I farmaci equivalenti, o generici, sono medicinali che assicurano gli stessi effetti terapeutici degli “originali” e garantiscono analoghi standard di qualità e sicurezza, ma a un costo ridotto per il cittadino e per il sistema sanitario. Rappresentano, quindi, uno strumento importante per promuovere cure più eque e accessibili, ma anche per risparmiare risorse che possono essere destinate alla ricerca e allo sviluppo di nuovi farmaci. In questo articolo spiegheremo in dettaglio cosa sono i medicinali generici e cosa li distingue dai medicinali “di marca”. Approfondiremo, inoltre, quali sono i requisiti che questi preparati devono rispettare per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio, scopriremo perché possono essere venduti a prezzi inferiori e daremo qualche consiglio per orientarsi nella scelta.
Cosa sono i farmaci equivalenti
I farmaci equivalenti sono medicinali con lo stesso principio attivo e la stessa efficacia terapeutica dei corrispondenti farmaci di riferimento autorizzati e presenti sul mercato da molti anni. Si tratta, dunque, di perfetti sostituti dei farmaci “di marca” (detti originatori o innovatori), che possono essere messi in commercio alla scadenza del loro brevetto.
Inizialmente questi medicinali erano chiamati “farmaci generici”, traduzione letterale dell’espressione inglese generic medicinal drug contenuta nella Direttiva 2001/83/CE del Parlamento e del Consiglio, che per la prima volta ha disciplinato questa classe di farmaci a livello europeo. Questa denominazione, che poteva suggerire l’idea di un farmaco non sufficientemente specifico per una determinata necessità terapeutica o di qualità inferiore rispetto a quello “originale”, è stata sostituita dalla legge n. 149 del 26 luglio 2005 con “farmaco equivalente”, che sottolinea la completa equivalenza e la piena sostituibilità dei due preparati farmaceutici.
Farmaci equivalenti e farmaci “di marca”: che differenza c’è?
Il decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006, che ha recepito la Direttiva 2001/83/CE, definisce il farmaco equivalente come “un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”. Cosa significa?
Come spiega l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), per essere riconosciuto come equivalente un medicinale deve rispondere a specifici requisiti che lo rendono analogo al suo farmaco di riferimento, ovvero:
- avere lo stesso principio attivo (la sostanza responsabile dei suoi effetti terapeutici) nelle medesime quantità;
- avere la stessa forma farmaceutica e la stessa via di somministrazione (deve, cioè, presentarsi ed essere assunto nello stesso modo, per esempio come compressa, capsula o soluzione iniettabile);
- avere lo stesso dosaggio unitario;
- essere bioequivalente, cioè assicurare lo stesso effetto terapeutico.
Rispetto al corrispondente farmaco “di marca”, i medicinali equivalenti possono essere diversi solo per alcuni aspetti, cioè:
- la composizione degli eccipienti, ovvero di quelle sostanze, prive di proprietà terapeutiche, che vengono aggiunte per rendere somministrabile il principio attivo;
- le tecnologie, gli impianti utilizzati e le ditte produttrici, che tuttavia sono spesso collegati all’azienda che ha brevettato il farmaco originatore.
Si tratta di differenze che la legge autorizza, a condizione che non modifichino né compromettano l’equivalenza terapeutica del farmaco generico rispetto a quello “originale”.
I requisiti per la messa in commercio dei farmaci equivalenti
Come abbiamo detto, i farmaci equivalenti si chiamano così perché sono delle copie dei farmaci “di marca”: assicurano, quindi, la stessa efficacia, perché funzionano esattamente come i loro medicinali di riferimento, e sono ugualmente sicuri e di qualità, perché vengono prodotti da aziende farmaceutiche autorizzate secondo procedure standardizzate e sono soggetti agli stessi meccanismi di controllo prima della messa in commercio.
Come tutti i farmaci, infatti, per ottenere l’autorizzazione all’immissione sul mercato un farmaco equivalente deve rispettare le Norme di Buona Fabbricazione (NBF o GMP – Good Manufacturing Practices, ovvero una serie di linee guida definite a livello europeo che assicurano che ogni aspetto della sua produzione, dalla selezione delle materie prime alle attrezzature utilizzate fino al confezionamento, segua rigorosi standard di qualità. In Italia, per essere commercializzato, qualsiasi farmaco – equivalente e “di marca” – deve ottenere l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC), rilasciata dall’AIFA oppure, congiuntamente, dai vari paesi membri dell’Unione Europea (a seconda che il medicinale sia destinato solo al mercato italiano o anche a quello europeo) dopo che ne sono state accertate la qualità, la sicurezza e l’efficacia.
L’iter autorizzativo di un farmaco generico è quindi identico a quello del suo farmaco di riferimento. Con una sola differenza: dato che il medicinale equivalente contiene lo stesso principio attivo nelle stesse quantità, alle aziende che lo producono non è richiesto di condurre studi pre-clinici (cioè eseguiti in laboratorio e su modelli animali) e clinici (sull’uomo) per dimostrare, rispettivamente, la sicurezza e l’efficacia di quel medicinale. Queste verifiche, infatti, sono state effettuate dall’azienda titolare del prodotto “di marca”, i cui meccanismi di funzionamento ed effetti indesiderati sono, dunque, già stati testati e confermati da molti anni di uso clinico. Come sottolinea l’AIFA, l’articolo 10 del Decreto Legislativo n. 219 del 2006 dispone che l’azienda farmaceutica non sia tenuta a eseguire e presentare gli esiti di questi studi se può dimostrare che il medicinale è l’equivalente di un farmaco di riferimento autorizzato. L’azienda farmaceutica produttrice del farmaco equivalente ha quindi l’obbligo di fornire i risultati degli studi di bioequivalenza, che attestano che il nuovo medicinale ha la stessa efficacia terapeutica di quello originatore.
Perché i farmaci generici costano meno?
Un farmaco equivalente è identificato dalla dicitura “medicinale equivalente” stampata all’esterno della confezione e viene venduto a un prezzo di almeno il 20% inferiore rispetto a quello del corrispondente medicinale di riferimento. Il costo più basso si deve al fatto che la legge permette a ogni azienda – se in possesso di mezzi tecnologici e strutture idonei – di riprodurre, fabbricare e vendere un medicinale, una volta ottenuta l’autorizzazione dell’AIFA, purché il suo brevetto sia scaduto. Deve, cioè, essersi concluso il periodo di “data protection” previsto dalla normativa, ovvero quell’arco di tempo, che dura in genere 10 anni, in cui il titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio del medicinale di riferimento può far valere il diritto di proprietà intellettuale sui dati di sicurezza e di efficacia relativi a quel preparato: questa tutela serve per dargli la possibilità di rientrare nei costi sostenuti per effettuare gli studi necessari per la messa a punto del farmaco. L’azienda che produce un medicinale equivalente non ha bisogno di investire risorse nella ricerca sul principio attivo, che è già noto, e come abbiamo detto non è tenuta a condurre studi per dimostrarne l’efficacia e la sicurezza: può dunque praticare prezzi molto più competitivi in virtù di una procedura semplificata ed economicamente meno onerosa per produrre un farmaco equivalente e ottenere l’autorizzazione alla sua commercializzazione.
Farmaci equivalenti o medicinali “di marca”: come scegliere?
Come abbiamo visto, i farmaci equivalenti, grazie a precise disposizioni normative che ne disciplinano i metodi di produzione, i controlli e l’immissione in commercio, garantiscono efficacia terapeutica, qualità e sicurezza identiche ai rispettivi medicinali di riferimento, a costi inferiori. Rappresentano, quindi, un’importante risorsa sia per il cittadino che per il Servizio Sanitario Nazionale. Come sottolinea l’AIFA, infatti, assicurano alla popolazione un consistente risparmio sull’acquisto dei farmaci, sia non rimborsati dal SSN che a carico del SSN, per i quali il ticket è ridotto o azzerato. In quest’ottica, possono dare un contributo cruciale per abbattere le disuguaglianze nell’assistenza sanitaria e garantire un accesso più equo alle cure. Allo stesso tempo, per il Servizio Sanitario Nazionale sono uno strumento utile per migliorare la sostenibilità economica della spesa farmaceutica e liberare, così, risorse che possono essere impiegate per aumentare l’offerta di farmaci gratuiti alla cittadinanza e per finanziare ricerche su nuovi medicinali.
Sostituire un farmaco “di marca” con uno equivalente è quindi una scelta sicura ed efficace, oltre che economicamente conveniente. Per questo motivo, in Italia la legge prevede che, nel prescrivere un farmaco, il medico sia tenuto a informare il paziente dell’eventuale disponibilità in commercio di medicinali con lo stesso principio attivo, senza fare distinzione tra preparati “di marca” e generici. La comunicazione medico-paziente è dunque fondamentale per sensibilizzare le persone e renderle sempre più consapevoli delle opportunità offerte dai medicinali equivalenti.
Se il curante prescrive un farmaco “griffato” che valuta non possa essere sostituito con uno equivalente, dovrà indicare sulla ricetta la non sostituibilità. Questa misura può essere adottata, per esempio, quando il farmaco generico non è somministrabile al paziente a causa degli eccipienti che contiene. Queste sostanze, infatti, pur non influendo sull’efficacia del medicinale, in determinate situazioni rendono necessarie alcune cautele: può essere il caso, come ricorda l’AIFA, di un farmaco equivalente in cui siano presenti il saccarosio, da somministrare con attenzione alle persone diabetiche, o il lattosio, controindicato ai soggetti intolleranti. L’impiego di eccipienti diversi potrebbe, inoltre, modificare il gusto di un medicinale equivalente rispetto a quello “di marca”, rendendo meno graditi questi farmaci per i bambini: in questi casi, può essere utile parlarne con il pediatra e farsi suggerire un preparato generico di sapore simile a quello preferito dal proprio figlio, se disponibile..
Affidarsi alle raccomandazioni del medico, che conosce il quadro clinico del paziente, e ai consigli del farmacista per i medicinali equivalenti senza obbligo di prescrizione, permette dunque di beneficiare dei loro vantaggi senza alcun rischio per la propria salute e la propria sicurezza. Per sapere quali sono le corrispondenze tra farmaci “di marca” e farmaci equivalenti è inoltre possibile consultare le Liste di Trasparenza, ovvero l’elenco dei medicinali equivalenti disponibili nel circuito distributivo del territorio italiano che l’AIFA pubblica mensilmente sul suo sito. L’obiettivo è quello di far conoscere i farmaci generici a base di ogni principio attivo in commercio e di informare i cittadini sul prezzo di riferimento stabilito per ogni medicinale, che corrisponde alla quota massima rimborsata dal SSN: nel caso in cui il medico prescriva un medicinale “di marca”, infatti, il Servizio Sanitario Nazionale copre la spesa fino a quell’importo, mentre la restante quota è a carico del paziente.
FONTI:
https://www.aifa.gov.it/
https://www.salute.gov.it
https://www.iss.it
https://www.marionegri.it
Immagine in evidenza di: MixMedia/gettyimages.it
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