Deglutire è un atto fisiologico, che coinvolge diversi muscoli e che ci permette di mandare giù non solo il cibo, ma anche liquidi e saliva. Purtroppo, man mano che avanza l’età, i muscoli coinvolti tendono a perdere tono, forza e coordinazione, compromettendone le funzionalità e rendendo più difficile un atto così naturale e al tempo stesso fondamentale. Si parla infatti di disfagia quando si presenta una difficoltà nel passaggio degli alimenti e delle bevande dalla bocca allo stomaco, ed è più frequente negli anziani che possono anche a causa di questo problema non nutrirsi e idratarsi adeguatamente. I rischi per la salute sono tanti, e non solo fisici: tra le complicanze che la disfagia si porta dietro ci sono anche disagio, ansia e depressione e isolamento sociale.
È bene specificare però che si tratta di un sintomo e non di una malattia: in questo articolo cerchiamo di capire cos’è e cosa comporta la disfagia negli anziani, quali possono essere le cause e, soprattutto, come riconoscerla e supportare chi ne soffre durante il momento del pasto.
Cos’è la disfagia e quali sono le sue cause
Facciamo un passo indietro e concentriamoci sulla deglutizione. Si stima che deglutiamo dalle 1600 alle 2000 volte ogni 24 ore, e quest’azione viene svolta attraverso due sistemi ben distinti, quello respiratorio e il tratto digestivo superiore, composto da cavo orale, faringe ed esofago. I nervi e i muscoli di entrambi i sistemi lavorano in maniera sinergica e coordinata, ma con l’avanzare dell’età la loro funzionalità viene compromessa, aumentando il tempo necessario affinché il cibo passi dalla bocca alla gola per essere deglutito. Ingerire cibo o liquidi richiede quindi uno sforzo maggiore.
Questa difficoltà viene chiamata disfagia, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un sintomo – e non una patologia – che viene così definito: “la difficoltà o l’incapacità di spostare un bolo alimentare in modo sicuro ed efficace dalla bocca all’esofago”. Può essere di due tipi:
- orofaringea, con cui si intende la difficoltà a iniziare la deglutizione e a far passare il cibo dalla bocca all’esofago
- esofagea, ossia la difficoltà nel passaggio del cibo nell’esofago.
È una condizione clinica che può essere riscontrata a tutte le età, ma è più frequente nella popolazione anziana per i motivi sopracitati, ma non solo. Tra le cause rientrano diverse malattie neurologiche e muscolari più gravi che purtroppo tendono a essere più frequenti con l’invecchiamento, come:
- ictus
- demenza
- malattie neuromuscolari e neurodegenerative come Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla
- traumi alla testa o al midollo spinale
- alcuni tipi di tumore
- effetto collaterale di alcuni farmaci o della radioterapia nella zona testa-collo.
Sintomi e complicanze della disfagia negli anziani
Purtroppo, la disfagia è una condizione clinica in costante aumento, spesso banalizzata, e quindi sotto diagnosticata e sotto trattata. Eppure, pur non essendo una patologia, le sue complicanze per la salute sono notevoli: innanzitutto, una scorretta e faticosa deglutizione può favorire il passaggio di cibo o di bevande nelle vie aeree, determinando tosse, soffocamento e infezioni dell’apparato respiratorio, come pericolose infezioni polmonari, con gravi conseguenze per la salute di chi ne soffre. Non solo: l’anziano con disfagia può incorrere in malnutrizione e disidratazione, in quanto non riesce ad alimentarsi e a idratarsi in maniera sufficiente, oltre a influire negativamente sullo stato emotivo del soggetto.
Per questo, è fondamentale che chi assiste l’anziano ponga attenzione a una serie di campanelli d’allarme per riconoscere tempestivamente la disfagia e intervenire.
In primis, la disfagia si traduce in una serie di sintomi fisici, come:
- eccessiva salivazione
- tosse durante e dopo la deglutizione
- sensazione di soffocamento durante o dopo la deglutizione
- voce gorgogliante immediatamente dopo la deglutizione
- fuoriuscita del cibo dalla bocca
- fuoriuscita di cibo dal naso
- presenza di reflusso
- necessità di raschiarsi spesso la gola
- formazione di catarro in gola
- calo ponderale involontario
- leggero aumento della temperatura dopo i pasti.
Oltre ai sintomi fisici, come anticipato, la disfagia può avere una serie di manifestazioni comportamentali a cui è necessario prestare particolare attenzione:
- prolungamento dei tempi di assunzione del pasto o di una bevanda, a causa della fatica a deglutire
- cambio (improvviso o graduale) delle proprie abitudini alimentari ed evitamento di cibi o bevande specifici che prima non si evitavano
- inappetenza
- desiderio di isolamento durante i pasti
- stati di ansia o paura prima di un pasto, a causa della difficoltà di deglutizione e del timore che questi vadano costantemente di traverso.
Se si riscontrano questi sintomi, è possibile eseguire un test di autovalutazione EAT 10: se il punteggio è superiore a 3 bisogna richiedere al proprio medico una visita specialistica per approfondire la questione e valutare il trattamento più adeguato.
Come trattare la disfagia nell’anziano?
Come ribadito più volte, la disfagia spesso è il sintomo di altre condizioni cliniche o di patologie più serie, quindi la prima cosa da fare è individuare la causa scatenante. A seconda di questa, infatti, il trattamento sarà differente, includendo anche visite neurologiche.
Se la disfagia non è particolarmente grave o accentuata, si consiglia di intervenire prima di tutto sull’alimentazione, ad esempio riducendo la quantità dei singoli pasti e aumentandone la frequenza durante la giornata, tagliando il cibo in pezzettini più piccoli e prediligendo alimenti dalle consistenze più morbidi, cremose e facili da deglutire. Gli esperti consigliano di evitare:
- riso
- alimenti dalla consistenza disomogenea, come minestre con pezzi solidi di verdure, pastina in brodo, latte con cereali
- yogurt con pezzi di frutta
- alimenti che tendono a sbriciolarsi, come biscotti, fette biscottate, crackers
- cibi appiccicosi o gommosi, che si attaccano al palato (come gli gnocchi)
Per quanto riguarda i liquidi, questi dovrebbero essere addensati utilizzando polveri addensanti per ottenere vari livelli di densità e aiutare l’anziano a deglutirli correttamente.
Un altro aspetto fondamentale riguarda la postura, che deve favorire la deglutizione. È essenziale che questa sia comoda e sicura: la persona che soffre di disfagia dovrà stare seduta con il busto diritto e i piedi ben appoggiati a terra, appoggiando gli avambracci sui braccioli della sedia. Inoltre, dopo il pasto bisognerebbe mantenere il busto eretto per almeno 30-45 minuti.
Altri consigli riguardano il modo in cui si somministrano i pasti: bisognerebbe incentivare la persona a mangiare lentamente e a evitare il più possibile fonti di distrazioni, come la televisione accesa: l’anziano dovrà mantenere l’attenzione al piatto che ha davanti a sé e concentrarsi su ogni boccone. Chi si occupa della persona con disfagia, che sia un familiare o un caregiver, può chiedere di deglutire tra una somministrazione del boccone e la successiva, nei casi di ipersalivazione, e provare a invitarlo a tossire, una volta che si è deglutito, per controllare o liberare la gola da eventuali presenze di cibo. Infine, dopo ogni pasto è importante eseguire una completa igiene orale, per evitare che parti di cibo si fermino in bocca.
In alcuni casi può essere invece necessaria una terapia riabilitativa per allenare i muscoli deposti alla deglutizione, allo scopo di ripristinare tono e funzionalità. In questo caso, bisognerà rivolgersi a logopedisti ed esperti della rieducazione della deglutizione, che daranno all’anziano esercizi che serviranno a rinforzare la muscolatura linguale e/o orofaringea. Se invece si tratta di disfagia esofagea, è possibile intervenire con una dilatazione esofagea, anche per via endoscopica, oppure con un intervento chirurgico.
Come visto, dunque, il trattamento della disfagia richiede un approccio multidisciplinare, da parte di diversi esperti e professionisti sanitari, come medici, neurologi, logopedisti, e nutrizionisti per prevenire carenze nutrizionali. Il nostro consiglio è di rivolgersi subito al medico ai primi campanelli d’allarme per intervenire tempestivamente ed evitare di peggiorare i sintomi.
Fonti:
Immagine in evidenza di Eva-Katalin/gettyimages.it
Nessun commento