Il risultato è che, spesso, chi ne soffre convive con un perenne senso di colpa e di inadeguatezza, che lo porta a ricercare la perfezione nella performance e a rimandare compiti per i quali non si sente all’altezza. La sindrome dell’impostore, però, può generare anche ansia e depressione, peggiorando sensibilmente la qualità della vita. Per fare chiarezza sull’argomento abbiamo chiesto il parere della dottoressa Elisabetta Scalambra, psicologa e psicoterapeuta.
Sindrome dell’impostore: di cosa parliamo?
Prima di tutto, occorre ricordare che la sindrome dell’impostore non compare nel DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. “Si tratta di un fenomeno studiato negli anni Settanta, per la prima dalle psicologhe Suzanne Imes e Pauline Rose Clance: si verifica per lo più tra persone di livello sociale elevato, che hanno raggiunto un certo successo e vivono nella paura costante di essere ‘smascherati’”, spiega la dottoressa. Sono convinti, infatti, che i traguardi raggiunti non siano frutto del loro impegno, delle loro capacità ma soltanto della fortuna, e che quindi arriverà il giorno in cui qualcuno scoprirà la verità su di loro. Pensieri come ‘Era un esame facile, per questo l’ho superato’, ‘Sono stata fortunata a ottenere questa posizione, sono molto comuni. Di base, c’è una forte paura del giudizio”.
Come si manifesta la sindrome dell’impostore
La sindrome dell’impostore si configura come una forma di insicurezza intellettuale, accompagnata spesso da:
- ansia
- senso di colpa
- a volte, depressione.
“Temendo costantemente che tutti scoprano la frode, infatti, queste persone affrontano ogni giorno lo stress che ne deriva e non riescono a godersi ciò che hanno ottenuto. La paura di essere scoperti, inoltre, le porta a chiudersi e a non parlare di queste sensazioni con nessuno, spesso neppure con i familiari e gli amici più stretti”.
Perfezionismo e sindrome dell’impostore
La sindrome dell’impostore è riscontrabile soprattutto nelle persone cresciute in contesti dove la performance e il risultato hanno un ruolo importante. In particolare, precisa la dottoressa, “un ambiente familiare molto competitivo, in cui l’approvazione è data solo dai successi e i genitori esprimono forti critiche di fronte a quello che è percepito come un fallimento, unito alle pressioni sociali, può portare a problemi di autostima”.
La pressione da parte della società, che oggi è quanto mai forte, fornisce il substrato ideale: “tutti sono sottoposti a un flusso continuo di informazioni sulle vite e suoi successi altrui, tramite il web e i social network, e allo stesso tempo sono esposti al giudizio di una platea vastissima”, spiega l’intervistata. Entrambe le cose scatenano una continua ricerca della perfezione, non soltanto in ambito fisico, ma anche per quanto riguarda la vita scolastica e professionale, con una tendenza fortissima all’autocontrollo.
“Il perfezionismo, quando parliamo della sindrome dell’impostore, può portare a due diversi comportamenti: l’individuo può continuare a procrastinare, perché ha troppa paura di non essere in grado di portare a termine un incarico ricevuto, nella maniera adeguata; al contrario, potrebbe anche prepararsi più del necessario, investendo invece un tempo eccessivo”, aggiunge.
La sindrome dell’impostore riguarda solo le donne?
Inizialmente, le due ricercatrici Clance e Imes credevano che la sindrome dell’impostore riguardasse soltanto la popolazione femminile (il campione analizzato nello studio era composto solo da donne). In realtà, gli studi successivi hanno dimostrato che colpisce anche gli uomini (International Journal of Behavioral Sciences, 2011).
L’opposto della sindrome dell’impostore: l’effetto Dunning-Kruger
Parlando della sindrome dell’impostore può essere utile spiegare cos’è l’effetto Dunning-Kruger, per cui meno si sa, più si crede di sapere. Come spiega la psicologa, si tratta di “un bias cognitivo a causa del quale le persone credono di essere più intelligenti e più capaci di quanto non siano in realtà. Prende il nome dai ricercatori David Dunning e Justin Kruger, i due psicologi sociali che per primi lo hanno descritto in uno studio originale, nel 1999, dopo aver eseguito una serie di indagini”.
In uno degli esperimenti, Dunning e Kruger chiesero ai 65 partecipanti di valutare quanto fossero divertenti alcune battute. Le persone che avevano più difficoltà a determinare ciò che gli altri avrebbero trovato divertente erano le stesse che giudicavano l’umorismo con maggiore facilità. Altre prove riguardavano il gioco del tennis e degli scacchi. “L’ipotesi di partenza, che poi si rivelò fondata”, precisa la psicologa, “è che le persone scarsamente o del tutto incompetenti non siano capaci di valutare il proprio lavoro e tendano a sovrastimarsi. Inoltre, non riuscirebbero neppure ad accorgersi di quanto invece gli altri siano capaci e raggiungano risultati migliori”.
Affrontare e superare la sindrome dell’impostore
“Questa sindrome può portare l’individuo ad avere difficoltà in vari ambiti, tra cui quello lavorativo e quello relazionale. Oltre ad ansia e depressione, possono infatti emergere anche disturbi di personalità. Riconoscere e ammettere di provare sentimenti di inadeguatezza per il compito che si è chiamati a svolgere è il primo passo per superare la sindrome dell’impostore. Per molte persone”, conclude la dottoressa Scalambra, “l’aiuto di uno psicologo può essere utile a costruire un percorso in cui, procedendo gradualmente, si lavora su tutto ciò che genera dei pensieri negativi e si impara ad affrontare la vita in maniera diversa, riuscendo ad apprezzare e a godersi i successi, e a riconoscere le proprie capacità e competenze, oltre che per tornare ad avere fiducia in sé stessi”.
Conoscevate questa sindrome?
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