta, inoltre, ai glucosinolati, tipicamente presenti in ortaggi della famiglia delle crucifere, che possono essere convertiti dal microbiota in altre sostanze: i isotiocianati come il sulforafane molecola dalle note attività anti-tumorali.
Da evitare, invece, gli alimenti di cui sono state riconosciute le caratteristiche infiammatorie e cancerogene. È il caso delle diete ad alto contenuto di grassi e carni rosse, e non soltanto. Infatti, la dottoressa Turroni consiglia anche di ridurre il consumo di dolcificanti artificiali, come il ciclamato, che può essere convertito dal microbiota in cicloesamina, sostanza che in modello animale ha mostrato attività pro-carcinogenica. “Con specifico riguardo alla cottura – conclude l’intervistata – è ahimè noto che enzimi del microbiota intestinale possono aumentare la tossicità delle ammine eterocicliche, composti formati durante la carbonizzazione della carne e noti essere associati ad aumentato rischio di cancro al colon-retto”.
A proposito del colon del retto, sapete quali sono gli esami consigliati per una corretta prevenzione oncologica e a chi sono consigliati? Se siete interessati, approfondite questo argomento leggendo l’articolo sullo screening del colon retto.
Immagine in evidenza: Getty Image ljubaphoto
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