Emorroidi e malattia emorroidaria: definire per chiarire
“Dal punto di vista anatomico – spiega il professor Dal Monte – le emorroidi sono delle anastomosi, shunt (cortocircuiti, incroci comunicanti) o punti d’incontro tra arterie e vene presenti a livello della mucosa anale, che si configurano in maniera tale da costituire delle specie di cuscinetti”. Questi grovigli di vasi sanguigni che prendono il nome dal ricercatore che li ha individuati per primo, Thompson, hanno il ruolo di nutrire e ossigenare la mucosa, ma anche contribuire alla naturale continenza e tenuta del canale anale.
Tuttavia, in alcuni casi questi cuscinetti naturali cedono, fuoriuscendo dalla mucosa, ingrossandosi e talvolta addirittura sanguinando. In questi casi, spiega il gastroenterologo, dovremmo parlare più propriamente di “malattie emorroidaria” ed è la situazione nella quale ci troviamo in una condizione patologica. “Sarebbe più corretto non chiamarla ‘emorroidi’ – precisa – perché queste ultime sono appunto il nome dei costituenti naturali del canale.”
Sebbene si tratti di una malattia di sostanziale benignità, quella emorroidaria può comportare per il paziente uno stato di profonda sofferenza, in particolare nella fase in cui di forma un coagulo all’interno della parete, chiamata fase di trombosi acuta, oppure nel caso in cui ci sia una strozzatura del vaso venoso a monte.
Come distinguere le emorroidi da altre malattie con sanguinamento rettale?
Il sintomo più classico della malattia emorroidaria è il sanguinamento anale, segno del fatto che vi è stato un aumento della pressione interna, condizione che, come spiega l’intervistato, “occorre soprattutto nell’atto di ponzare per eliminare le feci che, a loro volta, si possono fissurare e quindi sanguinare.”
È importante, in questo caso, osservarne il colore che dovrebbe essere rosso scarlatto: questa caratteristica permette di riconoscere le emorroidi e intuire che non si tratti di altre patologie che provocano a loro volta delle emorragie intestinali.
Naturalmente, come suggerisce il professor Dal Monte, questa osservazione non è sufficiente per fare una diagnosi: “bisognerebbe sempre approfondire la perdita con l’endoscopia”, un test che consente di esaminare le cavità interne dell’organismo ai fini dell’analisi medica.
Solitamente, conclude il gastroenterologo passando in rassegna i sintomi che possono suggerirci la presenza di emorroidi, in concomitanza del sanguinamento è raro che vi sia anche il dolore, “fa eccezione il caso di una concomitante trombosi emorroidaria interna acuta”, motivo per cui, dovessimo notare sangue nelle feci, è in ogni caso buona norma rivolgersi immediatamente ad uno specialista.
Il grado delle emorroidi
La tipologia di terapia e rimedi contro le emorroidi dipende dall’intensità e gravità della malattia che viene valutata in quattro gradi distinti.
- Stadio I: le emorroidi, in questo caso, non fuoriescono, ma possono sanguinare e possono essere individuate solo attraverso un esame anorettoscopico.
- Stadio II: le emorroidi prolassano al di là del canale anale durante la defecazione, ma rientrano spontaneamente al termine di questa.
- Stadio III: le emorroidi fuoriescono durante la defecazione e devono essere risospinte all’interno manualmente.
- Stadio IV: le emorroidi sono, a questo punto, irrimediabilmente e permanentemente fuoriuscite al di là del canale anale e non possono, nemmeno manualmente, essere riposizionate all’interno.
Emorroidi: rimedi e terapia
“Quando si forma una trombosi emorroidaria – spiega il professor Dal Mondo – se il dolore è intenso, ma sopportabile, sarà sufficiente somministrare un antinfiammatorio orale, pomate locali anestetiche e lassativi meno irritanti allo scopo di rendere le feci più morbide.”
Se, invece, il dolore è insopportabile, è probabile che il medico proporrà un intervento chirurgico, realizzato solitamente d’urgenza, per incidere i gavoccioli interessati ed esportare il trombo, oppure per eliminare tutto il pacchetto emorroidario. “Nel primo caso – aggiunge il gastroenterologo – si procede in anestesia locale, mentre nel secondo, trattandosi praticamente di un’emorroidectomia, si preferisce la generale.”
L’intervento chirurgico può essere eseguito anche nel caso vi sia del sanguinamento cronico e quando le emorroidi sono completamente prolassate, ciò che può cambiare, a discrezione dello specialista, è la tipologia di operazione.
Infatti, come spiega il professor Dal Monte, in alcuni casi si può procedere con l’intervento classico, sebbene sia piuttosto traumatico; in altri si preferisce quello “di Longo” che consiste nell’uso di uno strumentario automatico di sezione e legatura dell’intero plesso emorroidario con la riduzione dell’eventuale fuoriuscita dal canale anorettale, oppure con la legatura dell’arteria emorroidaria. “In questi casi, gli interventi sono non soltanto meno traumatici, ma anche caratterizzati da una degenza molto ridotta.”
In generale, esistono anche altre operazioni che prevedono l’uso di tecniche di crioterapia o l’uso di raggi infrarossi, tuttavia, secondo Dal Monte, hanno dimostrato scarsa efficacia così come alcuni farmaci vasoprotettori, naturali o sintetici. “Le pomate antiemorroidarie, invece – conclude l’intervistato – danno un sollievo momentaneo, specie se contengono un anestetico locale, ma non risolvono il problema se esso si è ormai cronicizzato.”
Abbiamo visto, dunque, insieme al professor Dal Monte quanto sia importante agire prontamente contro le emorroidi per evitare degenerazioni o peggioramenti della propria condizione di salute. Ciò è vero, in ottica preventiva, per qualsiasi problematica che coinvolge l’organismo: per questo motivo, sono molte le persone che scelgono un piano assicurativo individuale proprio nell’ambito della salute, scegliendo quello più adatto alle proprie esigenze. UniSalute, per esempio, pensa alle famiglie, agli sportivi, a chi soffre di patologie cardiache studiando percorsi personalizzati e con lo scopo di assicurare un futuro in salute. Avete mai pensato ad una soluzione di questo tipo?
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