Il benessere e la salute dei bambini sono gli obiettivi principali dei genitori e della società intera. Ma chi, in concreto e nel quotidiano, provvede a questi aspetti? L’Osservatorio Sanità di UniSalute, insieme a Nomisma, si è occupato di indagare sul tema, ascoltando l’opinione di un campione rappresentativo di 1.200 persone della popolazione nazionale. Ecco che cosa è emerso.
Salute dei più piccoli: una responsabilità quasi solo al femminile
Nella maggioranza dei casi, la mamma è l’unico caregiver, oggi come un tempo. La quasi totalità delle madri (per l’esattezza, il 91%) intervistate da UniSalute, infatti, dice di occuparsi attivamente della salute dei bambini per esempio contattando il pediatra e pianificando i controlli di salute. Lo fanno da sole o anche insieme con il partner, ma sono sempre presenti. Anche oggi la figura paterna si conferma breadwinner, ossia responsabile soprattutto del sostentamento, mentre gli aspetti legati alla salute sono appannaggio della madre caregiver. I risultati di UniSalute trovano riscontro anche in altre fonti su famiglia e welfare, che confermano come solo il 45% dei padri confermi di occuparsi della salute dei figli nella vita familiare.
Come fa notare anche l’Osservatorio Internazionale per l’inclusione e la coesione sociale, l’Italia è ancora lontana dalla realtà di altri paesi, come la Francia che prevede 4 settimane, o la Spagna che ne ha stabilite 16 di cui 6 obbligatorie. Il dato di appena il 35% delle famiglie in cui questa responsabilità è condivisa da entrambi i genitori mostra un’evidente disparità di genere che fa gravare questo compito soprattutto sulle donne.
Il pediatra: chi chiamare quando il bambino non sta bene
Il pediatra di libera scelta resta il punto di riferimento per la maggior parte delle famiglie (56%) quando il bambino non sta bene: il 30% degli intervistati vi si rivolge sempre e il 26% spesso. Circa una famiglia su tre (32%) si rivolge però almeno qualche volta a un pediatra privato. Perché le famiglie operano questo tipo di scelta? Perché desiderano una visita in tempi rapidi e, possibilmente, senza lo stress di uno spostamento.
Secondo l’indagine, sono quindi essenzialmente tre i fattori che spingono le famiglie a ricorrere a uno specialista privato per la salute dei propri figli: il 34% lo fa per i tempi di attesa più brevi in ambulatorio, il 32% per la maggior facilità di contatto con il medico quando il piccolo non sta bene e infine la possibilità di svolgere le visite a domicilio (nel 31%).
La scarsa disponibilità di effettuare visite a domicilio è il principale limite che le famiglie riscontrano nel rapporto con il pediatra di libera scelta (citato dal 54% del campione), seguito dalla mancanza di disponibilità a svolgere visite nel weekend (51%) e dalle difficoltà a contattare il pediatra e a prenotare i controlli (36%). Dati che contrastano con quanto affermato dal Servizio sanitario nazionale sui pediatri che dovrebbero garantire la disponibilità di visite anche a casa del bambino.
Sempre in tema di salute dei bambini, secondo l’indagine molte famiglie scelgono la sanità privata anche per alcuni controlli più specialistici: nell’ultimo anno, per esempio, solo una famiglia su cinque (20%) ha fatto svolgere ai figli una visita oculistica con il servizio pubblico. Poter contare su forme di assistenza privata potrebbe rappresentare un modo per prendersi cura in modo completo del benessere dei figli e di tutta la famiglia, laddove il sistema pubblico non riesce a fornire adeguate risposte.
Fonti:
Osservatorio Sanità UniSalute
Osservatorio Coesione sociale
salute.gov.it
Immagine in evidenza di Fly View Productions/gettyimages.it
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