Le paure dei bambini, una parte fondamentale del processo di crescita
Per prima cosa, bisogna sottolineare che la maggior parte delle paure sono una parte inevitabile e fondamentale dell’infanzia. L’oggetto o la situazione che il bambino teme non rappresenta sempre un reale pericolo: è ovvio che negli armadi o sotto il letto non si celino davvero dei mostri, e i rumori causati da un temporale, per quanto spaventosi, non siano una minaccia concreta.
“Anche noi, come genitori, spesso trasmettiamo delle preoccupazioni che ci appartengono, per comunicare ai nostri figli cose che immaginiamo siano difficili da comprendere o per evitare loro delle esperienze dolorose”, precisa la dottoressa. “È comunque importante ricordare che avere paura, in tante occasioni, ci protegge dallo svolgere azioni in maniera superficiale, come per esempio attraversare una strada senza porre troppa attenzione oppure approcciarsi a un esame senza aver studiato a sufficienza. Si tratta, quindi, di un sistema che sprona talvolta a mettere più impegno per raggiungere un obiettivo o per evitare conseguenze negative”.
Come cambiano le paure man mano che i bambini crescono
Durante il processi di crescita, si manifestano diversi tipi di ansie e paure, che cambiano a seconda dell’età. Vediamo di cosa si tratta.
Le paure durante i primi mesi di vita
Tra gli 8 e i 9 mesi, i bambini sono in grado di riconoscere i volti delle persone che già conoscono. In questa fase, i visi degli sconosciuti possono sembrare spaventosi, anche quando si tratta di un parente o di una persona che deve prendersi cura di loro. Di conseguenza, il pianto o il tentativo di aggrapparsi al genitore sono reazioni molto comuni, che li aiutano a sentirsi al sicuro.
Tra i 10 mesi e i 2 anni
Nella fase successiva, che arriva fino ai due anni circa, i bambini provano ansia da separazione e iniziano a temere di essere allontanati da uno dei genitori. Ecco perché, spesso, non vogliono essere lasciati all’asilo, oppure fanno fatica ad addormentarsi, piangendo e rifiutando di staccarsi fisicamente dalla mamma o dal papà.
Dai 4 ai 6 anni
I bambini dai 4 ai 6 anni hanno grandi capacità di immaginazione e possono fingere, ma non sempre sono in grado di capire cosa è reale e cosa non lo è. Per loro, infatti, i mostri spaventosi che immaginano sono reali e per questo temono che sotto il letto o dentro un armadio possa celarsi qualche misteriosa e terribile creatura. In questa fase, molti hanno paura del buio, fanno fatica ad addormentarsi, si spaventano e si svegliano a causa degli incubi. Anche temere i rumori forti, come tuoni o fuochi d’artificio, è molto comune in questa fascia d’età.
Dopo i 7 anni
Man mano che il bambino cresce, comincia a comprendere quali siano i pericoli della vita reale e a temerli. Intorno ai 7 anni, la consapevolezza che alcune cose non esistano, come i mostri, fa sì che queste paure gradualmente spariscano, sostituite da altre più concrete, associate spesso a ciò di cui parlano i genitori, o a notizie di cui vengono a conoscenza. È comune, quindi, la preoccupazione per disastri naturali, per la morte o la malattia di una persona della famiglia, così come per i risultati che ottengono nello studio e il rapporto con compagni di scuola e amici.
Preadolescenza e adolescenza
Questa fase è caratterizzata da paure sociali, legate per esempio all’aspetto fisico, alla capacità di adattarsi ai contesti in cui si trascorre molto tempo, come la scuola o una squadra sportiva. Ansie e timori legati a un compito in classe, a una presentazione importante, a una partita o una gara sono alcuni esempi.
Gestire la paura: qual è il ruolo dei genitori?
La psicologa precisa che, “innanzitutto, va tenuto in considerazione che la paura è un’esperienza soggettiva: la stessa situazione, quindi, può essere vissuta in maniera completamente diversa da bambino a bambino. Ciascuno può avere delle reazioni fisiologiche più o meno accentuate, come per esempio l’aumento del battito cardiaco e l’aumento della sudorazione”. L’influenza sociale e ambientale, inoltre, hanno sicuramente un forte peso sia sui modelli di apprendimento, sia sulle modalità di gestione delle paure dei figli da parte dei genitori. “Vi sono diversi studi su questo tema”, sottolinea l’intervistata, “in particolare quello portato avanti da Fredrikson, Annas e Wik (1997), che ha dimostrato come vi siano delle specificità circa le paure e le fobie che si esplicitano più favorevolmente in alcune famiglie piuttosto che in altre”.
È tuttavia inevitabile che di fronte alle paure l’istinto di ogni genitore sia fare di tutto per risolvere il problema, con parole di conforto e spesso anche attraverso delle promesse (dicendo frasi come ‘Ti prometto che non accadrà niente se spengo la luce’). Questo approccio, però, rischia di non aiutare davvero il bambino, ma è piuttosto un riflesso dell’ansia genitoriale. Madri e padri, infatti, devono prima di tutto fronteggiare le proprie ansie, per trovare poi il modo migliore di rapportarsi a quelle della prole.
La paura, infatti, come abbiamo visto, è parte integrante del percorso di crescita e per il bambino rappresenta un’opportunità di autoregolamentarsi, ovvero di imparare a elaborare e gestire le emozioni e i comportamenti, in maniera sana. Negli adulti avviene quasi sempre in modo spontaneo (quando si parla con se stessi, per esempio, riflettendo su quanto è accaduto, con la consapevolezza che quel pensiero non cambierà le cose), ma nei più piccoli questo meccanismo deve essere ancora sviluppato. È un processo che richiede del tempo e molta pratica, per questo il genitore deve lasciare modo e spazio al figlio per esercitarsi, per imparare da solo a superare le situazioni difficili. Ricordare al bambino che non deve avere paura perché c’è la mamma o il papà con lui non lo rende autonomo nell’affrontare ciò che lo spaventa.
Aiutare il bambino a superare la paura procedendo per gradi
“Attraverso l’esperienza i bambini imparano a reagire alle paure anche mettendo in atto strategie talvolta non adeguate: l’evitamento, per esempio, è una modalità tra le più tipiche. A fronte di queste paure, i genitori possono mettere in atto la consolazione, la pazienza o scatenando la rabbia. Anche l’intensità delle loro reazioni può giocare un ruolo importante, poiché diventa a sua volta lo stimolo per il bambino a riproporre quello scenario e ciò avviene proprio perché in questo modo lui sa di ottenere l’attenzione del genitore”.
Il modo migliore è lavorare per gradi. Il genitore, per prima cosa, dovrebbe mostrarsi comprensivo e aperto al dialogo: deve spronare il bambino a parlare delle proprie paure, a spiegare come mai certe situazioni suscitano timore, senza giudicarle. “Bisogna inoltre evitare le estremizzazioni del fatto, quindi da un lato l’enfatizzazione della paura e dello stimolo che l’ha provocata, dall’altro la sua minimizzazione, poiché ciò potrebbe provocare nel bambino senso di frustrazione e di abbandono da parte di quella che per lui è la figura di riferimento principale”. Può dire, per esempio, che per lui o lei non c’è motivo di spaventarsi, ma che è consapevole di come invece per molti bambini sia difficile da affrontare, instaurando una conversazione amichevole sull’argomento.
In seguito, può concordare con il bambino una sorta di piano d’azione. Per esempio, potrà proporre di spegnere gradualmente la luce un po’ prima, quando va a dormire, per arrivare poi entro una o due settimane a farlo addormentare al buio senza che questo generi delle ansie.
Non tutte le paure dei bambini sono uguali: quando chiedere aiuto a un professionista
È bene ricordare, infine, che non tutte le paure sono uguali. Se alcune sono, come abbiamo visto, naturali ed estremamente comuni, durante la crescita, possono invece esserci delle situazioni in cui il bambino avverte una condizione di disagio profonda, che ha delle ripercussioni importanti sulla qualità della sua vita. “Una preoccupazione persistente, che può diventare ossessiva e comparire anche quando l’oggetto o la situazione sono lontani, o che si manifesta con attacchi di panico, comportamenti compulsivi o addirittura distruttivi deve infatti essere indagata e trattata con l’aiuto di un professionista”, conclude la dottoressa Scalabra.
La salute di tutti i membri della famiglia è importante. Naturalmente, curare il benessere di grandi e piccini significa fare attenzione agli aspetti psicologici, che possono riguardare appunto problemi come la paura nei bambini, di cui abbiamo appena parlato, o la gestione dello stress dovuto per esempio al lavoro, ma anche tutto ciò che aiuta a prevenire le malattie più comuni. Da questo punto di vista, una polizza sanitaria come Protezione Famiglia di UniSalute è il mezzo ideale, grazie alla copertura che comprende una serie di esami annuali, da effettuare in strutture convenzionate su tutto il territorio.
I vostri bambini hanno sofferto delle paure tipiche delle varie fasi di crescita? Come li avete aiutati a superarle?
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